Sanremo

207 9 5
                                    

Sarah POV

Ero appena rientrata in camera dopo lo shooting nel campo da tennis, ancora avvolta dall'adrenalina di quei momenti. Il vestito che indossavo era lo stesso con cui sarei salita sul palco: corto, strutturato, con linee geometriche in bianco, nero e azzurro che si intrecciavano sul tessuto leggero. La gonna plissettata sfiorava le mie cosce a ogni passo, mentre il lungo nastro coordinato che mi avvolgeva il polso fluttuava nell'aria, come un'estensione dei miei movimenti.

Avevo bisogno di un attimo per respirare, per ritoccare il trucco, per ricaricare le energie prima dell'esibizione. Erano circa le 23 e mancava un'ora alla mia performance. Un'ora. Un tempo interminabile e brevissimo allo stesso tempo.

Mi avvicinai allo specchio e passai un velo di gloss sulle labbra, cercando di mantenere la calma. Sapevo che ce l'avrei fatta, che ero pronta, ma una parte di me non riusciva a smettere di tremare.

Poi, un bussare improvviso alla porta mi fece trasalire.

Esitai un secondo, sorpresa. Non aspettavo nessuno.

Inspirai profondamente e andai ad aprire.

E lì, davanti a me, c'era Joseph.

Rimasi immobile per un istante, con le dita ancora sulla maniglia, incapace di dire una parola. I nostri occhi si incrociarono, e in quell'attimo mi sembrò che tutto il rumore intorno a me sparisse.

Lui era lì. Davvero lì.

Indossava un look semplice, come sempre, ma aveva quell'aria tesa che conoscevo fin troppo bene. Sembrava voler dire qualcosa, ma non sapeva da dove iniziare.

"Posso entrare?" chiese, la voce più bassa del solito.

Deglutii, cercando di non far trasparire l'ondata di emozioni che mi aveva travolta. Poi, senza dire nulla, feci un passo indietro e lasciai che entrasse.

La porta si chiuse alle nostre spalle, e improvvisamente la stanza divenne troppo piccola.

Joseph POV

La porta si aprì e il mio cuore perse un battito.

Sarah era lì, davanti a me, con quell'abito che abbracciava il suo corpo alla perfezione. La gonna corta, il taglio geometrico, quelle linee che sembravano scolpirla. Era una visione. Un'immagine che si sarebbe impressa nella mia mente per sempre.

Per un attimo, mi mancò il fiato. Non solo per quanto fosse bella, ma per quello che lessi nei suoi occhi.

Stanchezza. Pressione. E sotto tutto questo, rabbia. Quella che si portava dietro da giorni.

Lei serrò le labbra, il viso serio. Non sorrise. Non mi invitò a entrare.

"Cosa ci fai qui?"

La sua voce era piatta, controllata. Troppo controllata.

Sapevo che dentro di sé stava cercando di non crollare. Conoscevo fin troppo bene quel tono, il modo in cui cercava di proteggersi.

Mi appoggiai allo stipite della porta e la guardai dritto negli occhi.

"Volevo esserci per te"

Sarah sbuffò piano, distolse lo sguardo, si passò una mano tra i capelli raccolti in quella treccia alta che le lasciava scoperto il collo. Lo conoscevo quel gesto. Era nervosa.

"Non sembrava, visto come sono andate le ultime cose"

Il suo tono si fece tagliente.

Inspirai a fondo. Non ero lì per litigare. Ma se pensava che me ne sarei andato solo perché me lo chiedeva, si sbagliava di grosso.

AmiantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora