Adeline Evans, una ragazza con un passato difficile, ormai ha imparato a sopravvivere, mascherando le sue fragilità.
Tutto cio che le rimane è la mamma e suo fratello, Kai, insieme al loro gruppo di amici.
Tutti loro, sono legati da passati complic...
Memory hides in the quiet corners of the mind, but it never dies it waits, patient, until the moment it can resurface. -Lune.
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Lilith's pov
Mi svegliai di colpo, come se qualcuno mi avesse strappata con violenza da un sogno pesante e confuso. La testa mi girava. La luce filtrava appena dalle tende, ma ogni raggio sembrava una lama che mi pungeva gli occhi. Il mio respiro era corto, irregolare, e nella bocca avvertivo un sapore amaro, metallico.
Non ero nel mio letto. Il lenzuolo, ruvido e freddo, mi graffiava la pelle nuda. L’aria nella stanza era densa, impregnata di un odore acre, un misto di sudore e fumo.
Provai a tirarmi su, e il tessuto scivolò giù, lasciando che il gelo della stanza mi colpisse in pieno la pelle sensibile. Un dolore sordo e pulsante mi trafisse il basso ventre, irradiandosi verso le gambe.
Il mio corpo si irrigidì d’istinto. Cercai di respirare più piano, come per provare ad attenuare il dolore. Il battito del mio cuore rimbombava nelle orecchie. Mi guardai intorno: la stanza era in penombra, piccola, spoglia.
Il mio sguardo si posò sul corpo accanto a me. Un ragazzo. Lo riconobbi dopo qualche istante,era quello che, la sera prima, mi aveva offerto una canna. Kyler?
Abbassai lo sguardo sul mio corpo. Lividi violacei circondavano le mie cosce, come se delle mani avessero stretto troppo forte. Sul fianco, graffi sottili, come se avessi cercato di divincolarmi. Non ricordavo di essermi spogliata. Non ricordavo di averlo voluto. Provai a scavare nella memoria: immagini confuse, frammenti. Il suo corpo troppo vicino al mio, il peso che mi schiacciava, le sue mani che mi bloccavano. Il respiro accelerato. Poi… il nero.
Scivolai piano fuori dal letto, cercando di non fare rumore.
I piedi nudi toccarono il pavimento gelido e sporco. Raccattai i miei vestiti sparsi per terra, piano cominciai a rivestirmi. Ogni volta che sfioravo un livido, un brivido di dolore mi attraversava. Le mani mi tremavano mente il nodo in gola diventava sempre più stretto.
Prima di andare via, mi voltai per un ultimo istante. Kyler era ancora lì, disteso sul letto, vidi il suo petto alzarsi e abbassarsi con calma. Non provai a svegliarlo. Non dissi nulla.
Aprii piano la porta, temendo che ogni minimo scricchiolio potesse inchiodarmi lì, poi mi avvicinai alla porta di ingresso.
L’aria fresca del mattino mi colpì in faccia, più fredda e pungente di quella della stanza. Uscii e richiusi dietro di me.
Appena fuori, cominciai a camminare in fretta. Le strade mi sembravano tutte uguali. Cercavo di orientarmi, di ricordare la strada di casa, ma ogni angolo mi pareva estraneo.
Non sapevo se stavo andando nella direzione giusta, ma non mi fermai. L’unica cosa che volevo era mettere più distanza possibile tra me e quella stanza.