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Intanto a Sumatra l'ematoma del disastro andava riassorbendosi, lasciando tuttavia una cicatrice indelebile sul volto della nazione asiatica. I giorni a venire erano molto assolati e caldi, offrendo quantomeno, la possibilità, ai diversi enti umanitari che erano sul posto, di poter operare senza troppe difficoltà. I bilanci di morti e feriti erano ancora provvisori ed in pericolosa crescita, come un terribile bollettino di guerra che annunciava le vittime cadute in una battaglia improvvisa e repentina.

Da giorni Annabelle Miller si fingeva una turista inglese in cerca di un bambino "senza troppe complicazioni burocratiche" diceva ad ogni sportello la donna, sfoggiando il sorriso migliore, nella speranza che il suo fascino femminile facesse leva sull'istinto primordiale dell'uomo, e mostrando loro un interessante mazzetta di dollari. "Sta cercando di corrompermi?" domandò un uomo indignato. "No, anzi. Ma speravo che cento Franklin potessero aiutare ..." sorrise, facendo la smorfiosa giocando con la tesa larga del suo cappello. "Se credeva di risolvere tutto col denaro ha sbagliato strada: ci sono dei tempi e delle pratiche da rispettare!". Non c'era modo, l'uomo non si lasciava abbindolare e come un valoroso soldato difese allo strenuo delle forze l'integrità di quell'istituzione che in quel momento rappresentava.

«Vede, il fatto è che ritornerò tra pochi giorni in Inghilterra ed ho bisogno di un bambino subito».

«Questo non è un supermercato»

Annabelle sorrise imbarazza, forse aveva esagerato, nascondendo il viso sotto la tesa con cui prima tanto giocava maliziosa.

Mentre le due donne si allontanarono dalla struttura sconfitte, un uomo le avvicinò. Asiatico, sul metro e settanta circa, capelli corvini, sottili, corti, barba incolta, di chi da giorni vive per strada, abiti luridi, spiegazzati, scarpe sporche di fango, e lo sguardo feroce di un lupo affamato. Non stringeva nulla tra le mani, eppure il suo aspetto incuteva timore.

Annabelle s'accorse subito della presenza dell'uomo e, fingendosi distratta, strinse Reiko sotto il braccio e cambiò direzione, per verificare se la sua fosse solo paranoia o se davvero quell'uomo le stesse seguendo, avendo scorto i diecimila dollari che aveva in borsa. Affrettarono il passo, ma l'uomo continuò a seguirle senza dire una parola; non appena svoltarono l'angolo l'uomo avvicinò Annabelle e le strinse forte il braccio.

«Se ci farà del male, mi metto ad urlare!» minacciò la donna in preda al panico.

«Tu non lo farai» rispose l'uomo. La sua voce, per quanto minacciosa, tremava, smascherando la paura che anch'egli doveva provare in quel momento. Il suo inglese era molto elementare, non si trattava di un criminale abituale, ma di un uomo spinto alla follia da un gesto di disperazione.

«Se non mi lasci giuro che urlo!» minacciò ancora Annabelle, sotto lo sguardo impietrito ed impotente di Reiko, paralizzata dalla paura.

Le due donne si fissarono negli occhi, pallide in volto.

Spinta contro un muro di mattoni crudi, il grande cappello di Annabelle cadde. La luce l'abbagliò, restringendo le pupille dei suoi occhi verdi.

«Mi lasci! Lasciami stare!» gli intimò la donna. Una nuvola nascose il sole e con esso i colori sgargianti della natura circostante si spensero in una luce quasi incolore.

«Sei ancora interessata a comprare un bambino?»

La tensione svanì, Annabelle guardò con attenzione gli occhi affamati di quell'uomo. No, non era un criminale, solo il gesto folle di un uomo disperato. La nuvola si dissolse, riaccendendo i colori del paesaggio intorno a loro. Benché ancora diffidente e spaventata, Annabelle Miller divincolando il braccio disse: «Lasciami!».

L'uomo mollò la presa. Annabelle si sistemò l'abito e raccolse il cappello. Era furente, non era mai stata trattata in quel modo, e non era andata di certo in quel paese per iniziare una nuova macabra usanza a sue spese.

Travolti dal destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora