«𝖲𝗆𝖾𝗍𝗍𝗂𝖺𝗆𝗈 𝖽𝗂 𝖼𝗈𝗆𝖻𝖺𝗍𝗍𝖾𝗋𝗅𝗈»

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Il paddock è un formicaio in fermento. Tecnici che corrono da una parte all'altra, ingegneri con volti concentrati davanti ai monitor, e i giornalisti, che cercano di ottenere anche solo una briciola di notizia esclusiva. Taylor, nel suo primo anno nel mondo della Formula 1, sente il peso di dover dimostrare il suo valore. Essere una giornalista sportiva, e per di più donna, in un mondo dominato da uomini, non è semplice.

Il suo obiettivo per quella giornata è chiaro: ottenere dichiarazioni interessanti da almeno un paio di piloti e scrivere un pezzo che attiri l'attenzione. Vuole che i lettori si fermino sulla sua firma, che la riconoscano. È una questione di farsi strada in un mondo che sembra disegnato per chi ha già un nome.

La conferenza stampa inizia, e il primo a rispondere alle domande è Charles, il solito perfetto equilibrio tra professionalità e simpatia. Charles è il suo miglior amico da anni, uno dei pochi che ha sempre creduto in lei. Quando la guarda e le fa un cenno, una piccola complicità che solo loro due possono condividere, Taylor si sente, per un momento, un po' più sollevata.

Dopo di lui, gli altri piloti si alternano con risposte prevedibili e diplomatiche. Sono tutti bravi a parlare tanto senza dire nulla. Poi arriva il turno di Pierre Gasly. Taylor lo osserva mentre si prepara, notando il suo viso, sempre perfettamente sereno, ma con quell'aria di superiorità che lo precede. È il tipo di pilota che polarizza il pubblico: o lo ami o non lo sopporti. Taylor sa benissimo da quale parte sta.

Quando il microfono passa a lei, non esita. Decide di andare dritta al punto. «Gasly, in questa stagione Alpine ha avuto parecchie difficoltà. Credi che sia un problema del team o pensi di non aver dato il massimo in pista?»

Il silenzio cala nella sala. Pierre alza le sopracciglia, e un sorrisetto cinico gli incurva le labbra.
«Interessante come domanda» dice, con una calma che sa di sfida. «Anche se, onestamente, mi sembra un po' riduttiva. È facile fare supposizioni da fuori. Magari dovresti provare tu a guidare una macchina di Formula 1, così vediamo cosa significa dare il massimo»

Alcuni giornalisti ridacchiano, ma Taylor non si lascia intimidire. Sa di aver affrontato situazioni peggiori e commenti più saccenti di questo. Non è la prima volta che qualcuno la sottovaluta, ma sa anche come rispondere.
«Non mi sembra di aver messo in discussione le sue capacità di guida» ribatte, mantenendo un tono professionale. «La mia domanda riguardava il team e i risultati, non il suo talento»

Pierre si appoggia allo schienale della sedia, incrociando le braccia. La sua postura è quella di chi ha il controllo della situazione, ma dentro, forse, la sua irritazione sta crescendo.
«Allora, forse, dovrebbe essere più chiara la prossima volta»

La tensione nella sala è palpabile. Charles, seduto accanto a Pierre, scuote la testa e si massaggia le tempie. Taylor chiude il taccuino con un gesto secco, lasciando che il rumore spezzi quel momento imbarazzante. «La prossima volta farò in modo che sia una domanda degna del suo tempo e che non colpisca il suo ego» si rimette a sedere, ignorando i mormorii intorno a lei.

Quando la conferenza finisce, Taylor si alza velocemente, evitando di incrociare di nuovo lo sguardo di Pierre o dei suoi colleghi. Sa che questo primo scontro non sarà l'ultimo.

La sera stessa, si ritrova a un evento serale nel paddock. Non sa nemmeno perché sia venuta. Forse per distrarsi un po', forse perché Charles aveva insistito.
«Hai bisogno di rilassarti» le aveva detto oggi. Peccato che l'idea di rilassarsi non includa dover socializzare con estranei o piloti che eviterebbe volentieri.

𝖥𝖮𝖱𝖬𝖴𝖫𝖠 𝖴𝖭𝖮 • 𝗜𝗠𝗠𝗔𝗚𝗜𝗡𝗔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora