Travolti dal destino

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La conferenza stampa era stata un successo, tutti avevano seguito con particolare attenzione il progetto umanitario della croce rossa francese: si fecero largo molti finanziatori interessati e interessanti.

"È fantastico!" esultò Sapphire, contenta dei risultati ottenuti.

«Eh sì, ci fanno beneficenza, scaricano le tasse ...» aggiunse Annabelle Miller, cinica.

«Che importa perché lo fanno? L'importante è ottenere i fondi necessari» rispose allora Sapphire, smussando il sarcasmo dell'amica.

«Sapphire, abbiamo bisogno dei vaccini, il rischio epidemia è molto forte». Sopraggiunse Amanda Clark, preoccupata per l'incolumità dei bambini «Una di noi dovrebbe ...»

«Vado io» rispose la donna. «Così passo a prendere Kabir. Sarò di ritorno tra un'ora al massimo».

Amanda Clark assentì.

In cuor suo Sapphire sperava di rivedere Edward Anderson. Si domandava cosa ci facesse proprio a Sumatra e cominciava a pensare alla casistica e a quante probabilità avessero due persone di rincontrarsi, dopo vent'anni, due volte in luoghi così diversi e lontani. Forse il loro amore meritava una seconda chance, meritava qualche pagina in più, a dispetto di quel finale strappato che la faceva sentire a metà. Allo stesso tempo aveva il timore che i sentimenti di Edward fossero cambiati: benché avesse provato un forte trasporto sotto il portico del Dorchester, i sentimenti dell'uomo potevano essere anche rabbia e rancore, per quel voltafaccia improvviso senza alcuna spiegazione. Non si sarebbe meravigliata affatto, se Edward l'avesse offesa e cacciata in malo modo. Temeva di trovarlo cambiato, di aggrapparsi al ricordo di un ragazzo che non c'era più. Nella peggiore delle ipotesi sarebbe scappata via piangendo, ma avrebbe messo in qualche modo la parola "fine" a quel tormentato rapporto che si ostinava a sopravvivere nei suoi sentimenti. Sì, aveva incontrato Edward Anderson per fare chiarezza nella sua testa e nel suo cuore, ritornando a Le Havre senza quel bagaglio di conflitti, incertezze e paure con cui era partita per Londra qualche giorno prima.

E se fosse andato a far visita solo un parente rimasto vittima del disastro? Forse a quell'ora era già andato via. Ma non importava, valeva la pena fare un tentativo. "Aveva una medicazione" pensò "Forse mi sbaglio" si disse, pensando che forse era il suo cuore ad alterare le immagini dei suoi ricordi.

Quel giorno la strada verso l'ospedale le sembrò più lunga di quanto in realtà non fosse. Sapphire premette sull'acceleratore della Jeep verde: i sassi e il sentiero scosceso facevano sobbalzare il fuoristrada che alzava un pulviscolo di terriccio dietro di sé, come un aereo in volo che lascia la sua scia nel cielo.

La donna indossava il camice bianco e la cuffia, aveva i capelli rigorosamente raccolti, in questo modo sarebbe passata inosservata al personale del Rumah Sakit Gleneagles, ciò le avrebbe permesso di cercare Edward indisturbata.

All'ospedale di Medan, la donna parcheggiò l'auto. Una volta dentro, si assicurò che Kabir stesse bene. "Non ci sono state complicazioni" disse il medico. "Se vuole, lo preparo per l'uscita" aggiunse l'uomo in camice bianco. "Va bene. Mi lasci solo il tempo di andare al campo. Devo prendere un pacco di vaccini" disse Sapphire. La donna mentiva, in realtà voleva solo scroccare un po' di tempo per cercare Edward. "Ma certo, vada pure" disse il medico.

La donna finse di allontanarsi e quando il medico si recò in un altro reparto, si sentì libera di investigare. Qualora fosse stata scoperta, avrebbe detto di aver già prelevato i vaccini e di essere ritornata con largo anticipo.

Mentre Sapphire girava furtiva tra le camere del reparto, si chiedeva cosa avrebbe dovuto dirgli e si domandava se era giusto cercarlo dopo tutti quegli anni o avrebbe fatto bene a lasciare sospeso il dolce ricordo del loro amore. Edward avrebbe cercato certamente delle risposte, risposte che Sapphire non gli avrebbe potuto negare, una volta incontrato, perché in fondo sarebbe stata lei a cercarlo.