26 || Treno

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Davanti ad una delle ultime carrozze del treno, una delle peggiori della terza classe, abbraccio Lorenzo così a lungo che temo di averlo annoiato.
"Ti voglio bene, grazie di tutto davvero" lo stringo più forte un ultimo secondo e poi mi allontano.
"Figurati, è stato fantastico averti qui per qualche giorno! Dobbiamo rifarlo" mi sorride e mi porge un pacchetto "ti chiedo solo un favore, potresti darlo a Sofia? So che vederla senza i contatti con lui non è facile, ma posso darti il suo numero così potreste vedervi..." sembra un po' in imbarazzo a chiedermelo e le sue guance sono leggermente più colorite.

"Certo non ti preoccupare! Tu mandami il suo numero appena puoi e io cercherò di darglielo il prima possibile" lo appoggio con cura sulla valigia lo fermo con un elastico per capelli al manico, un po' precario ma basterà per qualche minuto.
"Ciao" saluto Emil con un sorriso enorme che campeggia sul mio volto. Allarga le braccia e io mi lascio stringere e lo faccio a mio volta. In quella calda morsa sento che qualcosa dentro di me in questo giorni è cambiato. Se fossi rimasta a casa mia probabilmente sarei ancora in lacrime con del gelato in mano.

Ora invece mi sento un po' a pezzi, ma riesco a ridere e gioire anche senza pensare a Michele.
"Ci sentiamo" dice prima di lasciarmi "e ci vediamo presto" sorridiamo entrambi.
Salgo sul treno un po' frastornata, ma vengo subito trascinata con prepotenza nella realtà dai tre bambini che scorrazzano per la carrozza, dal neonato che non smette di piangere, due ragazzi che ascoltano musica senza cuffie e due persone al telefono che pensano di parlare con un quasi sordo a quanto pare.
Non posso fare altro che sistemare la valigia nello scomparto apposito sopra il mio posto, infilare le cuffie e far partire End Up Here (5 Seconds of Summer).

You walked in everyone was asking for your name
you just smiled and told them trouble...

La musica mi rapisce e subito mi metto a pensare a come sono effettivamente finita qui. Rifletto su quanto la mia vita sia cambiata in così pochi mesi, a come una persona può realmente capovolgere l'esistenza di qualcun altro. Proprio sul più bello quando i miei pensieri si basano su concetti sempre più astratti, il sonno approfitta della mia stanchezza e i miei occhi si chiudono praticamente da soli.

Una mano al momento a me sconosciuta mi batte con delicatezza sulla spalla e per un attimo penso di essere a Roma, nell'appartamento di Lorenzo con lui o quell'altro disgraziato del suo amico che mi battono addosso per infastidirmi.
La realtà è molto meno romantica e divertente e si tratta solo di un'anziana signora che mi chiede se si può accomodare di fronte a me. Annuisco un po' infastidita e mi accorgo che fuori dal finestrino si iniziano a scorgere nel buio della sera le prime luci di Milano.

Sistemo sciarpa cappello e cappotto e quando ho finito stiamo entrando in stazione Centrale, dove mi dovrò preparare a cercare mio papà nella folla. Ecco cosa succede a non concordare un punto d'i contro.
La voce metallica negli altoparlanti annuncia il nostro arrivo in ritardo e io cammino a ritmo della fila di passeggeri lungo il corridoio e scendo con non poca fatica dalle scale, trascinandomi dietro la valigiaZ

Le cuffie lasciano ancora andare End up Here dopo alcune ore di riproduzione ripetuta. Per fortuna individuo mio papà accanto all'uscita, appoggiato alla macchina nera che non mi era affatto mancata. Velocizzo il passo e anche lui mi viene incontro e appena è abbastanza vicino mi abbraccia. "Come va? Tutto bene in viaggio? Hai mangiato qualcosa?" Mi riempie di domande, ma io non mi lamento visto che capisco quanto posso essergli mancata realmente.

"Tutto bene, tutto bene ho mangiato un panino prima di partire, ma non ho molta fame" lui mi propone tutti i diversi tipi i cena che gli passano per la testa, ma quando arriviamo a casa dopo un'ora di traffico milanese, io non ho ancora fame.
"Ariana" la voce di mia mamma mi riempie il cuore di una sensazione piacevole, famigliare, calda, accogliente. Anche se sono passati solo quattro giorni e non lo ammetterò mai, mi sono mancati.

La serata trascorre tra migliaia di domande e risposte troppo dettagliate. Dopo un po' di tempo però, i miei entrano in un discorso che avrei preferito non dover sentire. Mi dicono con tutta la delicatezza di cui sono capaci che Michele è in ospedale, che ha avuto un incidente non troppo grave, ma che è stato ricoverato per qualche giorno.
Mentre cerco di elaborare quello che mi hanno detto senza lasciar trasparire le emozioni travolgenti che mi colpiscono, una sola domanda mi frulla nella testa:

How did we end up here?

Feelings||Michele Bravi (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora