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Quando giunse in America, Edward non conosceva nessuno, era intimidito da quel luogo, così diverso dalla sua Londra. Gli alti grattacieli sembravano ammonirlo dall'alto delle loro imponenti figure. Come giganti di cemento, lo facevano sentire piccolo e indifeso: le luci al neon, le insegne luminose, i cartelloni pubblicitari, quel vivere e quella quotidianità, gli fecero comprendere che la distanza da quel luogo non era soltanto di natura geografica, ciò che realmente divideva l'America dal resto del mondo non era l'Atlantico, ma un oceano d'idee e tradizioni, una rivoluzionaria filosofia di pensiero.

Trascorse i primi giorni come un turista: di notte dormiva in un ostello di periferia e di giorno invece girovagava per la città alla ricerca di un lavoro. Non gli dispiaceva quella condizione di limbo, per la prima volta, dopo tanto tempo, si sentiva finalmente lontano dai problemi, libero, e se provava a guardarsi indietro, tutto gli appariva come un brutto sogno, come se i suoi problemi fossero improvvisamente svaniti. Purtroppo, invece, erano sempre lì ad attenderlo dall'altra parte dell'oceano. Sapeva che avrebbe dovuto trovare in fretta la sua strada, e sapeva che per farlo avrebbe avuto sempre meno tempo.

"Se vuoi fare i soldi, inizia col frequentarli" si disse il giovane, dirigendosi verso le Twin Towers, centro del potere economico e commerciale americano. Qualche anno prima aveva saputo dell'inaugurazione delle mastodontiche torri di Manhattan dai giornali. Aveva letto che erano frequentate da personaggi del calibro di Frank Sinatra e John Lennon, e che al loro interno si trovavano tutte le tecnologie più avanzate mai viste prima.

Quando si ritrovò al World Trade Center fu investito da un senso di vertigine nell'ammirare le due torri che sembravano toccare il cielo.

"Da lassù stringeranno la mano agli alieni!". Edward osservava attonito il fermento di Manhattan: un esercito multietnico di manager, donne in carriera, taxi e auto di lusso, popolava il cuore economico degli Stati Uniti.

Improvvisamente accusò un forte colpo alla coscia.

«Guarda dove vai!» gli disse un uomo in abito scuro e occhiali da sole.

«Mi dispiace» disse Edward dolorante.

Nell'impatto la valigetta dell'uomo si aprì, lasciando che il vento trascinasse con sé alcuni documenti.

«Ecco tenga. Credo di averli presi tutti. Mi spiace, è che sono nuovo...» disse Edward accusando ancora il colpo alla coscia.

«Merda! La riunione» disse l'uomo guardando il suo Rolex, non curante di quel ragazzetto spaurito davanti a sé. Poi, mentre rimetteva a posto in fretta le sue carte nella ventiquattrore, disse con tono furente: «Splendido! Il mio socio mi dà forfait all'ultimo minuto, becco un taxista idiota che sbaglia strada e come se non bastasse, un turista scemo viene a sbattermi contro...».

«Mi spiace» replicò Edward.

«Sei ancora qui?! Vattene.»

«Anzi aspetta» disse l'uomo, osservando il ragazzo. Edward era alto, dimostrava sicuramente di più degli anni che effettivamente aveva, e a Tucker ciò poteva tornargli utile: «Ti va di guadagnare duecento dollari in un paio d'ore?»

«Per fare cosa?» rispose Edward sorpreso.

«Per restartene zitto».

R<[

Travolti dal destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora