Avrei voluto dirti

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Sarah POV

Aprii la porta di casa con la testa piena, il cuore pesante e un bisogno disperato di normalità. Avevo bisogno di vedere Jo, di sentire la sua voce, di perdermi nel suo abbraccio. Ma non appena entrai, un senso di vuoto mi colpì come un pugno allo stomaco.

La casa era silenziosa, troppo silenziosa. Appoggiata sulla tavola della cucina, vidi un mazzo di fiori e un foglio piegato accanto. Feci un passo verso di essi, cercando di non saltare alle conclusioni. Le mie mani tremavano leggermente mentre prendevo il biglietto.

"Ti avevo preso questi, ma forse preferisci che te li dia qualcuno dai capelli rossi."

Lessi quelle parole una, due, tre volte. Ogni lettura era un colpo al cuore, una pugnalata precisa che scavava più a fondo. Sentii l'aria mancare, il respiro diventare irregolare.

"No, no, non può aver pensato davvero questo..."

La mia mente cominciò a correre, a rimescolare tutto quello che era successo quel giorno.

Lo spartito dimenticato, Francesco, le sue parole, quell'abbraccio che non avrei mai voluto accettare. E poi Joseph, che forse aveva visto, che forse aveva capito male, che forse...non voleva ascoltarmi.

Il telefono era lì, accanto ai fiori, e lo afferrai come se fosse l'unica cosa che potesse salvarmi. Digitai il suo numero con dita tremanti e portai il telefono all'orecchio. Uno squillo. Due. Tre. La sua voce nella segreteria mi spezzò.

"Jo, per favore, rispondimi," dissi, cercando di mantenere un tono calmo.

"Possiamo parlare? Ti prego..."

Chiusi la chiamata, respirando a fatica. Provai a scrivergli. Gli mandai un messaggio, poi un altro. Ogni volta, la piccola scritta "inviato" mi sembrava un macigno. Lo richiamai, ma di nuovo nessuna risposta.

Il respiro si fece corto, il petto pesante come se qualcosa mi stesse schiacciando. Mi appoggiai al bordo del tavolo, cercando di prendere aria, ma non ci riuscivo. Le lacrime iniziarono a sgorgare senza controllo, la vista si appannò. Mi sentivo intrappolata in una spirale che non potevo fermare.

Le mani si aggrapparono ai bordi del tavolo, ma le ginocchia cedettero. Mi accasciai sul pavimento, le spalle che tremavano sotto il peso dei singhiozzi. Portai le mani alla testa, premendo contro le tempie, cercando di calmarmi, di riprendere il controllo. Ma il panico non lasciava spazio.

"Perché? Perché è sempre così difficile?" sussurrai tra le lacrime. Ogni respiro era un'impresa, il petto si alzava e si abbassava troppo velocemente, e la mia mente era un vortice di pensieri.

La paura che fosse la fine, che Joseph avesse deciso che non ne valesse più la pena, si insinuò come una lama gelida. E se avesse davvero pensato che preferissi un'altra persona? Se non fossi mai stata abbastanza per lui?

Mi rannicchiai nell'angolo della cucina, le ginocchia strette al petto, cercando disperatamente di trovare un minimo di conforto.

"È davvero lui la persona giusta per me?" Mi odiavo per averlo anche solo pensato, ma in quel momento tutto sembrava incerto.

Ero sola, persa, e tutto quello che desideravo era il suo abbraccio, la sua voce che mi diceva che andava tutto bene. Ma la realtà era un silenzio assordante, e il rumore dei miei singhiozzi era l'unica cosa che riempiva quella stanza vuota.

Joseph POV

La porta si aprì con un colpo secco, e mi appoggiai allo stipite per non perdere l'equilibrio. L'alcol mi scorreva nelle vene, attutendo tutto: i pensieri, il dolore, la lucidità. Ma non abbastanza da farmi dimenticare. Mai abbastanza per quello.

AmiantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora