In un angolo remoto della sua Villa Edward Anderson si nascondeva nel buio delle sue sconfitte. Seduto a terra, contro un muro, la testa poggiata pesante alla parete, le mani sul viso, coprendo la disperazione, a terra un mucchio di fogli sparsi. Aveva fallito, l'impero che aveva costruito si scioglieva inesorabilmente, schiacciato dall'ingente peso dei debiti e nutrito dai crescenti tassi di interesse; nel giro di pochi mesi avrebbe dovuto dichiarare bancarotta, vedere il suo patrimonio confiscato e venduto all'asta e la Ederson crollare. Ma ciò che maggiormente lo preoccupava era che Sapphire avrebbe saputo tutto. Le sarebbe bastato leggere i giornali, e inevitabilmente avrebbe pensato se fosse valsa la pena mandare tutto all'aria per un impero che ora non c'era più. D'altra parte lo consolava il fatto di non averla trascinata con sé in quel dissesto economico, non se lo sarebbe mai perdonato se Sapphire fosse stata sua moglie e avesse dovuto comunicarle di non possedere nulla.
"Perché sono stato così pazzo? Perché?" si chiedeva, battendo la testa contro il muro, facendo ammenda sul denaro investito male. Avrebbe voluto punirsi, infliggersi una pena corporale ma temeva di essere troppo debole e vigliacco per farlo.
A terra, tra le fatture, scadenze, bollette c'era la busta di Sapphire Johnson. L'uomo la fissava, come il punto focale della sua vita che era sparso disordinatamente sul quel pavimento, ombre di luce che macchiavano il marmo e la sua vita.
Tutta la sua esistenza era riassunta in quelle pagine stampate: clausole e firme, nient'altro. Nessun affetto, nessuna moglie, nessuna maledetta famiglia che avrebbe potuto sostenerlo in quell'istante. Si sentiva come un criminale in arresto, condannato all'ergastolo, dopo essere fuggito per lungo tempo in una latitanza clandestina.
"Sarei stato un buon padre" si diceva, continuando a fissare la busta di Sapphire "Lo sarei stato".
La sua coscienza gli impediva di mentire a se stesso, di nascondersi ancora dietro la storia del voler cambiar vita e far soldi per il bene della sua famiglia. In realtà Edward era proprio da quella famiglia che intendeva fuggire: da quei problemi che fin da bambino era stato costretto a comprendere, da quell'infanzia vissuta a metà, da quell'esistenza divisa tra adolescente spensierato e piccolo adulto. Era così che Edward ricordava la sua non-infanzia, rammentava se stesso come un bambino che "avrebbe voluto", ma non poteva volere, che spesso nessuno ascoltava: spesso raccontava entusiasta le sue giornate. "Sì, sì certo" rispondeva sua madre ascoltando distrattamente le sue narrazioni rassettando casa: "Mi passi l'aspirapolvere?".
Ricordava se stesso come un bambino che aveva imparato a zittire i suoi sentimenti, i suoi sogni, che inventò un amico immaginario che lo sentisse e lo consigliasse, che giocasse con lui e si interessasse a ciò che aveva da dire.
Spesso a casa di Edward si sentiva gridare, erano le urla di sua madre nei tanti e troppo frequenti scatti d'ira; tanti erano i motivi, a volte banali, a volte no, eppure a casa di Edward si gridava tutti i giorni. Ma Edward non lo scriveva nelle relazioni in classe, né lo raccontava agli amici; teneva dentro di sé tutta quella angoscia, quel dolore, la paura quotidiana di ritornare a casa e trovare una nuova guerra. Era come se tutti in quella casa fossero stati sull'orlo di fare un gesto estremo, da un momento all'altro, un gesto mettesse finalmente in qualche modo la parola fine a quel vivere quotidiano.
A scuola, con i professori, con gli amici, con quel piccolo mondo esterno intorno a sé, Edward fingeva di essere un'altra persona e che la sua fosse una di quelle famiglie da spot televisivo. Gli faceva piacere sapere che gli altri lo credessero felice, ma soprattutto normale, che le ombre di quel dolore non fossero visibili e, benché farsi carico di quel fardello era spesso un'impresa insostenibile, a denti stretti guardava avanti, certo che sarebbe stato ancora per poco.
Dopo il liceo il ragazzo s'iscrisse alla facoltà di Legge, sperava di laurearsi in fretta e diventare in poco tempo un promettente avvocato, ma prendere degli ottimi voti richiedeva tempo e pazienza, e non poteva permettersi di assistere inerte alla degenerazione della serenità della sua famiglia.
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Travolti dal destino
General FictionSapphire e Edward si erano amati, ma il loro era un amore interrotto. Una sera qualsiasi si incontrano per caso ad un party di beneficenza, sconosciuti ormai nella notte, ritrovando però quell'antica fiamma e passione che li aveva sorpresi vent'anni...