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Nella Kandy Tea Room, in 4 Holland Street, Philippe Valois attendeva arrabbiato e impaziente tra tazze di tè fumante e caffè, torte e pasticcini, e sonanti stoviglie in una tipica atmosfera inglese. A dispetto delle varietà di tè, l'uomo aveva ordinato del vero cognac francese.

Il tintinnio di una campanella sulla porta annunciò l'arrivo di un cliente. Era una donna. Indossava un abito da pomeriggio nontiscordardime, avvolta da una morbida mantella bianca in tinta con i guanti, le scarpe e la cintura. I capelli raccolti e dei grandi occhialoni scuri conferivano alla donna l'aspetto retrò ed il fascino d'una signora d'altri tempi. Sedette al tavolo dell'uomo spazientito, si sfilò i guanti, tolse gli occhiali e li poggiò sul tavolo.

«Stavo per andare via!» disse l'uomo adirato.

La donna prese un menu, celando il suo volto dietro la lunga e svariata varietà di tè. Era nervosa, ma cercava di nascondere il suo stato d'animo leggendo con apparente disinvoltura il lungo elenco.

L'uomo le strappò di mano il menu: «Questo non è un gioco, Sapphire!».

Sapphire alzò lo sguardo, fissò i suoi occhi brucianti di rabbia e non ne comprendeva ancora il motivo.

«Pensavo ti avrebbe fatto piacere prendere un tè con tua moglie» disse, facendo cenno di chiamare il cameriere.

«Moglie! E da quando ti consideri mia moglie?»

«Perché dici questo, Philippe?».

«Perché è vero» le rispose Philippe Valois amaramente, bevendo il mezzo cognac rimasto sul tavolo.

«È lui il padre?» la freddò. Sapphire non si aspettava quella domanda. Così diretta, così violenta, bruciante come un proiettile a salve che esplode senza uccidere. Non credeva avrebbe avuto il coraggio di chiederlo.

«I signori vogliono ordinare?» irruppe la cameriera al tavolo.

«Vorrei un tè a limone e dei biscotti olandesi».

«Per lei Signore?» chiedeva la ragazzina, appuntando su un blocco l'ordinazione.

«Un altro cognac» le disse invece Philippe, mostrandole il bicchiere mezzo vuoto.

La cameriera andò via.

«Non dovresti bere a quest'ora». Sapphire cercava di mantenersi calma, almeno in apparenza, prendeva del tempo, ma sentiva il cuore accelerare in petto.

«Sei una donna intelligente, Sapphire. Sarebbe un'offesa alla tua stessa intelligenza continuare a mentire. Finiamola con questi giochetti».

Sapphire lo guardò negli occhi, le sue labbra turgide un po' imbronciate erano serrate.

«Volevo darti la possibilità di dire la verità. Lo farò io». Sorseggiò l'ultimo goccio di cognac, mentre cercava il porta sigarette nella tasca interna della giacca.

«Non posso avere figli».

«Cosa? Ma è impossibile...» sibilò Sapphire, incredula.

«Variocele. È una certezza» bevve ancora, ma il bicchiere era ormai vuoto: «Credevi davvero che non sapessi che tu aspettassi un bambino quando ti ho sposato?».

La donna restò in silenzio.

«Se ho deciso di sposarti era solo perché credevo non l'avresti mai più rivisto, ed io avrei avuto l'agognato figlio che non posso avere» poi domandò, accendendo una sigaretta, ignorando il divieto di fumo: «Lui sa?»

Sapphire restò in silenzio.

L'uomo si alzò e fece per andarsene.

«Aspetta!» Sapphire gli strinse il braccio. «Non sa nulla» rispose, tenendogli il braccio.

«Lasciami».

«Tu lo sapevi...». Lo guardò con disgusto. Paradossalmente si sentiva presa in giro e meno colpevole.

«Le scuole migliori, le borse di studio, Harvard... Era tutta scena per tenerlo lontano da me, da noi! Non sopportavi di vedere giorno dopo giorno quanto somigliasse sempre meno a te!».

«Ti sbagli» replicò Philippe, liberandosi dalla presa: «Voglio bene a Nicolas. L'ho sempre considerato mio figlio e resterà tale» poi proseguì dicendo: «Provvederò ampiamente a te. Il contratto prematrimoniale prevede...».

In un istante tutte quelle parole svanirono, si sentiva rinchiusa nella camera acustica della sua solitudine. Sapphire non riusciva ancora a credere alle sue orecchie: il suo matrimonio si stava sfaldando come un edificio in fiamme che crolla su se stesso. Erano stati anni di finzione, di apparenze, una recita ad uso e consumo del mondo intero, affinché tutti sapessero quanto il Conte Philippe Valois e la Contessa consorte fossero felici. E adesso tutte quelle finzioni e recite erano finite, al caro prezzo di vent'anni della propria vita gettati al vento.

«Io non voglio il divorzio» disse decisa la donna, ma nel suo tono trapelava ugualmente una vaga incertezza.

«Sapphire, da quanto non facciamo l'amore?».

Neanche lo ricordava da quanto. Philippe Valois era sempre in viaggio per affari, ciò tuttavia le permetteva di essere una donna libera, di essere se stessa, Sapphire Johnson, la donna che amava i fiori di campo e passeggiare sotto la pioggia. Probabilmente erano quei viaggi di lavoro che avevano permesso al suo matrimonio di sopravvivere alla corrosione del tempo e sottrarsi alla monotonia. Quando invece Sapphire era la Signora, o meglio, la Contessa Valois, una girandola di impegni sociali, prime teatrali, mostre, convegni, una lunga strada di tappeti rossi, abiti da sera e sorrisi fasulli, tutto per ostentare quella felicità, che in realtà non c'era.

«Avrai un appartamento a Parigi, o se vuoi a Londra, a casa tua. Spendi quanto vuoi per arredarlo. Ti sarà passato un assegno mensile, ho già pensato a tutto. A Nicolas provvederò io».

La donna non aveva scelta. Tutto quello che le restava era un futuro da vecchia signora in un grande appartamento in centro. Desiderava la libertà, ma non voleva che "il divorzio del secolo", ancor più delle uscite pubbliche e dei tappeti rossi, le rovinasse la vita, seguita ovunque dall'etichetta di "ex moglie di...". Philippe era un uomo potente, aveva amici ovunque, nei campi più disparati, e se solo avesse voluto le avrebbe potuto rovinare la vita, per sempre.

Ma Sapphire non poteva mostrarsi debole di fronte all'autorità e l'arroganza dell'uomo, così si alzò di scatto, i suoi occhi di ghiaccio lo fissarono con aria di sfida: «Non è figlio tuo, e non me lo porterai via!» digrignò furiosa. Se prima timidamente non voleva rivelarglielo, adesso voleva che se ne ricordasse.

«È un Valois!» urlò Philippe, battendo i pugni sul tavolo, attirando su di sé gli sguardi impietriti della gente in sala.

«Sei ubriaco!» la donna si apprestò ad uscire.

«Sei una miserabile sgualdrina. Te ne farò pentire»

La donna gli diede uno schiaffo: «Sta alla larga da me e da mio figlio o ti giuro...».

«Cosa?».

Ma Sapphire si voltò, senza continuare. Come alla fine di un ring, la campanella sulla porta suonò, la donna era uscita, e forse aveva vinto il primo round.

Philippe Valois accusò il colpo, e con una guancia livida meditavavendetta. "Te ne pentirai" sibilò, poi anch'egli si apprestò ad uscire infretta dalla sala.

Travolti dal destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora