thirty-four

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Vybes's POV

L'ultima puntata prima della pausa nataliza si apre con la mia sfida.
È stata una settimana difficile per via di quest'ultima, anche se riconosco che è stato un provvedimento più che adeguato vista la mia pigrizia nello svolgere i lavori domestici.

Ho provato per tutto il tempo disponibile durante questi sette giorni, ho scritto le barre e mi sono fatto aiutare dai miei compagni, che mi sono stati accanto.
Era come se ci fosse un vuoto perenne accanto a me, però. Come un eco che continua a ripetersi e a non comparire.

Non appena entrano la giudice e lo sfidante, vengo mandato al centro dello studio.
Un brivido di adrenalina mi percorre tutta la schiena mentre le prime note di "Le ragazze" di Luca Carboni si diffondono per tutta la sala.

Sin dai primi secondi vedo il pubblico ascoltarmi e battere i piedi a ritmo.
Mi giro verso le gradinate. A cogliere la mia attenzione sono, come sempre, due fari celesti puntati su di me.
Ester muove la testa a ritmo, mentre un sorriso impercettibile le dipinge il volto.

Mi manca terribilmente.
Nonostante ci separino poche stanze, non ho mai sentito qualcuno più distante.
Eppure ho da un po' di tempo la sensazione che la nostra storia non abbia un punto definitivo ancora.
Come se ci fosse anche una scintilla di speranza.

Le ho scritto una lettera. Una lettera incasinata e imperfettamente perfetta, proprio come noi due.
Una lettera in cui faccio il sottone, le chiedo scusa e le dico che mi manca.
Cristo, a ripensare a queste parole mi sento solo un coglione. Uno di quei ragazzi fatti con lo stampino, tutti "parole e niente fatti".

Non appena finisco di cantare neanche mi accorgo del forte applauso del pubblico, tanto sono forti i pensieri nella mia testa.
Devo mettera un punto a questa situazione insostenibile.

Insostenibile perché mi manca ogni cosa di Ester.
Insostenibile perché mi manca ciò che eravamo.
E insostenibile perché so che neanche per lei è finita.

Dopo l'esibizione del mio sfidante, un certo Dreew Beibe, aspetto con trepidazione il parere del giudice Carla Armogida.
«Vybes, hai scritto delle belle barre, hai rapito e tenuta alta l'attenzione di tutto lo studio dall'inizio alla fine. Hai un buona musicalità e una bella armonia, per questo secondo me devi restare tu nella scuola»

Mi accorgo di aver trattenuto il fiato solo quando rilascio un profondo sospiro.
Maria mi invita a riprendere la mia felpa e torno al posto sorridente e con il cuore più leggero.
Lancio una rapida occhiata alla mia sinistra e vedo Ester guardarmi con la coda dell'occhio, prima di distogliere lo sguardo mentre Maria presenta i giudici delle gare.

La puntata va avanti con le esibizioni di tutti e le varie sfide chs, fortunatamente, vengono vinte dai miei compagni.

Ester's POV

Teodora è uscita. È l'unica dei ragazzi che avevano la felpa della sfida a non avercela fatta.
Un pezzettino del mio cuore se ne va con lei mentre esce dallo studio.

Dopo aver vinto la sua sfida, rimandata ormai di due settimane, Emanuel Lo ha deciso di mandarla in sfida immediata perché ritenuta "la più scarsa".

Quando Marcello Sacchetta, il giudice, ha preferito la sfidante alla mia biondina, il mio cuore ha fatto crack.
Le lacrime hanno iniziato a scendere copiosamente sul volto, mentre tutti i professori facevano i complimenti a Teodora.

Tutti eravamo nella stessa condizione: volti arrossati, occhi idem e mani tremanti.

«Teodora, amorcito, ¿cómo es esto posible? Bailaste bien, siempre trabajaste duro. Por que...» mormoro a raffica non appena entro in sala relax, continuando a singhiozzare.
La bionda ci aspetta in mezzo alla stanza per gli ultimi saluti.

