La pioggia scivola lungo il mio viso, gelida e insistente. Cammino sul lungofiume di Londra, il cappuccio tirato su, ma non importa quanto mi copra: l'umidità sembra insinuarsi ovunque, proprio come i pensieri che mi tormentano. George Russell. Il suo nome è un eco che non riesco a far tacere, un richiamo che continua a trascinarmi indietro, anche quando so che non dovrei.
Lo vedo ovunque, nei riflessi delle vetrine, nei volti sconosciuti che incrocio per strada. La verità è che non riesco a smettere di pensarlo, e ogni passo che faccio sembra un tradimento verso la promessa che ho fatto a me stessa: dimenticarlo. Ma come si può dimenticare qualcuno che ti ha fatto sentire viva come mai prima?
Il nostro primo incontro è ancora vivido nella mia mente. Monaco, il paddock pieno di frenesia, voci che si sovrappongono, motori che ruggiscono in lontananza. Sono lì da pochi giorni, una nuova giornalista in un mondo che sembra fatto di acciaio e adrenalina, quando lui si avvicina con quel sorriso disarmante.
«Sei nuova, vero?» mi dice, il tono gentile ma curioso.
Mi blocco. È George Russell, il pilota che fino a quel momento avevo visto solo in televisione o sulle copertine delle riviste. Bellissimo, sicuro di sé, quasi irraggiungibile. Cerco di rispondere con professionalità, ma la mia voce tradisce un tremito. Lui se ne accorge, sorride appena, e poi se ne va, lasciandomi con la sensazione di aver perso qualcosa che non sapevo nemmeno di volere.
Eppure, quello che inizia come semplici scambi di cortesia diventa qualcos'altro. George trova sempre un modo per fermarsi a parlarmi, per chiedermi come sto o per offrirmi un caffè durante una pausa. All'inizio penso che sia solo gentilezza, ma c'è qualcosa nei suoi occhi che mi fa dubitare. È come se mi guardasse davvero, oltre la facciata, oltre il mio ruolo di giornalista.
La prima volta che ci siamo aperti davvero l'uno con l'altra è stata a Budapest. Ricordo quella sera come se fosse ieri: ero sulla terrazza dell'hotel, cercando di allontanarmi dal caos della giornata, quando lui mi ha trovata. Non so perché si sia fermato, né perché abbia scelto proprio me per confidarsi, ma quando ha parlato, qualcosa in me è cambiato.
«A volte vorrei sparire per un po'» mi ha detto, fissando il panorama illuminato. «Non so più chi sono, Asia. Non so se questa vita è quella che voglio davvero, o solo quella che gli altri si aspettano da me.»
La sua voce aveva una nota di vulnerabilità che non avevo mai sentito prima. In quel momento non era George Russell, il pilota perfetto, il professionista impeccabile. Era solo un uomo, e io non potevo fare a meno di avvicinarmi.
Abbiamo parlato per ore, condividendo pensieri e paure che nessuno dei due aveva mai osato esprimere ad alta voce. Quella notte qualcosa si è spezzato dentro di me. O forse si è acceso. Non lo so, so solo che da allora tutto è cambiato.
E poi c'è stato Silverstone. La giornata era stata intensa, carica di tensione, ma il vero terremoto è arrivato dopo la gara. George mi ha trovata nei corridoi del paddock, gli occhi più scuri del solito, il viso serio.
«Dobbiamo parlare» ha detto, e io ho capito subito che sarebbe stato un momento che non avrei dimenticato.
Mi ha portata in una stanza appartata, lontana da sguardi indiscreti. «Non posso più fingere» ha iniziato, le mani che si stringevano in pugni nervosi. «Non posso più far finta che tra noi non stia succedendo qualcosa.»
Il mio cuore ha iniziato a battere più forte. Era tutto ciò che avevo desiderato sentire, eppure sapevo quanto fosse pericoloso. Ho cercato di rispondere, ma lui ha continuato, la sua voce piena di una passione che non avevo mai visto prima.
«Asia, non so cosa fare. Ti voglio nella mia vita, ma non posso ignorare il caos che questo potrebbe portare. Io... io non voglio ferirti.»
Quelle parole mi hanno spezzata. Perché avevo paura di questo, sapevo che la nostra storia non aveva un futuro, eppure non riuscivo a staccarmi da lui. «E pensi che lasciarmi andare sia la soluzione?» gli ho chiesto, la voce spezzata.
Lui mi ha guardata, il dolore chiaro nei suoi occhi. «Non lo so. Ma non posso permettere che il mondo ti faccia a pezzi per colpa mia.»
Quella notte è stata l'ultima volta che abbiamo parlato davvero. Dopo, George ha messo una distanza insormontabile tra di noi. Non mi cerca più, e io non cerco lui, anche se ogni cellula del mio corpo vorrebbe farlo.
Lo vedo ancora, ovviamente. In pista, sul podio, sotto i riflettori. È sempre perfetto, sempre impeccabile, e io mi chiedo come faccia a fingere così bene. Io, invece, sto lottando. Ogni intervista, ogni articolo che scrivo, mi sembra un promemoria del vuoto che ha lasciato.
Eppure, nonostante tutto, non riesco a pentirmi. Anche se mi ha spezzato il cuore, anche se la nostra storia non è mai iniziata davvero, George mi ha fatto sentire viva in un modo che non avevo mai conosciuto prima.
Continuo a camminare sotto la pioggia, il Tamigi che scorre lento accanto a me. Mi dico che andrà meglio, che prima o poi smetterà di fare così male. Ma per ora, l'unica cosa che posso fare è ricordare. Ricordare ogni sorriso, ogni sguardo, ogni momento che abbiamo condiviso, anche se so che appartengono a un passato che non tornerà mai.
Spazio autrice
Sotto richiesta di wejustprayformax.
Mi fa sempre molto piacere ricevere tue richieste e spero di averti resa felice ancora una volta.
Non avevo mai scritto qualcosa su George e mi ha fatto molto piacere iniziare.
🫶🏻
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𝖥𝖮𝖱𝖬𝖴𝖫𝖠 𝖴𝖭𝖮 • 𝗜𝗠𝗠𝗔𝗚𝗜𝗡𝗔
Short Story[LE RICHIESTE SONO MOMENTANEAMENTE SOSPESE] Questa raccolta nasce per puro divertimento. Con quello che scrivo non voglio mancare di rispetto ai piloti o a chi lavora in questo sport.
