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«Penny, chi è quello?» lo indico con un cenno del capo.
Penny ride scuotendo la testa.
«Scordatelo, tesoro. Non esiste persona più stronza di Atris De Giglio».
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«Chi sei?» e poi la sua voce. Serafica, profonda, ferma. Ed un tantino arrogante...
Qualcuno ha detto capitolo speciale? Perché? È Halloween👻 (Si, passerò sempre ogni festa a rompervi le scatole).
È un capitolo un po' diverso dal solito, dove sarà possibile vedere una delle mille sfaccettature di Atris che ancora sono oscurate dal suo brutto carattere.
Solo alla fine di questa storia, mettendo insieme tutti i pezzi, tassello dopo tassello, riuscirete a conoscere Atris sotto tutti i suoi punti di vista... o forse no✨
Intanto, oggi ecco per voi uno dei suddetti tasselli mancanti🕷️
Ps. Secondo me oggi è un'ottima occasione per andarsi a rileggere i capitoli su Halloween, vi ricordate della spaventosa caccia al tesoro?
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Lettera alla madre
Cara mamma, Cara? Non lo so più, o forse non l'ho mai saputo, quand'ero piccolo ti ritenevo cara, gentile, sorridevi e, di conseguenza, facevi sorridere me. Anche se i tuoi sorrisi non erano mai rivolti alla mia persona. Tu sorridevi con tutti, eri buona e la tua mano ha accarezzato tanti volti e lenito tanti dolori. Tu sorridevi a papà, quei pochi giorni in cui era di buon umore, ed era proprio in quei casi che pensavo sul serio che tu lo amassi, però poi mi chiedevo come riuscivi a farlo. Come riuscivi ad amarlo? E lui, ti amava? La mia idea d'amore non l'ho mai associata a voi due, non volevo assomigliarvi perché non volevo assomigliare a papà. Però tu sorridevi anche ad Archie, e a lui si che volevo assomigliare. Alternavo sentimenti d'affetto a profonda gelosia nei confronti di mio fratello, perché senza di lui non sarei riuscito a sopravvivere, ma lui era l'unico figlio che aveva un posto nel tuo cuore. Archie è stato l'unico dei tuoi figli a cui hai mai sorriso. Desideravo prendere il suo posto, desideravo avidamente che tu mi cercassi per darmi una carezza, ed ero un bambino paziente perché per tutta l'infanzia ho atteso quel gesto. Quando aprivo gli occhi, la mattina, mi ripetevo che sarebbe stato quello il giorno, mi convincevo che se fossi stato bravo, se non avessi contraddetto papà, quel giorno finalmente tu mi avresti regalato una carezza. Però, sai, a un certo punto mi sono rotto il cazzo. Quindi ho iniziato a non sopportarti, la tua vista mi faceva ribollire il sangue nelle vere. Ironico, non credi? Quel bambino che si era ripromesso che prima o poi, avesse anche dovuto aspettare tutta la vita, tu lo avresti amato, poi è diventato il ragazzo che più ti odia. Forse ti starai domandando il perché, o forse no. Comunque, la risposta è semplice, anzi l'hai sempre avuta sotto i tuoi occhi. Papà, dentro quella casa, la nostra casa, mi faceva del male, e io quel dolore crudo non lo sopportavo. Non mi interessava del mio corpo, io ero preoccupato per la mia anima. E, alla fine, è stata proprio quella a rovinarsi, quell'uomo me l'ha raschiata con le unghie e sporcata col suo odore. Essere associato a lui mi faceva schifo, io volevo essere associato a te. Ma ciò non è mai stato possibile. La prima volta che papà mi ha toccato tu non eri in casa, ma è stata l'unica volta in cui è stato così prudente. Per il resto bastava semplicemente che tu stessi al piano inferiore, cosicché lui, nella vostra camera da letto, potesse torturarmi. Archie in quel periodo non era quasi mai a casa, vagava tra il RoofClub e Falls Church, per cui nessuno avrebbe potuto scoprire papà. Chiudeva la porta della camera a chiave e mi ingabbiava tra le sue braccia, sul letto. La prima volta avevo sei anni e le mie urla non le scorderò mai, purtroppo tu non hai potuto sentirle, chissà se saresti intervenuta. Vorrei farti una domanda. Com'era papà con te quando noi non c'eravamo? Come ti trattava? Insomma, so che era violento, manesco, e più volte ti ho trovata con uno zigomo violaceo, ma quando la sera vi mettevate a letto lui com'era? Ti parlava? Cosa ti diceva? E tu, cosa gli confidavi? Lui ti diceva cosa mi faceva? Come preferiva passare il tempo con me? No, scommetto che mi odiavate entrambi. Sai, il fatto è che tu mi hai sempre lasciato nella completa facoltà di dover dedurre i tuoi pensieri, e di conseguenza i tuoi sentimenti, verso di me. Non mi hai mai parlato più del dovuto e, da ciò che ricordo, mai una volta mi hai rivolto un "ti voglio bene". Le madri non si scelgono, purtroppo o per fortuna, capitano e basta. Tuttavia, se io avessi potuto scegliere, se me ne fosse stata data l'esclusiva possibilità, non avrei mai scelto te... No, questa è una lettera sincera e onesta, devo smetterla di coprire la mia verità con parole che di vero hanno solo la forma delle lettere. Ti avrei scelta, mamma. Se avessi potuto scegliere avrei scelto te, perché la tua pelle è la più liscia e gli anni e il dolore non ti hanno mai trasformata. Su di te la sofferenza risalta nei lineamenti, si adatta al tuo modo di essere e non è mai eccessiva. Il dolore ti dona, o forse sei sempre stata costretta a doverci convivere. Avrei scelto te perché il tuo nome è il più melodioso. Elisa. Scivola sulla lingua come se non lo avessi mai pronunciato davvero. Ti avrei disegnata esattamente con gli stessi occhi, con gli stessi capelli e le stesse guance. Senza conoscerti ti avrei scelto, conoscendoti avrei voluto che tu non conoscessi me. Potevi essere il mio primo amore, e davvero a volte lo eri quando, di notte, da bambino, sognavo le tue braccia intorno alla mia vita e le mie braccia a circondarti il collo e il tuo volto appiccicato al mio, pelle contro pelle. Di rado mi rivolgevi sorrisi, per questo ho scoperto solo dopo che, proprio come me, hai le fossette. Le ho ereditate da te e per un periodo è stato magnifico sapere che avevamo finalmente qualcosa in comune. Finalmente potevo essere uguale a te. La parte peggiore erano le uscite, quando andavamo in giro tutti e quattro insieme facendo finta di essere una famiglia equilibrata, perché in quelle occasioni eri costretta a considerarmi, non potevi ignorarmi. E io lo vedevo che il tuo era un affetto forzato, però poi mi domandavo costantemente come si fa ad odiare un figlio? Cosa ti ho mai fatto perché tu mi odiassi? E, alla fine, l'ho capito. Io non dovevo nascere. Tu non mi volevi, tu eri già completa con Archie. Non ti sto accusando, non più, il tuo disgusto per me ha generato in me rabbia e odio, ma poi anche questa si è dissipata finché non è rimasta solo l'indifferenza. Acre, acida, che dà fastidio alla lingua. Però, ecco, questo è il momento di ammettere che, in fondo, tutto sommato, non mi sarebbe dispiaciuto volerti bene. Se avessi potuto amarti, forse mi sarei odiato un po' di meno. Tuo figlio, Atris
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