Frammenti

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Joseph POV

Partire non mi sembrava la scelta giusta. Sarah era stata strana negli ultimi giorni: più stanca, più fragile. Non stava bene, lo sapevo, anche se continuava a ripetermi che non era niente di grave. "Un po' di nausea, Jo. Sono solo stressata per Sanremo, davvero," mi aveva detto quella mattina, il suo sorriso stanco mentre cercava di convincermi. Ma io non ero convinto. Lasciarla sola, sapendo che non era al cento per cento, mi faceva sentire inquieto.

"Se non ti senti bene, resto. Gli eventi possono aspettare," le avevo detto, sperando che mi dicesse di rimanere.

Invece, aveva scosso la testa con quella determinazione che amavo e odiavo al tempo stesso.

"Sto già meglio, vai tranquillo. Non voglio che salti tutto per me."

Le avevo creduto, o forse avevo solo voluto crederle. Ma mentre facevo la valigia, sentivo quella sensazione di irrequietezza crescere dentro di me. Non riuscivo a scrollarmi di dosso il pensiero che ci fosse qualcosa che Sarah non mi stava dicendo. Prima di andare, la presi tra le braccia e la tenni stretta per qualche istante in più del necessario.

"Se hai bisogno di me, torno subito. Basta una chiamata."

Lei annuì, stringendomi forte, e io sperai che non mi servisse davvero quella chiamata.

Sarah POV

Non so da quanto tempo fossi rimasta sul divano a fissare il vuoto, ma la sensazione di spaesamento continuava a invadermi. Gli ultimi giorni erano stati un caos di emozioni, e non avevo neanche capito che giorno fosse oggi. Mi sentivo stanca, confusa, con un senso di nausea che non mi lasciava tregua. Mi risvegliai dal torpore solo quando il telefono vibrò sul tavolino. Era un messaggio di Giulia, che mi ricordava il nostro appuntamento di stamattina per definire gli ultimi eventi. In un primo momento, pensai che potessi farcela, ma poi un lampo mi attraversò la mente: le analisi del sangue. Avrei dovuto essere in ospedale già da mezz'ora. Avevo programmato quelle analisi settimane fa, quando la mia vita sembrava ancora avere un ordine, un senso.

"Giulia, scusami, mi sono appena ricordata che stamattina ho un altro impegno. Mi devi venire a prendere più tardi, direttamente in ospedale" le scrissi in fretta.

Speravo che non facesse troppe domande. Giulia era mia sorella, la mia manager, ma soprattutto era la persona che sapeva leggermi meglio di chiunque altro. Non ero pronta a parlarne, non ancora.

Mi trascinai fino al bagno, cercando di rendermi presentabile. Guardandomi allo specchio, notai le occhiaie più marcate del solito e il pallore del viso. Era come se il mio corpo stesse cercando di dirmi qualcosa, ma io non riuscivo a decifrarlo. Ero esausta, ma non sapevo se fosse per lo stress, la stanchezza o qualcos'altro. Avevo paura di quello che avrei scoperto.

Arrivai in ospedale con il cuore in gola. Compilai i moduli, mi sedetti nella sala d'attesa e cercai di non farmi sopraffare dall'ansia. Ogni minuto sembrava durare un'eternità. Cercai di distrarmi scrollando il telefono, ma non ci riuscii. Il pensiero che presto avrei avuto una risposta mi schiacciava. Quando l'infermiera mi chiamò, sentì un groppo salirmi in gola. Non so perché ero così agitata. Era una cosa di routine, no? "Giusto un controllo," mi ero detta. Ma mentre la donna riempiva una provetta con il mio sangue, un pensiero si era insinuato nella mia mente.

E se stesse venendo fuori qualcosa che non potevo più controllare?

Mi dissero che i risultati definitivi sarebbero arrivati solo il giorno dopo. Provai un misto di sollievo e frustrazione: un altro giorno di attesa, ma anche un altro giorno per prepararmi psicologicamente. Non sapevo se fosse un bene o un male. Cercavo di respirare a fondo, ma l'ansia mi attanagliava lo stomaco. Uscendo dall'ospedale, vidi la macchina di Giulia avvicinarsi. Quando si fermò davanti a me, abbassò il finestrino e mi guardò con uno sguardo curioso.

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