28. The big bang

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Scusate il ritardo, per farmi perdonare ecco un capitolo più lungo del solito.
Sarà folle e surreale, godetevelo.
💙✨




Quando tutti ti attaccano da ogni lato,
il cono d'ombra si restringe
soffocandoti
con le tue stesse mani.

POV

«Sono tutti vivi?»

«Quasi, signore»

«Quasi? Che vuol dire quasi?» l'uomo seduto sulla poltrona, con un sigaro incastrato tra le labbra, si agita. Mentre parla gocce di sudore gli ricadono sul collo.

«Beh... uno di loro è ferito, probabilmente non sopravvivrà» il sottoposto con la divisa nera ed una pistola nel fodero lo guarda impaurito. Come se quell'uomo, il suo capo, il suo signore, potesse farlo fuori da un momento all'altro. Come se ne fosse capace.
Lo è?

A lui piace considerarli tutti suoi soldati. Fanno quello che dice lui e parlano solamente quando autorizzati. Per quello che vengono pagati dovrebbero essere molto più utili, eppure alcuni di loro sono degli inguaribili idioti.

Non lui, però. Lui è intelligente. Gli sta dicendo quello che l'uomo col sigaro vuole sentirsi dire.
Mi guarda, allarmato.

Quei ragazzini sono ancora tutti vivi, purtroppo.
Ma non per molto ancora.

~~~

🔪ATRIS POV🔪

Apro le palpebre.
Ondeggio.
La cerco con lo sguardo intorno a me, ma i miei occhi non mettono a fuoco. Maledizione.
Mi sforzo per portarmi le dita alle tempie e massaggiarmele, ma le mie braccia sono pesanti. Troppo pesanti.

«Atris» una voce ovattata mi confonde.

Guardo spaesato ciò che mi circonda, forse una mano mi si è posata sulla spalla, ma non sento nulla.
Provo ad alzarmi, qualcuno protesta per farmi rimanere seduto sul pavimento freddo, ma non ascolto.

Non appena mi metto in piedi la mia testa comincia a girare e girare e girare come una fottuta trottola.

Così cado a terra e svengo.





Apro gli occhi.
Ondeggio.
La cerco con lo sguardo intorno a me, apro la bocca per parlare.
«Dov'è?» è rauca e mi fa male la gola per quanto è secca. Ho bisogno di bere.

«Atris» di nuovo quella voce disperata, ma io non riesco ad uscire da questo stato confusionale.

La testa mi gira respirare fa male parlare è doloroso.
L'oblio sta per risucchiarmi ancora, quando un fragoroso schiaffo che impatta sulla mia guancia mi fa rinsavire di scatto.

Spalanco gli occhi e scuoto la testa.
«Cazzo» impreco toccandomi la faccia, riesco di nuovo a sentire tutto ora.

«Alleluia, se lo avessi saputo ti avrei preso a schiaffi da un pezzo».

Metto a fuoco il caldo marrone delle iridi del mio migliore amico.
Tiro un sospiro di sollievo cercando di capire cosa è successo e dove siamo. E perché diavolo continuiamo ad ondeggiare?

«Giona»

«In carne ed ossa, non hai una bella cera» storce il naso guardandomi, siamo seduti su un pavimento grigio e freddo, dall'aspetto sembrerebbe proprio una piccola cella viste le sbarre da un lato che non ci permettono di uscire.

C'è solo una piccola finestrella rotonda da cui entra luce arancione, probabilmente sta sorgendo il sole.
«Non ti conviene guardare fuori» mi dice Giona.

𝑶𝒏𝒆 𝒑𝒍𝒖𝒔 𝒐𝒏𝒆 (1+1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora