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Da giorni Annabelle e Reiko peregrinavano di campus in campus alla ricerca della piccola Kyoto, avrebbero potuto semplicemente controllare l'aggiornamento delle liste dei dispersi e dei rifugiati, ma non avrebbero avuto la certezza che la piccola avesse comunicato il proprio nome correttamente o comunque con un'assonanza simile. E se non fosse stata in grado di parlare? Nonostante Reiko rifiutasse le peggiori delle ipotesi, non poteva non considerare che Kyoto potesse essere ferita e non in grado di proferire parola.

Annabelle intanto si domandava cosa intendesse Sapphire col termine "comprare"? In quei giorni di ricerca nessuno fu in grado di darle o "venderle" alcuna informazione utile che la indirizzasse quanto meno sulla giusta strada. "È come cercare un ago in un pagliaio" pensava la texana, rammaricata per quell'occasione di popolarità che le sfuggiva di mano. Cercava con gli occhi, anziché col proprio cuore, interessata solo a trovare la Annabelle che avrebbe voluto essere più di quanto non volesse realmente trovare la bambina. "Con chi diavolo devo scopare per trovarla?!" pensò la donna, disposta a tutto pur di ottenere quei quindici minuti di popolarità, di cui Andy Wharol parlava. Era l'occasione della sua vita e non doveva lasciarsela scappare. Le cose non erano andate secondo i suoi piani, ma avevano preso una piega che le avrebbe fatto raggiungere lo stesso risultato.

Annabelle non aveva mai visto tanto dolore: genitori piangenti, costretti a seppellire i propri figli in fosse comuni per evitare le epidemie, bambini che avevano assistito alla morte dei propri genitori, alla dissoluzione delle loro case, che si sentivano indifesi tra le tende dei campus e i bunker provvisori. Fu allora che Annabelle comprese cosa fosse l'amore per il prossimo, il vero amore, non una campagna promozionale per cambiare agli occhi della gente, vedendo quanto la vita potesse essere crudele. Si sentì fortunata di vivere dall'altra parte del mondo civile, si sentiva protetta nel suo appartamento a Notting Hill, ma, soprattutto, si sentiva fortunata di essere nata "ricca". Se un disastro avesse colpito Londra e lei fosse sopravvissuta, le sarebbe bastato scegliere un altro posto in cui vivere, senza preoccuparsi del dopo e di ricostruire per riavere una vita normale. Apprezzò di più ciò che aveva, senza desiderare altro, ma ringraziando Dio per averle permesso di vivere un altro giorno serena. "Serenità" era questa la sensazione che avrebbe voluto provare, serenità. Un buon libro, un divano ed un plaid in pile, in un freddo pomeriggio d'inverno, una cioccolata calda davanti al fuoco, una passeggiata al parco in un giorno di primavera o un buon gelato d'estate. Improvvisamente la sua scala dei valori cambiò. Non le interessava più sapere se l'avrebbero mai accettata nei salotti buoni di Londra, in fondo non era altro che una cotta adolescenziale, il desiderio recondito per l'impossibile; né era interessata all'acquisto di costosi capi di abbigliamento alla moda.

Era questo probabilmente che la faceva apparire sempre come la "texana volgarotta" arricchitasi ereditando i milioni fatti con il petrolio, questo suo volere essere in apparenza ciò che non era, questo suo smalto in superficie da nobildonna.

Ripensò che quella elite, che non l'aveva mai ritenuta degna di quel club esclusivo, in fondo non avesse torto a considerarla un'opportunista, dopotutto tutte le sue azioni erano sempre finalizzate ad un tornaconto personale, non era mai stata disinteressata, persino quando si era denudata davanti ai cancelli di Backingman Palace l'aveva fatto per essere eletta Rappresentante del Corpo Studentesco, affinché pensassero che sarebbe stata un ottimo leader, affinché fosse eletta reginetta della scuola. Tutto pur di essere accettata e ammirata. "Dio mio Annabelle hai un corpo da favola" le dicevano le cheerleader negli spogliatoi, ignorando che dietro tanta perfezione c'era un disordine alimentare e psicologico che la stava consumando. Annabelle continuava a far uso di lassativi ed altre sostanze che le permettessero di essere magra, fumava, non perché le piacesse, ma perché sapeva che il fumo l'avrebbe aiutata a perdere qualche chilo. "È tutto sbagliato!" si rimproverava adesso la donna, vedendo in quella ossessionata ricerca di perfezione una meta che si allontanava sempre più. Capì l'importanza del cibo e il non averne, e mentre la metà del mondo era a dieta, per evitare l'obesità, colesterolo, diabete e malattie cardiovascolari o solo per mantenere la linea, l'altra metà ne elemosinava un po' per assicurarsi un pasto che la tenesse in vita un altro giorno.

Fu così che un giorno qualsiasi a Sumatra, trasformò il viaggio di Annabelle Miller in una profonda introspezione personale, un lontano viaggio interiore che portò la donna a scoprire le terre inesplorate della sua anima.

Ritornarono al punto di partenza, erano di nuovo al loro campus e di Kyoto nessuna traccia.

«Così non arriveremo da nessuna parte!» esclamò Annabelle sbuffando. Pensava alla bambina e a come riuscire a trovarla; ripensò a quanto le aveva detto Sapphire prima di partire. Non c'era stato molto tempo per le spiegazioni, ma l'amica aveva usato il termine "comprare". Di solito Sapphire era sempre molto cauta, oculata, calibrata nella selezione delle parole da utilizzare, era questo suo accurato casting terminologico che ne faceva un ottimo oratore, benché lei dicesse il contrario e mal volentieri parlava in pubblico. Ma Sapphire aveva proprio utilizzato il termine "comprare". Che la stesse spingendo verso vie illegali? Se fosse stata scoperta avrebbero potuto arrestarla e credere che quel suo viaggio missionario fosse in realtà una copertura per avviare un traffico illecito di bambini.

"Dev'esserci un sistema" si disse Annabelle, ciondolando un po' avanti e indietro per strada.

Erano giorni che Reiko seguiva Annabelle senza indugio. La trovava vivace e stravagante, a tratti superficiale, ma comprese, prima di qualsiasi altro, che dietro quegli abiti firmati e i capricci da diva si nascondeva una donna fragile dal cuore puro, che non desiderava altro che essere accettata. In fondo Annabelle non era poi così diversa dal resto del mondo: è insito nella natura dell'uomo, pensò Reiko, voler essere accettati, sentirsi leader e dominanti. Impressionare gli altri con l'abito nuovo, il cellulare alla moda o tendenze fashion. Forse l'uomo non discendeva dalle scimmie, pensò l'asiatica, ma dai pavoni, e come un coloratissimo pavone schiudeva la coda per mostrare la meraviglia della sua coda sgargiante, ricercando l'ammirazione nell'altro e l'affermazione di se stesso come capo indiscusso. Da questi sentimenti dovevano nascere il possesso, il tormento di avere in via esclusiva qualcosa che ci renda speciali, e che faccia di quell'iniziale ammirazione una verde invidia per sentirci migliori. Tra le prime parole che apprendono i bambini "è mio" è di sicuro quella più diffusa dopo "mamma". Si apprende sin da subito a marcare il proprio territorio difendendo verbalmente le cose che ci appartengono. "Non essere sgarbata Kyoto" diceva sempre Reiko alla sua bambina "Lascia che il bimbo giochi un po'con la tua bambola, quando avrà finito te la restituirà" le spiegava, inculcandole da subito l'amore per il prossimo. È nelle nuove generazioni la speranza di salvare il mondo, pensava l'asiatica, se tutti insegnassero ai propri bambini il rispetto per il prossimo, l'altruismo e la comprensione per chi è diverso da noi, al mondo la guerra e la violenza sarebbe diminuita se non scomparsa, era un utopia certo, ma in fondo che importanza aveva se un altro popolo credeva nella croce, nel buddismo, in Maometto o Allah? La fede, il credere in una entità mistica superiore o in qualsiasi altra cosa non era pur sempre una caratteristica che accomuna tutti?

«Forse non la troveremo» ammise sconfitta per la prima volta Reiko. «Forse Dio avrà voluto sottopormi a questa prova che devo accettare con forza d'animo e coraggio» proseguì Reiko. Ma Annabelle non le prestava ascolto.

«Dovremmo fermarci e riprendere il nostro lavoro» continuò Reiko sempre più scoraggiata e disillusa. Era trascorso troppo tempo, i dispersi erano migliaia e se Dio avesse voluto che ella l'avrebbe ritrovata allora sarebbe stata la piccola Kyoto a far ritorno dalla sua mamma.

Ma Annabelle non condivideva quel punto di vista, era sempre stata una combattente e non avrebbe mai aspettato che Dio si fosse scomodato per far loro il miracolo di ritrovare la bambina.

«Non so il tuo Dio che cosa dice» disse Annabelle scuotendo Reiko «Ma dalle mie parte si dice "aiutati che Dio ti aiuta"» disse con foga espressiva. Annabelle aveva compreso cosa intendesse Sapphire dicendole "comprare". Aveva un piano. Nonostante i suoi valori quel giorno fossero cambiati, Annabelle tuttavia non perse il suo istinto dell'uomo d'affari ereditato da suo padre, e quel giorno, consapevole delle sue potenzialità, gliene fu grata per questo.

«E allora cosa facciamo?» domandò Reiko, cercando di comprendere l'espressione di Annabelle Miller.

«Non temere, Reiko, mi è venuta un'idea!»

on(lu


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