Capitolo 25

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Cominciai a camminare in modo deciso e rapido sempre nella stessa direzione, finché non mi ritrovai nel fitto bosco. Rich aveva cercato di seguirmi, ma alla fine era tornato indietro senza dire nulla. Forse aveva capito che in quel momento ciò di cui avevo bisogno fosse stare da sola, lontana da lui e dai problemi.
Mi sedetti sul prato soffice e fresco, appoggiando la schiena ad un grande albero. Le lacrime non accennavano a battere ritirata e così tra i mille pensieri, riuscirono a scendere, solcandomi nuovamente le guance.
Rich era importantissimo per me, ma avevo bisogno di rimanere da sola. Dovevo capire chi fossi davvero.

Ero sempre più decisa a tornare a casa e in quel momento avevo solo voglia di cancellare tutto ciò che avevo scoperto a proposito del mondo magico, ma questo avrebbe significato non sapere quasi nulla a proposito dei miei genitori. Mi chiedevo come avessi fatto a resistere per almeno diciott'anni nel segreto della loro identità.

Non sapevo se sarei mai stata capace di accettare Rich, forse non ero abbastanza forte come credevo.

Dopo pochi minuti sentii dei passi alle mie spalle diretti verso la mia direzione. Da quel semplice rumore riuscii a capire che fosse Rich. Lui aveva dei passi più pesanti dei miei, ma non troppo. Ogni persona ha un passo differente che si riesce a distinguere anche solamente dal suo suono. Chi lo ha pesante e chi leggero, chi lo ha lento e chi lo ha veloce, ma ognuno ha una propria caratteristica che nessuno può realmente descrivere.
Forse è il sesto senso a farcelo capire.

E fu quel senso a farmi paragonare il passo di Rich nel mondo senza magia a quello del demone che in realtà era Rich nel mondo magico. Il rumore dei passi era lo stesso.

"Agatha?" quasi sussurrò, mantenendo il suo sguardo fisso su di me.

Quello sguardo che ora stavo cercando di evitare, cominciava a farmi sentire un fuoco ardere dentro di me. Quello sfacciato e insistente sguardo provocava in me un certo imbarazzo e fastidio, ma in verità era proprio il dolore, l'emozione persistente. Intravedevo la sua figura immobile in attesa di almeno una parola da parte mia, ma io non ne avevo la forza. Lo vidi finalmente sedersi accanto a me e cercare disperatamente il mio sguardo.

"Agatha?" mi chiamò, sporgendosi verso di me.

Non lo guardai, non potevo riuscirci.

"Agatha, ti prego, guardami." mi implorò con tono di voce chiaramente sofferente.

Quando i nostri sguardi si incrociarono, riuscii a scovare i suoi pensieri buoni, ma subito smisi di fissarlo.

Non riuscivo ad accettarlo, non ancora.

"Non ti lascerò andare, mai."

"Rich senti, io-" mi interruppe immediatamente.

"Agatha hai ragione, su tutto. Non avrei dovuto farlo, ma oramai non posso tornare indietro. Posso solo assicurarti che desidero avere un nostro presente e futuro insieme. Del resto ero confuso, l'amore e le menzogne non vanno d'accordo, avrei dovuto rendermene conto prima. Non ti sto chiedendo di dimenticare, ma solo di darmi un altra possibilità di dimostrarti chi sono, non costa nulla, solo una piccola parte del tuo cuore."

"A me costa tutto il cuore." riuscii a dire quasi sussurrando.

Capii che un piccolo sorrisetto si stesse formando sul suo volto.

"Tu e Catherine per me siete le uniche persone importanti, anche più della mia vita." affermai.

"Ti capisco, è dura andare avanti senza una vera e propria famiglia che ti doni l'affetto di cui hai bisogno. Anche per me è stato così." rispose.

A quel punto mi venne spontaneo alzare lo sguardo. Ci trovavamo bloccati uno negli occhi dell'altra a fissarci come solo noi sapevamo fare. Con quell'immensa dolcezza, ma con uno strano distacco passeggero.

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