26. I'd burn the world for you

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Come puoi amare un altro
se non sai amare te stesso?
-Luché

Come puoi amare un altro se non sai amare te stesso?-Luché

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Xavier's pov

La mia vita non era mai stata semplice, nemmeno per un secondo. A partire dai miei genitori, le persone che più avrebbero dovuto amarmi, in realtà provavano soltanto disgusto verso di me.

Mi ripetevano quotidianamente che ero stato un errore, uno sbaglio. Dicevano che l'unico motivo per cui non mi avevano ucciso subito dopo la mia nascita era perché, in un modo o nell'altro, avrei potuto essere loro "utile".
Utile, come se fossi un oggetto. Come se fossi un pezzo di carne destinato a essere usato e dopodiché scartato.

Ma in fondo, è così che mi sono sempre sentito.
Un oggetto.
Un corpo.
Una presenza indesiderata.

Ogni fottuto secondo passato in quella casa mi ricordava che non ero amato. Ogni ritorno da scuola era peggio della giornata stessa.

Mi aspettavano i loro insulti, le loro urla, le accuse continue. Non ero abbastanza.

Non ero quello che volevano. I miei voti erano bassi, secondo loro, i professori si lamentavano, secondo loro, e ogni giorno dovevo subirmi un'infilata di parole velenose che mi laceravano da dentro fino ad arrivare all'anima.

Che col tempo si è disintegrata.

Non esisteva, tra me e loro, nemmeno un briciolo di quel legame che vedevo nei miei coetanei. Nessuna carezza, nessun abbraccio, nessun "sono fiero di te". Solo disprezzo. E odio. Loro facevano tutto tranne che amarmi.

E io? Io imparai a convincermi che non meritavo amore.

Che non ne sarei mai stato degno.

Si dice che il primo vero amore nella vita sia quello dei genitori, ma per me non è stato così.

Non credo che amare significhi miei genitori facevano tutto tranne che 'amarmi', non credo che amare significhi usare per affari, non credo che amare significhi arrivare quasi ad uccidermi a causa dei troppi calci, non credo che significhi usare il mio corpo per degli scambi di organi, addirittura, a causa dei debiti che avevano. Mi tolsero un rene per venderlo, non capii bene a chi. Per fortuna, e solo grazie a conoscenze mediche, riuscì a impiantarne uno nuovo.

Ma il dolore, il trauma, la consapevolezza di essere uno 'scambio'... quelli non si cancellano. Ti restano addosso come cicatrici invisibili, che pulsano ogni notte, ogni volta che provo a chiudere gli occhi.

Dopo la morte di mia madre, avvenuta in circostanze definite un incidente, tutto precipitò ancora di più. Io so che non fu un incidente. C'ero. Ero lì. Mio padre la spinse. Una spinta più forte del solito, e lei cadde, sbattendo la testa contro un mobile

Morta sul colpo

Non versai una lacrima. Non ne avevo. L'avevano già svuotato tutto, dentro me.

La situazione però, peggiorò, mio padre mi lasciava solo per giorni, senza cibo, e tu così che trovai il mio rifugio. l'Alcol.

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