01 || Tutor

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Arrivo a scuola e sento già il peso della giornata sulle mie spalle, perché sono venuta? Non posso non chiedermelo quando entro nella classe al secondo piano in cui ho passato gli ultimi quattro anni della mia vita. La mia vicina di banco nonché migliore amica mi saluta con un sorriso e mi porge il suo caffè.
«Compiti per oggi?» Chiedo porgendole la ciambella che ho portato da casa.
Da quando la conosco Virginia mi aiuta sempre nei compiti, lei ha sempre avuto una passione per lo studio, la conoscenza e tutto ciò che concerne le materie umanistiche. Si vede da come si esprime, da come scrive i biglietti di auguri a natale e dai suoi sproloqui infiniti.
«Chimica e inglese» mi batto una mano sulla fronte, ho dimenticato i primi come al solito. «Ti lascerei copiare ma temo
che...» con un cenno del capo indica il professore che entra dalla porta e sbatte con grazia muflonesca* la valigetta sulla cattedra.

«Ragazzi mi hanno già fatto arrabbiare in quinta A, quindi cercate di non urlare e fare domande stupide» detesto quando scarica su di noi la frustrazione per il suo lavoro sottopagato.
«Mi scusi ma non è colpa nostra se in quinta non sanno comportarsi» dico ricevendo occhiate di apprezzamento e un mini applauso da Virginia accanto a me e qualche compagno.

«Signorina Fermi la classe non ha bisogno di un avvocato» mi zittisce senza nemmeno pensare a quello che ho detto.
«Lo so, ma non è giusto che lei per quei cinque minuti passati in quinta arrivi arrabbiato già alla prima ora» odio non intervenire quando posso, sono stata zitta per troppo tempo per poi capire tutte le occasioni di parlare che avevo perso.
«Senta è così che funziona e i vostri colleghi di quinta lo sanno, che ne dice invece di venire alla lavagna a correggere i compiti?» Come al solito la soluzione non è parlarne con l'alunna, ma sbatterla davanti alla classe per interrogarla, che maturità.

«Non li ho» ammetto sostenendo lo sguardo quasi felice del settantenne. «Lei ha una buona testa e una lingua lunga ma dovrebbe applicarsi Fermi» non replico, lasciando che vada avanti con la lezione. 
Vorrei dirgli che non mi serve la chimica, che non è quello il mio sogno, il mio destino. Che io voglio viaggiare e per questo mi servono soldi e quindi un lavoro, non delle inutili dissociazioni ioniche. Eppure so che non capirebbe, nessuno capisce.
Quando lo strazio della correzione termina, la campanella è già suonata da qualche minuto ma il professore non accenna ad andarsene. Si avvicina al mio banco e appoggia la mano sul legno chiaro del piano. «Non si può vivere sempre di rendita. Pensavo che qualcuno con cui studiare le farebbe comodo, alla settima ora venga in sala professori e le presenterò qualcuno» sa che non ci andrò mai, quindi aggiunge «chiamerò sua madre per avvisarla che ritarderà» annuisco. Cos'altro posso fare?

Lascio che le seguenti cinque ore mi scivolino addosso come acqua e indosso il mio impermeabile migliore per evitare di stare attenta. Al suonare melodico dell'ultima campanella della giornata, un sorriso si forma sul viso di tutti, tranne per me, che sarò costretta a conoscere qualcuno. Per qualcuno che si potrebbe esagerando un po' definire misantropo come me, è peggio che per altri.
«So che hai le capacità per farcela, cerca di non defenestrarli» scherza Virginia fermandosi a lato del corridoio per non venire travolta. Guardo con speranza le cuffie che sta districando, immaginando quando potrò finalmente infilarle anche io e rinchiudermi nel mio mondo.
«Sei pronta per la defenestrazione di Milano?» Lei sorride e mi lascia un bacio sulla guancia, per poi inserirsi nel flusso di ragazzi che scendono lenti le scale.

Aspetto che la scuola si sia quasi svuotata ed entro nella sala, dimenticandomi di bussare e sorbendomi le occhiatacce dei professori al suo interno. Trovo subito il
prof di chimica, che è affiancato da un ragazzo che non ho mai visto prima.
«Fermi le presento Bravi, un ragazzo di quinta che la aiuterà a rimettersi in pari con il programma che ha perso negli ultimi mesi» mi lancia un'occhiata e io fingo di non coglierla. Sposto lo sguardo più in alto e incrocio lo sguardo di Bravi, che mi sorride appena, porgendomi la mano.
«Che formalità» mi lascio sfuggire a metà tra una battuta e un lamento, lui non ribatte. «Posso andare ora?» Li guardo entrambi e il professor annuisce «arrivederci» mi rivolgo a entrambi, ma noto che Bravi mi segue.

«Cosa fai mi pedini?» Chiedo appena uscita dal cancello che separa la libertà dal suo opposto.
«Pensavo che potremmo iniziare già oggi a parlare e vedere su cosa lavorare, va bene se lo facciamo a casa tua?» Vorrei urlargli contro che non faccio entrare gli sconosciuti in casa mia, che è qualcosa di troppo intimo, la mia comfort zone, mi ritrovo a controbattere.
«Non penso che questa storia porterà a nulla di buono quindi perché non lasciamo perdere? Racconta quello che vuoi al professore» sospiro e lo guardo un momento, aspettando la risposta. Alla luce del sole mi accorgo di quanto la sua pelle chiara sia simile alla mia e del colore intenso delle iridi verdi. Sembra un po' fuori posto, come se non appartenesse al corpo di un ragazzo di diciannove anni di un metro e novanta, ma a quello di un alieno.

«Il prof ha detto che mi valuterà per questo, quindi se permetti non sono d'accordo. Senti so che non ti piacciono le imposizioni, ma non dobbiamo stare chiusi al buio a copiare libri su libri, insomma potrebbe essere quasi divertente dai» sorride appena e io lo guardo a braccia incrociate, interdetta.
«Sappi che tutto ciò non mi fa piacere e non ne uscirà fuori niente di buono» sospiro, perché in fin dei conti lui è stato costretto come me e a sembra importargli molto della valutazione.
«Io invece sono entusiasta» ironizza.

Pochi minuti dopo siamo sul tram che porta a casa mia e io mi ritrovo a pensare delle stupidaggini.
«Perché ridi?»Michele mi guarda come se fossi un alieno venuto da Plutone.
«Sono così simpatica che rido delle mie stesse battute mentali» sorrido al pensiero della cazzata che ho appena detto, lui scuote la testa.

n/a:
Spero che la prima parte di questa storia vi sia piaciuta, vi invito a dirmi cosa ne pensate nei commenti :)

in questo primo capitolo si inizia a intravedere la passione di Ariana per i viaggi, ovviamente non è una soluzione sostituire il lavoro alla scuola per questo desiderio. Infatti vorrei, anche se è un impresa, trasmettere il messaggio che appunto studiare in questi casi è importante proprio per raggiungere i propri obbiettivi.

*con la gentile partecipazione di _Rachelswords 

xx
C

Feelings||Michele Bravi (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora