Capitolo 7

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Ero nella mia camera, sdraiata sul letto a fissare il bianco soffitto. Riflettevo.
Non ero lì da molto, appena ero tornata a casa avevo sistemato tutto ciò che avevo portato con me: ero ossessionata dall'ordine, nella mia stanza non poteva mancare. Eppure in quel momento mi trovavo su di quel letto e non mi sentivo leggera, provavo una strana sensazione di pesantezza che non mi permetteva di risollevarmi. Respiravo, sì, ma respiravo male.

Ad un tratto il mio telefono iniziò a squillare, così lo afferrai e risposi nella convinzione che fosse Catherine. Probabilmente voleva assicurarsi che stessi bene.

"Ciao, sono io." riconobbi la voce e decisamente non corrispondeva a quella della mia amica.

Era il ragazzo che avevo conosciuto presso lo studio dell'avvocato. In tutta sincerità non credevo che l'avrei più sentito, forse avremmo iniziato a salutarci a scuola, ma nulla di più.

"Chi ti ha dato il mio-" mi interruppi "Aspetta un attimo...Catherine?" ragionai sorpresa.

"Così ora hai scoperto cosa avesse scritto nel bigliettino che mi ha dato prima che andassi via." rispose risoluto.

"Perché mi hai chiamata?" chiesi ancora sorpresa.

"Volevo scusarmi." affermò semplicemente.

Mi sedetti, forse troppo velocemente perché mi girò la testa.

"Per cosa?" domandai confusa, un po' distratta.

Non avevo voglia di parlare con lui.

"Per averti infastidita prima." rispose "Chiaramente non era il momento adatto"

"Oh tranquillo, non fa niente, ero anche nervosa e per questo non ero molto...amichevole." ridacchiai.

"Ad ogni modo, com'è andata?" chiese gentilmente.

"Bene, ma non devi preoccuparti." risposi con noncuranza.

Non stavo bene, mi sentivo depressa e provavo una sensazione che non sapevo spiegare...come un senso di vuoto: mi mancava la felicità. La mia vita era completamente differente da quando i miei genitori non c'erano più, ormai avevo dimenticato certe emozioni.

"Non puoi stare bene invece, non hai bisogno di mentire." affermò.

Quella risposta mi lasciò sorpresa. Perché prolungare quella conversazione?

"Ma io non ti mento per cattiveria, del resto come puoi interessarti di me e parlare di ciò che provo? La definirei una gentilezza nei tuoi confronti, altrimenti non sapresti cosa dire, ci conosciamo appena." borbottai "Veramente, non è necessario." cercai di concludere.

"Come posso conoscerti meglio se non mi parli dei tuoi sentimenti?"

Rimasi per qualche secondo in silenzio.

"Hem...mi stai prendendo alla sprovvista." affermai incerta.

Arricciai il naso, che figuraccia.

"Quindi come ti senti? Fa bene parlarne solo se rispondi con sincerità." disse il ragazzo.

"Sinceramente? Sto male, vorrei solo scappare, ma non sto parlando di cambiare città, mi riferisco a cambiare pianeta, uno che mi faccia sentire veramente a casa mia. Qui mi sento di essere solo un'estranea." affermai quasi tutto d'un fiato "Vorrei che venisse indagato sulla morte dei miei genitori e che i colpevoli vengano poi puniti. Voglio vedere il suo volto, o i loro volti, e chiedergli perché, perché l'abbiano fatto." aggiunsi.

"Perché cosa?"

"Perché abbiano ucciso i miei genitori, io ero solo una bambina." sospirai trattenendo le lacrime.

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