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«Penny, chi è quello?» lo indico con un cenno del capo.
Penny ride scuotendo la testa.
«Scordatelo, tesoro. Non esiste persona più stronza di Atris De Giglio».
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«Chi sei?» e poi la sua voce. Serafica, profonda, ferma. Ed un tantino arrogante...
Ecco a voi una sorpresa in onore del Natale! (non è il nuovo capitolo, per quello c'è da aspettare ancora un po', però spero possa piacervi ugualmente). Consideratelo il mio regalo🎁
È un capitolo un po' speciale: sappiamo tutti che Atris scrive poesie, qualcuna l'abbiamo già potuta leggere, così come i famosi pensieri random che si appunta nelle note del telefono.
Ecco a voi una raccolta un po' più consistente di ciò che il nostro ✨poeta✨ scrive nei momenti di ispirazione. Per conoscerlo meglio e, magari, comprenderlo. Vi dico anche che la principale fonte di ispirazione è il fratello ed il rapporto che li legava.
Tutto ciò che non capite di lui o che lui non capisce di se stesso, è qui. Basta saperlo ritrovare tra le righe.
Buona lettura💙
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La prima delusione. La seconda. L'orologio fa tic tac. Il tempo scorre. La testa fa male. Il sangue brucia. La gola si stringe. Gli occhi si bagnano. Vorresti piangere come se fossi la prima persona sulla Terra a farlo. Il tuo mondo si restringe intorno a quel pianto, ma è come un cappio che circonda il filo un palloncino. Per quanto lo si possa stringere, continuerà sempre a volare.
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Respira l'arte. Tocca l'arte. Senti l'arte. Persino l'aria è pregna delle pennellate degli antichi pittori. I colori sbiaditi dal tempo, con ogni epoca che si è trattenuta un pezzo di arte. Gli occhi immobili intrappolati nell'eternità degli anni. Gli ultimi passi che ti conducono ad assaggiare e mordere e strappare la meraviglia nascosta in uno sfondo nero mentre accarezzi con lo sguardo le linee gentili di ciò che è stato fatto da mani che non sono le tue, ma che sono come le tue. Le stesse dita e gli stessi nervi che raffigurano loro stesse nello specchio dell'umanità.
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Vorresti far toccare a tutti le tue lacrime, per farli vedere che sono vere. Ma il tuo posto forse è un altro, la camera dove dormivi da piccolo non riesce più a contenerti, ora che sei cresciuto. Però le lacrime sono le stesse. Incassare. Respirare. Andare avanti. Sacrificare la tua felicità e toccare le lacrime degli altri.
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Non importa dove sei, quella è, e rimane, sempre la stessa luna. Non importa la distanza. Non importa quanto si è lontani. Se si alza lo sguardo e lo si volge al cielo, i nostri occhi incontreranno la luna che altri mille occhi stanno ammirando.
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Era diverso da prima. Era diventato ciò che non si aspettava. Come si fa a percepire il dolore attraverso infiniti strati di indifferenza? Poteva essere quel bellissimo fiore che, se raccolto, conserva ancora e sempre il suo profumo. Quello che i cervi adorano annusare, ed il vento risparmia dal suo soffio mortale.
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Ti ho sognato, è stato bello. Occhi negli occhi, sfiorandoci l'anima.
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Non vorrei esistere in un presente dove il nocivo sono io. In un futuro in cui farò appassire tutti i fiori. Ma ritornare in quel passato bello, felice, spensierato che ho spento con l'ultimo sospiro del mio fiato.
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Noia. Indifferenza. Apatia. Disillusione. Sempre le stesse emozioni. Sempre gli stessi movimenti. Sempre la stessa sfumatura di celeste a colorare il cielo. L'irremovibilità ed il perpetuo protrarsi di azioni e conseguenze, come il cuore che continua a battere senza che nessuno gli dica di farlo. Così il mare non smette mai di toccare la terra. Ed il sole sorge per poi tramontare. Le rocce che si corrodono fino a consumarsi del tutto solo per poi formarne delle altre. L'altalena che cigola spinta dal vento. Gli stessi movimenti il cui inizio è la fine stessa.
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Si increspa al tatto inumidendosi con le gocce acide del pianto del cielo. I rami ballano col vento che soffia su un deserto di speranze. L'odore è quello del fuoco ma se ne sente soltanto la parte bruciata, come i fiori di un albero solitario su un monte di cenere.
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Vorrei poterti sentire, assaporare, ricordare. Ma non c'è ricordo del desiderio che prima di te ha scosso l'anima di mille diamanti e l'ha trasformata in neve. Acclamavano la tua freddezza col calore di chi mai ha provato amore. E ti restituivano al cielo nuvoloso dei tuoi mali e celeste come gli occhi piangenti d'oceano. Il mare mosso dai tuoi sbagli riflesso nelle carezze delle onde. L'eleganza dei fiori profumati dal vento. E la giostra di luci accecanti che, invece, ha fatto dei tuoi sospiri silenti doni alla guerra e dolci baci all'odio.
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Per poter rinascere, l'ultimo sospiro deve esser volato via. Per sorridere di nuovo, si deve ricercare ciò che è bastato all'anima. Per sussurrare invece di urlare, va accettata la nostalgia e accarezzato l'ultimo brivido.
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È un cerchio di luce bianca che accarezza la notte, soffia sulle viole colora i gerani e fa paura ai tulipani. I papaveri la ammirano, i gigli la stimano, ma c'è un fiore che, vedendola, si commuove. Il girasole sorride di giorno, ma di notte piange aspettando il suo ritorno.
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