Le mani di Teodora si poggiano ai lati del mio viso.
«Ester, no llores por mí, ¿entiendes? Está bien, no dejaré de bailar»
«Non smettere mai di ballare, Teo. Por favor» sussurro, stringendo finalmente la biondina in un abbraccio.
«Vinci» bisbiglia di rimando.

Trattengo il fiato, colpita.

In pochi secondi si aggiunge anche Chiara, anche lei nelle mie stesse condizioni.
«Las Superchicche no están separadas por la distancia» cerca di consolarci Teodora, anche se dovrebbe essere il contrario.

Mano a mano, uno ad uno, si aggiungono tutti gli altri ragazzi all'abbraccio.

«Los amos chicos, spaccate como voi sapete hacer. Vi guarderò da fuori» afferma alla fine la bionda, ormai con la mano sulla maniglia della porta.
Poi punto un dito verso di me. «Y arreglas los líos que creaste» mi rimprovera a bassa voce e interamente in spagnolo, così che gli altri capiscano poco.
E tu risolvi i casini che hai creato.

Annuisco flebilmente. «Te quiero Teo, ci vediamo presto».
«Seguramente, abbiamo un pigiama party in sospeso»
Poi, Teodora lascia ufficialmente la scuola.

Un senso di vuoto aleggia tra noi per tutto il resto della giornata, dalla preparazione delle valigie in vista del nostro ritorno a casa, alla cena e fino all'ora di andare a letto.

Senza Teodora, anche la camera verde è stranamente silenziosa. Antonia e Francesca lasciano la stanza a me e Chiara, che non riusciamo a smettere di piangere.
Ad un certo punto della serata è anche entrato Trigno, che ha cercato di tirarci su il morale nonostanche nemmeno il suo fosse all'apice della gioia.
Ne ha anche approfittato per scusarsi delle parole che mi ha rivolto appena qualche giorno fa.

«Qualcuno ti aspetta nel giardino dietro» ha detto poi.

Mi trovo ora, quindi, seduta al freddo di dicembre in giardino in attesa che Gabriel Monaco mi rivolga la parola.
Mi stringo la coperta viola sulle spalle, aspirando il fumo di una sigaretta rubata al ragazzo.

«Jacopo è simpatico?» sento una nota tagliente nella voce di Vybes, nonostante sul suo volto aleggi l'espressione più rilassara di sempre.
«Mucho, parliamo di tutto e fa morir de risa» sto bluffando, naturalmente.
Non che Jacopo sia antipatico, ma non siamo ancora a qual livello di amicizia in cui riusciamo a parlare di tutto o a ridere continuamente.
«So' contento, allora»

«Gabriel, devi chiedermi qualcosa?»
«No, era solo una scusa per stare qui» afferma con naturalezza.
«Gabriel» lo ammonisco.
«Cosa?»
«Tenemos un sacco di cose in sospeso» borbotto mentre un sorriso involontario fa capolino tra le mie labbra per via delle sue parole.

«Ti ho scritto una carta» aggiungo.

Il volto di Vybes sembra accendersi di uno stupore inaspettato.
«Posso leggerla?»
Mi mordo il labbro inferiore, scuotendo la testa. «No»
«Ma come no? Non puoi dirmi che hai una lettera per me e poi non farmela leggere» protesta, nonostante il suo tono tradisca la sua ironia.

Continuo a scuotere la testa.
«Facciamo che o mi dai la lettera o mi dici a voce quello che hai scritto» afferma. Un scintilla negli occhi azzurri di Gabriel mi rapisce per un attimo.
Inarco un sopracciglio. «Altrimenti?»
«Altrimenti... niente, sono solo curioso» si arrende.

Un sorriso vittorioso splende sul mio viso.
«Okay, respuesta correcta, la puoi leggere ma a una condizione: lo potrai fare solo a Natale.» gli porgo la mano.
«Affare fatto»

𝓤nwritten [𝘝𝘺𝘣𝘦𝘴]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora