Capitolo 18

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Non risposi, solamente perché non ci riuscii.
Ogni volta che vedevo quella specie di ragazzo ero pervasa da brividi di terrore ed ora non avevo la più pallida idea di cosa avrebbe fatto.
La porta si richiuse alle sue spalle, dissolvendosi.

"Dove hai messo l'amuleto?" chiese, cambiando immediatamente espressione.

"Io non ho nessun amuleto." riuscii a rispondere con un filo di voce.

Lo vidi avanzare verso di me.

"Non ti avvicinare." gli intimai quasi sussurrando.

"Oh Agatha, io faccio come voglio e tu non puoi fare nulla per impedirmelo. Troverò quell'amuleto, è una promessa." affermò con aria minacciosa.

"Nessuno è in grado di gestire il potere che contiene." dissi, cercando di persuaderlo.

"Questo lo vedrò io. Tu dimmi dove l'hai nascosto." mi intimò, scandendo bene l'ultima frase.

"Ti ripeto che non lo so." continuai insistentemente a mentire.

"Bene, voglio avvisarti che tu non uscirai di qui fino a quando non mi avrai rivelato il luogo in cui lo hai nascosto." annunciò.

Si girò ed iniziò a dirigersi velocemente verso la porta che stava nuovamente apparendo dal nulla. Non potevo rimanere in quel luogo, io avevo una vita normale da condurre in un altro mondo.

"Aspetta!"

Si fermò e dopo essersi voltato verso di me, mi venne leggermente in contro.

"Hai cambiato idea?" chiese fissandomi con uno sguardo furente, intimorendomi.

"Io non faccio parte di questo mondo, devo tornare a casa mia!" esclamai.

Mi squadrò mantenendo un'espressione neutra, dopo qualche secondo mi diede le spalle ed iniziò ad avanzare verso l'uscita. Mi feci prendere dal panico e quando stava quasi per superare la soglia della porta magica, gli afferrai il braccio per fermarlo. Si voltò di scatto e, più infuriato che mai, mi prese dal polso della mano sinistra e mi spinse contro la parete, facendomi battere la schiena violentemente.

"Agatha, non sfidarmi." mi ringhiò contro.

Ci trovavamo solamente ad un passo di distanza e lui mi fissava con quegli occhi scuri che ero arrivata ad odiare. Il mio battito aumentò, avevo paura e mi chiedevo se in preda alla rabbia sarebbe stato capace di uccidermi. Girai il capo verso destra per non guardarlo negli occhi, non ne ero in grado senza scoppiare in un pianto di terrore. Cominciai ad immaginarmi il modo in cui avrebbe potuto farmi del male ed in un attimo mi ritrovai a pensare ai più terribili scenari.
Ad un certo punto mi prese il volto dal mento e lo girò verso di lui, ora i nostri sguardi si stavano incrociando contro la mia volontà. Lo guardavo sprezzante e rabbiosa.
Avevo paura di fissarlo negli occhi perché con un semplice sguardo avrei potuto intuire le sue intenzioni ed io non volevo scoprire cosa mi avrebbe riservato il destino.

"Non piangere, non serve a nulla." disse il ragazzo, notando i miei occhi lucidi.

"Ti prego lasciami andare." lo implorai, cercando di liberarmi dalle morse che mi bloccavano il polso ed il volto "Non mi devi toccare." pronunciai tagliente.

Delle lacrime cominciarono a farsi strada sulle mie guance appena rosate.

"Io non ti dirò mai dove si trova l'amuleto, perciò non ti servo a niente. Fammi tornare nel mio mondo." insistetti con voce smorzata e colma di rabbia.

Le mie lacrime continuavano a farsi strada lungo il viso, lasciando dei rigagnoli gelidi attraversarmi le guance. Sentii la sua presa allentarsi pian piano, fino a quando non mi liberò.

"Agatha, non sono io che decido cosa fare. Io eseguo solo gli ordini ed ora devo badare a te." mi spiegò annoiato "Perciò lo prendo io il tuo cellulare." disse sfilandomi rapidamente lo smartphone dalla tasca.

Intuii che lì i cellulari funzionassero e imprecai mentalmente: per poco non ero riuscita a contattare Catherine.

Cominciò ad allontanarsi da me per uscire da quella lugubre stanza. Io rimasi immobile, contro la parete a piagnucolare, mentre lo vidi chiudersi la porta alle spalle. Feci uno scatto, cercando di aprirla prima che potesse scomparire, ma non feci in tempo. Vidi la maniglia dissolversi nella mia mano, mi rimase solo un pugno.

"Aspetta! Non puoi lasciarmi qui!" gridai disperatamente, battendo contro la parete che fino a poco prima era stata via d'uscita.

Udii i suoi passi allontanarsi senza pietà, lasciandomi da sola in quella squallida camera. Dovevo uscire da lì, ma come potevo fare? Continuai a gridare imperterrita, sperando che qualcuno potesse sentirmi attraverso quei muri impenetrabili. Dopo dieci minuti trascorsi a chiamare aiuto, mi arresi: era solamente un dispendio di energie. Non avevo la minima idea di dove mi trovassi, forse questa stanza era stata creata in un luogo desolato o magari sotto terra...non avevo alcun indizio.

Sospirai e mi diressi verso il letto che si trovava a pochi metri di distanza da dove mi trovavo. Prima di sedermi, passai ripetutamente le mani sul copriletto, cercando di rimuovere più polvere possibile. Dopo essermi seduta, indossai il cappuccio e tirai le maniche della felpa oltre la loro lunghezza: in quel luogo il freddo continuava ad aumentare. Mi rannicchiai, mettendo le scarpe sul letto senza badare a quanto fossero sporche. Adesso ero lì, in quella stanza, solamente con i miei pensieri...era inevitabile il fatto che un profondo senso di solitudine e disperazione mi avrebbe avvolta tra le sue braccia. Stavo cominciando a pentirmi di aver attraversato quel portale con Iris.

Ad un certo punto mi resi conto del fatto che la luce in quella stanza fosse diminuita...ma era una mia impressione o quel luogo era quasi stato avvolto dall'oscurità della notte? Ma come era possibile? In quella stanza non vi erano delle finestre. Decisi di smetterla di pormi nuove domande, ne avevo già troppe. Mi alzai ed aprii il letto. Le coperte ed il cuscino sembravano in buono stato, ma decisi di dormirvi sopra. Mi sdraiai, infastidita dall'idea che l'interno del letto fosse più sporco del copriletto. Dopo pochi minuti caddi in un sonno molto profondo, dovuto al risveglio successivo all'induzione della mia perdita dei sensi, alle lacrime di terrore che avevo versato e dalle forti emozioni che avevo provato durante queste ultime ore.

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