Healing through us

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Sarah POV

Quando riaprii gli occhi, tutto era confuso. Le luci bianche del soffitto mi ferivano, tagliando il buio che ancora mi avvolgeva. Respiravo a fatica, il petto che si alzava e si abbassava come se stessi cercando di afferrare qualcosa di sfuggente. Un peso opprimente mi schiacciava il cuore.

Il mio primo pensiero fu il bambino. Dio, il bambino...

Era un sogno oppure era successo davvero?

"Il bambino... "

La mia voce era un sussurro rotto, quasi un rantolo, e mi ritrovai a guardarmi intorno freneticamente, cercando risposte, qualcuno, qualcosa che mi dicesse che non era successo davvero.

"Sssh tesoro."

La voce di Giulia, così familiare, così calda, mi arrivò come una carezza. Mi voltai e la vidi accanto a me, i suoi occhi pieni di preoccupazione ma anche di una dolcezza che non riuscivo a decifrare.

"Respira piano, va tutto bene. È tutto finito."

La fissai, incredula.

"Finito?" domandai, la voce ancora incrinata dal panico.

"Cosa vuol dire? Il bambino... è ancora..."

Giulia prese la mia mano, stringendola tra le sue.

"Sarah, è tutto a posto. Il bambino sta bene. Tu stai bene. Non è successo nulla."

Non riuscivo a smettere di tremare. Il ricordo dell'incubo era così vivido, così reale, che quasi non potevo crederle. Le lacrime iniziarono a scivolarmi lungo le guance, lente e silenziose, come se il mio corpo stesse cercando di espellere la paura che mi aveva paralizzato fino a quel momento.

"Giulia..." sussurrai, la voce spezzata dall'emozione.

"Io... ho visto... c'era sangue. Ho sentito dolore. Ho pensato che..."

"Lo so," mi interruppe lei, portando una mano a sfiorarmi il viso, un gesto pieno di tenerezza.

"Devi stare a riposo, troppo stress fa male al bambino e la prossima volta rischiate di non farcela...Ma ora sei sveglia, e sei qui. Con me. Con noi. E tutto va bene."

La sua voce era una ancora, qualcosa a cui aggrapparmi mentre cercavo di lasciarmi alle spalle il terrore. Chiusi gli occhi per un momento, lasciando che le sue parole mi riempissero, come un balsamo su una ferita aperta.

Inspiro. Espiro. La stretta della sua mano era costante, una presenza rassicurante in mezzo al caos dei miei pensieri. Quando riaprii gli occhi, incontrai il suo sguardo e finalmente trovai un po' di pace.

"Comunque sai sei davvero capace di attirare l'attenzione quando vuoi!" disse con un tono che cercava di essere leggero per alleviare un po' l'atmosfera.

Provai a sorridere, ma la debolezza mi impediva di farlo completamente.

"Perchè sei qui?" La mia voce era roca, quasi incredula.

"Dove altro potrei essere?" rispose, scherzando.

Poi si chinò verso di me e, con un sorriso appena più serio, aggiunse:

"Sai, Sarah, mi hai davvero spaventata. Mi hai costretto a tornare di corsa, quindi, se volevi farmi sentire in colpa, ci sei riuscita alla grande."

Non potei fare a meno di ridere piano, anche se quella piccola risata mi costò un lieve dolore al petto.

"Non ci credo che sei venuta solo per me."

Giulia sospirò e si lasciò cadere indietro sulla sedia.

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