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Reiko era sicura, quella che aveva identificato in foto era sua figlia, Kyoto, sul piatto delle offerte del mercato infantile, come un l'esemplare di una specie rara da battere all'asta. E tutti quei bimbi, con i loro volti ed occhi innocenti.

Annabelle Miller mantenne il suo atteggiamento da dura, e fissando l'uomo seduto al tavolo di fronte a loro disse, indicando la foto scelta dall'amica: «E questa quanto viene a fare?»

«Bella vero?!» rispose l'uomo, soddisfatto della qualità della sua "merce". «Un milione».

«Un milione?» domandò la texana. «Perché?»

«Questa è speciale!» l'uomo sorrise.

«Davvero?»

«L'abbiamo trovata attaccata ad un albero, si era ferita ad un braccio, solo una escoriazione, niente di grave, ed invece di piagnucolare come qualsiasi altro marmocchio era aggrappata ad un tronco per non farsi trascinare dalla corrente. Chiamava sua madre. Così ci siamo assicurati che fosse sola, che fosse una dispersa e l'abbiamo presa...»

«E adesso la vendete! Molto nobile da parte vostra»

«Lei però vuole acquistarla ...». Annabelle non era offesa da quell'affermazione. Il suo istinto materno era praticamente inesistente, soffocato dal narcisismo e dall'amore per se stessa. Non poteva comprendere coloro che ricorrevano al mercato nero, né il voler essere genitore ad ogni costo. La maternità l'aveva sempre considerata come una decadenza prematura del corpo femminile, un lungo passo verso la vecchiaia, un addio ad un corpo longilineo ed efebico, ad un aspetto giovanile, logorato dai segni indelebili lasciati da un parto.

Annabelle Miller probabilmente non sarebbe mai diventata madre, ma comprendeva il dolore di Reiko.

«Te ne offro cinquecentomila, puliti ed in contanti» disse la donna, lanciando un'offerta sulla quale intavolare le trattative. «Duecentocinquantamila subito, gli altri alla consegna della bambina».

«E perdere così cinquecentomila dollari?» domandò l'uomo con sarcasmo. «Questa è una bambina che parla due lingue, forse figlia di un inglese e di un asiatico. È vivace, intelligente ed è merce pregiata. Novecentomila!»

«Non ho tutto questo contante, se ne faccio richiesta, la mia banca pretenderà delle spiegazioni per un tale movimento di denaro insolito per il mio conto»

«Un acquisto improvviso» suggerì l'uomo.

«Qui a Sumatra? E cosa dovrei acquistare? L'intera isola?» anche Annabelle rispondeva a tono, per non farsi intimidire. E per chiudere la trattativa infilò la mano in borsa e passò sottobanco, stretto nel pugno, un oggetto: «Prenda questo». Era un orecchino. «È un diamante purissimo, con rubini e smeraldi. Il loro taglio è perfetto. La coppia è identica. È stato stimato duecentocinquantamila dollari»

«Entrambi?»

Annabelle sorrise, vincente, e soddisfatta rispose: «No. Uno solo. L'altro glielo darò a scambio effettuato. In questo modo lei non sarà rintracciabile: inoltre non ci saranno sigle, né numeri di serie contrassegnati, né carte di credito che possano collegarci. Tutto alla luce del sole e dopo ognuno per la sua strada, io me ne ritornerò a Londra».

L'uomo lanciò un'occhiata rapida all'orecchino, e lo infilò avidamente in tasca. Con quello che avrebbe ricavato sarebbe andato lontano, via da quell'isola dimenticata da Dio.

«Va bene. Domattina a quest'ora sarò qui con la bambina...»

«Certo»

L'uomo riprese le foto, si alzò, e si allontanò con passo lesto dall'albergo, accertandosi che nessuno lo seguisse.

Travolti dal destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora