21 || Carta da parati

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Quando arriviamo al Cinetown, guardandomi intorno vedo solo ragazzi che seduti in cerchio, sembrano intenti a pregare, anche se sospetto non sia quello il loro intento. Una musica troppo forte per i miei gusti ci raggiunge e riconosco le prime note di Silence (Marshmello feat Khalid). I quattro o cinque ragazzi, rigorosamente maschi e tutti vittime dello stesso marketing, si voltano e ci guardano arrivare.

Lorenzo accanto a me alza la mano in segno di saluto e gli altri si alzano per venirgli incontro e salutarlo. Hanno tutti lo stesso stile: cappellini ridicoli da rapper falliti, magliette troppo larghe e pantaloni in cui entrerebbero due persone. Tutti tranne Lorenzo, che indossa ancora i suoi jeans e una camicia bianca un po' spiegazzata. Appoggiano gli skate sul cemento mal uniformato e con un rumore troppo forte, che spezza il magico silenzio di una notte stellata, si avvicinano.

"Ora capisco perché non mi hai detto di più" sussurro a Lorenzo che mi tranquillizza con un gesto della mano.
Ci avviciniamo e lui impiega meno di trenta secondi a gettarmi nell'imbarazzo più totale.
"Ragazzi, lei è Ariana. Ari loro sono Fabiano, Luigi, Marco ed Emil." mi presenta mettendomi al centro dell'attenzioni di avrei quattro ragazzi che avrei preferito non conoscere. È sempre faticoso inserirsi in un gruppo già uniformato, che ha delle abitudini e dei piccoli riti tra di loro. Ho sempre odiato essere la nuova entrata in un gruppo, ammiro molto le persone che riescono ad inserirsi e diventare parte integrante.
Io non ci sono mai riuscita, il massimo che riesco a fare è diventare carta da parati e fingere di essere sempre stata lì. Un elemento innocuo, che c'è ma non si nota più di tanto. Ecco, in questo momento mi sento come una carta da parati, scura e cupa che rende gli ambienti poco accoglienti e tristi.

Osservo velocemente i ragazzi e attraverso il filtro di malinconia che ho davanti agli occhi mi sembrano l'uno la copia dell'altro, tutti uguali e interscambiabili, anche se forse mi sbaglio. Non ho mai avuto nulla contro gli skater, ma mi sono sempre sembrati una categoria a sé stante nella quale gli esterni non sono benaccetti.

"okay, vai ragazzi!" esclama Lorenzo e tutti lo seguono verso una rampa ricoperta di graffiti colorati. Resto immobile ad osservarli per più di un'ora e mi sorprendo di quanto diventino ipnotici gli stessi movimenti ripetuti numerose volte.

"vuoi provare?" Una voce mi coglie di sorpresa spaventandomi. Sobbalzo e il ragazzo biondo davanti a me ride, in modo leggermente sguaiato, ma coinvolgendo tutti il corpo in una risata che lascia trasparire gioia. Mi pare si chiami Emil, ma non ne sono sicura.
"Nom sono sicura, non ho mai fatto niente di simile prima" mi porge la mano ed io la stringo un po' dubbiosa.

"Insegnare non è il mio forte" sorride imbarazzato e mi porge la tavola azzurra con una scritta a me incomprensibile sopra "però mi spiace lasciarti in disparte" per la prima volta qualcuno nota la carta da parati. Rimango un po' sorpresa da quell'affermazione, solitamente la gente mi etichetta come ribelle o poco di buono senza neanche pensare a quello che sono: una persona.

"Vieni" dice mostrandomi come si poggiavano i piedi e in pochi minuti riesco a stare in equilibrio, con l'aiuto di un muro al quale mi reggo per non cadere.
Per cercare di non cadere, fare una figuraccia, farmi male e rovinare lo skate di Emil, concentro tutte le mie energie su quello che sto facendo e per qualche secondo mi sento in pace. Non avrei mai pensato di trovarmi in una pista da skater, a Roma, con un ragazzo di cui conosco solo il nome e sentirmi un po' più leggera.

Parlo con Elia per tutta la serata dei temi più svariati e dopo un'ora ci scambiamo i numeri di cellulare. È una cosa che solitamente non farei, ma l'energia positiva che emana questo ragazzo è proprio il contrario di quello che sono io: un insieme di problemi.
"Cosa ti ha portata a Roma?" Lo chiede con un'innocenza e una tranquillità che mi lasciano a bocca aperta, ma infondo è normale, non può sapere cos'è successo.

"Problemi di cuore" rispondo fin troppo sinceramente "ma preferirei non parlarne. Piuttosto, tu come hai conosciuto Lorenzo?" Mi racconta la bella storia della loro amicizia e io mi lascio incantare dal legame che nascondo i due ragazzi.
La nostra chiacchierata viene interrotta dal moro in questione che ci raggiunge e mi propone di andare.
"In realtà non si sta così male qui" ammetto senza sapere nemmeno io perché l'ho detto. Mi volto a guardare gli occhi castano scuro del mio vicino e mi rendo conto del motivo.

Feelings||Michele Bravi (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora