Avvertenze: questo libro sembra ispirato alla Sirenetta tradizionale. In realtà evolve in modo molto diverso. Siamo nel 2580 .Una sirena si avventura sulla Terra, dove vivrà esperienze traumatiche che la cambieranno profondamente. La crudeltà degli...
Jim rivolse il quadrante della smart band in direzione dell'oggetto i cui contorni emersero gradualmente dal buio.
Era una sagoma scura dall'aspetto minaccioso, ma il ragazzo non ne aveva paura alcuna. Mosse la piccola luce su tutta la superficie dell'oggetto, scoprendone pian piano ogni dettaglio: due possenti gambe ripiegate su un trono, robusti pettorali scolpiti nel metallo. Più su, la luce investì un volto spaventoso dall'aspetto taurino, sormontato da lunghe corna appuntite.
"Moloch!", esclamò Jim. "Ma che cavolo ci fa qui sotto?"
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Era una delle tante rappresentazioni del diavolo, il cui culto veniva praticato a Iside ormai da decenni e approvato dai leader come religione ufficiale. Al contrario del cristianesimo e di altre religioni, il satanismo non era proibito e le statue di Moloch, Baphomet e altri demoni erano sparse per tutta la città, nonché portate in piazza per simulare sacrifici di bambini, rappresentati da realistici bambolotti.
Secondo la tradizione, Moloch gradiva questo tipo di immolazione in particolare, ma di solito le cerimonie in cui quest'ultima veniva simulata erano ufficiali e avvenivano sotto lo sguardo di una nutrita folla festante.
Per questo motivo, Jim trovava oltremodo singolare che una statua di quel demone fosse stata collocata là sotto.
"Ma...e queste?", fece, continuando a perlustrare la stanza con l'aiuto della torcia integrata alla smartband.
Sul pavimento al di sotto della statua, il ragazzo vide qualcosa di biancastro che lo fece rabbrividire. Sembravano i resti di un animale, ma il buio impediva a Jim di identificarli con certezza.
"Ossa di pollo?". Era disorientato. Poco prima che lui nascesse, Orsola aveva categoricamente proibito il consumo di carne e la macellazione animale era diventata un reato, fatta eccezione per l'utilizzo di insetti negli alimenti.
Gli unici resti animali che Jim aveva visto, erano stati quelli dei film e dei documentari. Cosa cavolo ci facevano lì delle ossa e chi mai aveva compiuto un simile gesto?
Una sensazione di terrore si insinuò nel ragazzo, attanagliando le sue viscere, chiudendogli la gola e costringendolo a trattenere il respiro.
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Jim era giovane, ma molto coraggioso. Il coraggio era stato suo alleato e amico da quando lui aveva emesso il primo respiro sulla terra, ma ora lo stava abbandonando, messo in fuga da qualcosa che non riusciva a spiegare né a interpretare, se non nell'angolo più buio del suo inconscio, dove aveva seppellito tutto quel che rifiutava di accettare come realtà.
"Pollo...di sicuro è pollo...non può essere altro", pensò. Ma sapeva che non era vero.
"Si tratta comunque di un reato grave. Avviserò le autorità non appena sarò atterrato su Avatar...", balbettò con un filo di voce.
Fece per avanzare di qualche passo, ma finì invece per indietreggiare. Le sue gambe rifiutavano di obbedirgli, tentavano di portarlo nella direzione apposta alla statua.
Ancora due passi indietro, poi, senza rendersene conto, Jim si ritrovò di nuovo nel lungo cunicolo che procedeva rettilineo per parecchi metri. Vacillò sulle gambe, prese fiato poi iniziò a correre nell'oscurità come non aveva mai corso in vita sua, facendo sbattere lo zaino sulla schiena, mentre i pensieri turbinavano nel suo cervello al pari del contenuto di una centrifuga.
"Non ho visto quello che ho visto, non è possibile. Jim fermati e calmati, finirai contro a un muro".
Quando l'ondata di panico iniziò a ritirarsi e l'adrenalina scese, Jim si fermò ansimando, realizzando solo distrattamente che stava tremando dalla testa ai piedi.
I suoi occhi si erano ormai abituati al buio e davanti a sé vide i contorni del cunicolo che si allungava per km, aspettando solo che lui lo percorresse per raggiungere Sybil.
Con il dorso della mano asciugò alcune gocce di sudore che gli imperlavano la fronte, si passò le dita tra i capelli, prese qualche respiro profondo.
"Ok. Adesso ti calmi e vai da Sybil. Sei diventato fifone proprio ora?", fece togliendosi lo zaino e poggiandolo a terra. Con mani tremanti, lo aprì, prese una piccola borraccia blu e la portò alla bocca iniziando a inghiottire l'acqua in lunghe sorsate. Gli sembrava di avere la gola in fiamme, come se il fuoco acceso in piazza per il dio Moloch durante le cerimonie stesse ora bruciando nel suo corpo.
Rinfrancato da quel gesto tanto famigliare, rimise la borraccia nello zaino, sfilò il monopattino volante e lo aprì: subito il veicolo iniziò a brillare davanti a lui di una intensa luce blu. Accanto al manubrio, su un touch screen, galleggiavano i simboli colorati delle icone.
Il ragazzo si sforzò di sorridere, aggrappandosi al pensiero di quanto fosse rosea la sua posizione economica, cercando un conforto nella rassicurante stabilità che lo aveva accompagnato sin dalla nascita. "Questo è un miracolo della tecnologia, costruito dall'azienda dei miei genitori...".
Ma queste parole, così cariche di ottimismo e positività, non lo riuscirono a tranquillizzarlo come aveva sperato. Il suo pensiero andò a sua madre, che aveva lasciato seduta in cucina come se nulla fosse, dicendo che sarebbe andato a fare un giro per la città. Lei gli aveva risposto con un sorriso e lo aveva salutato con l'abituale raccomandazione di tornare presto.
"Non preoccuparti mamma!", aveva esclamato correndo fuori. Poi la porta elettronica della villa si era chiusa dietro di lui e il ragazzo era partito per l'avventura, con il cuore a mille e tutto l'entusiasmo dei suoi vent'anni, amplificato dall'idea di rivedere presto la sua amica sirena.
Ma ora quella scoperta lo aveva sconvolto, prosciugato in pochi minuti di tutte le energie accumulate in vista del suo viaggio per i sotterranei.
Chiuse gli occhi e sotto le palpebre serrate vide di nuovo la statua e le ossa sparse ai suoi piedi. Pensò ancora a sua madre, che in quel momento era a casa tranquilla, ignara del fatto che lui fosse lì, in quei sotterranei bui, dove una visione orribile lo aveva privato di tutta la sua intraprendenza.
Jim prese ancora un profondo respiro: "Sybil mi aspetta, non posso perdere tempo". Con rinnovata decisione, mise di nuovo lo zaino in spalla e salì sul monopattino allineando i piedi.
Sfiorò un'icona per impostare la mappa che Lord aveva caricato sul navigatore, poi attese.
Sprigionando una luce blu dalla base, il veicolo si sollevò di qualche centimetro. Jim afferrò saldamente il manubrio e il monopattino partì galleggiando in aria, mentre i riflessi blu danzavano e scivolavano sulle pareti del tunnel che dopo il passaggio di Jim sprofondò di nuovo nella tenebra e nel silenzio.