𝖨𝗇𝖼𝗂𝖽𝖾𝗇𝗍𝖾 - 𝗉𝗍.2

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Quando apro gli occhi non riesco subito a mettere a fuoco ciò che mi circonda, è tutto così bianco e sbiadito da farmi strizzare gli occhi più volte

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Quando apro gli occhi non riesco subito a mettere a fuoco ciò che mi circonda, è tutto così bianco e sbiadito da farmi strizzare gli occhi più volte.
Solo dopo un po' di tempo capisco di non essere nella mia stanza e mi allarmo quando guardo il mio braccio: alcuni tubi sono collegati ad essi.

«Finalmente!» Charles entra dalla stanza e un sospiro di sollievo esce dalle mie labbra.
«Dove sono?» gli domando immediatamente. La mia voce è strana, non è la stessa di sembre.
Leggo l'espressione che ha sul volto, è presente sia gioia, che deduco sia dovuta dal fatto di vedermi, sia un velo di tristezza. Anche se quest'ultimo non capisco a cosa possa essere dovuto.

Sono viva, quindi perché è triste?

«Sei in ospedale» perché mai dovrei essere in un ospedale?.
«La gara» vengo colpita da una forte fitta alla testa e strizzo gli occhi sperando che il dolore si allevi.
Una serie di immagini, sconnesse tra loro, appaiono nella mia mente ma non riesco a vederle nitidamente. Non capisco cosa sta succedendo.

«Non sforzarti, sei ancora debole» si siede sulla sedia posta di fianco al lettino ospedaliero. «Hai bisogno di riposo assoluto. È un miracolo che tu abbia aperto gli occhi, per un attimo ho creduto di avert perso anche te» stringe la mia mano tra la sua e mi sorride. I suoi occhi sono lucidi e io sono sempre più confusa.

Charles è sempre stato il più gentile tra noi due, ma qualcosa mi puzza e dubito che tutto ciò sia dovuto solo dal fatto che mi sono sveglia.

C'è qualcosa che non so.

«Da quanto tempo sono qui?» mi schiarisco la voce sentendo la gola secca. Il monegasco lo nota e prende il bicchiere d'acqua sul comodino per poi portarlo alla mia bocca.
Sto per ribattere, ma quando vedo il suo sguardo capisco che sarebbe inutile farlo. Vuole aiutarmi a tutti i costi senza farmi sforzare.

«Oggi è un mese esatto» non pensavo di essere stata addormentata per tutto questo tempo. Quando provo a spostarmi sul lettino, per trovare una posizione più comoda rispetto a quella attuale, noto come i miei movimenti siano impossibilitati.

Immediatamente punto i miei occhi sulle mie gambe notando come quella destra abbia un gesso intorno ad essa. Spalanco gli occhi alla vista di ciò e, osservando di nuovo Charles, capisco a cosa è dovuto quello strato di tristezza sul suo volto.

Prima di arrivare a conclusioni che potrebbero essere affrettate, faccio un respiro profondo e chiedo spiegazioni direttamente a lui.

«Quanto è grave?» la mia voce trema. Ho paura di sentire la sua risposta.
«Mi dispiace» faccio un respiro profondo cercando la forza che in questo momento mi manca.
«Ti ho chiesto quanto, Charles» ho la sensazione che la risposta che mi darà non mi piacerà.

𝗙𝗢𝗥𝗠𝗨𝗟𝗔 𝗨𝗡𝗢 • 𝗜𝗠𝗠𝗔𝗚𝗜𝗡𝗔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora