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Un altro giorno era sorto su Sumatra, un altro giorno di incessanti ricerche per Annabelle e Reiko. Smessi i panni da crocerossina, Annabelle Miller era ormai dedita da giorni alla ricerca della piccola Kyoto, e da giorni trascurava il suo ruolo di vice della Croce Rossa francese. Aveva dato l'incarico ad Amanda Clark, rinunciando alla visibilità che ricoprire quel ruolo le avrebbe dato, ma per la prima volta non le interessava. I circoli più esclusivi sicuramente l'avrebbero accolta a braccia aperte quando sarebbe rientrata da Sumatra come capo della spedizione, sarebbe diventata la nuova eroina dei due mondi, riscuotendo la gloria sul suolo francese e nell'adorata patria di Shakespeare.

Le due donne erano sedute al tavolino in pietra sul terrazzino della camera d'albergo. Reiko era stranita da tanto lusso, non era mai stata in un albergo come quello, mentre tutto quello sfarzo non aveva nessun ascendente sullo stupore saturo di Annabelle Miller. Ad interrompere la colazione in terrazza fu il cellulare polifonico di Annabelle Miller. "Sì, pronto?" rispose la donna, seccata da quell'interruzione. Aveva tolto un orecchino, poggiandolo sul tavolo in marmo, per portare il telefonino all'orecchio. "Non se ne fa più nulla, sarà pagato lo stesso non si preoccupi. Buongiorno". Liquidò la telefonata in pochi minuti e riprese a mangiare, con occhi bassi, schivando la curiosità di Reiko di sapere chi fosse il suo interlocutore. Annabelle si vergognava troppo di dirle che la telefonata era di un paparazzo con il quale la donna si era messa d'accordo per realizzare un servizio esclusivo con finte foto scattate di nascosto. Un tempo le sarebbe piaciuta l'idea di comparire sul Daily Star mentre soccorreva qualcuno o aiutava i bambini, ma adesso no. Voleva davvero aiutare Reiko, e stranamente non le importava che gli altri lo sapessero, le bastava aiutarla per davvero.

Una seconda telefonata, questa volta dal telefono della camera, interruppe la silenziosa colazione. "Sì, pronto?". Mentre ascoltava la telefonata, Annabelle aguzzò lo sguardo, come se davanti ai suoi occhi si stesse materializzando qualcosa. Annuiva, senza proferire parola e con un secco "Ok" riagganciò, senza dare nessuna spiegazione a Reiko.

«Chi era?» domandò Reiko vinta dalla curiosità.

«La tintoria, hanno lavato un mio abito» rispose Annabelle. Quando sentì la bugia uscirle da bocca si sentì sollevata e sperava di non destare sospetti.

«E perché non lo hanno portato direttamente qua?»

Annabelle scoppiò in una stentata risata: «Questi alberghi! Non sanno mai come comportarsi»

Reiko riprese a bere il suo cappuccino. "L'ha bevuta" pensò Annabelle, tirando un sospiro di sollievo.

Annabelle si fiondò nell'armadio a muro, lo spalancò ed iniziò ad esplorarlo, come uno speleologo nelle caverne. "Questo no, quest'altro nemmeno ... questo è orrendo!" diceva mentre a terra si accatastavano Versace, Gucci, Valentino, in macchie di colore che, come vernice, tingevano il blu della moquette.

«Ma cosa stai cercando?» domandò Reiko, sorpresa dalla furia di Annabelle. Ma la donna non prestava molta attenzione alle parole di Reiko. "Eccolo! L'ho trovato finalmente!" disse, estraendo una custodia nera con apposte le iniziali "D&G". «È un "Dolce & Gabbana" originale, l'ho acquistato a Milano, in Italia. Quei due italiani sì che hanno gusto nel vestire una donna» diceva glorificando l'abito nascosto dal fodero.

L'abito era un tailleur rosa salmone con rifiniture in argento. Nell'atelier di Milano Annabelle aveva acquistato anche dei sandali alti argento con strass ed una pochette abbinata. L'indossò davanti al grande specchio all'ingresso della camera d'albergo. Il tailleur le fasciava la vita, scoprendola con una giacca molto corta. Era molto scollato, così Annabelle ne approfittò per indossare il diamante rosa da sei carati "Ora è perfetto!" pensò, compiacendosi dell'immagine riflessa.

Travolti dal destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora