27 || Genitori

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Il giorno dopo cerco di svegliarmi ad un orario decente e dopo una colazione abbondante preparata da mia mamma come bentornato, munita di pass per la metro e abbonamento del tram mi reco all'ospedale dove hanno ricoverato Michele.
Quando arrivo la struttura sulle tonalità del marrone e rosso scuro mi sembra più grande di quello che è. Mi sento piccola, indifesa, inutile davanti a quell'insieme di dolori e malattie che include anche guarigioni e gioie. Lacrime, che siano di gioia o dolore, penso che gli ospedali e aeroporti siano i luoghi che vedono più lacrime.

Appena raggiungo la stanza indicatami da un'infermiera dove si trovava Michele, trovo due persone davanti alla porta, un uomo e una donna che presumo siano i suoi genitori.
"Buongiorno" con non poche difficoltà li raggiungo e saluto.
"Buongiorno" la voce della donna è forte e decisa.
"Sono venuta qui per visitare Michele, ci siamo conosciuti qualche mese fa e siamo subito diventati amici. Sono Ariana" le porgo la mano e lei la stringe con un mezzo sorriso.

"Certo, entra pure ma se riesci non svegliarlo, si è appena addormentato e gli fa solo bene riposare. Io sono Giovanna" annuisco e abbasso la maniglia, faccio qualche passo sul pavimento in resina e lo scorgo dietro il primo paziente che siede sul lettino. Lo supero e quando lo vedo per intero, mi si stringe il cuore: ha un braccio ingessato, una gamba tenuta in alto da una fasciatura, una serie indefinita di taglietti sul viso e alcuni lividi bluastri sulle braccia.

Sento il rumore della strada in lontananza, il vociare delle infermiere nei corridoi e la voce di Giovanna che parla con il marito cercando di non farsi sentire, eppure tutto mi sembra così lontano. Non riesco a non pensare a nulla che non sia lui, a non stringermi nelle spalle per sentirmi più sicura. Mi sento fragile, come lui e per la prima vota nella mia vita provai un'empatia travolgente.
Faccio un passo verso di lui e appoggio la mano sul suo braccio sano, facendo ben attenzione a non svegliarlo. La pelle è fredda e mi fa una certa impressione, provo quindi a dargli una carezza e lui non sembra muoversi.

Dopo alcuni istanti mi siedo sulla sedia accanto al letto e mi fermo a osservarlo, seppur possa sembrare un gesto inquietante mi rilassa e mi fa tornare un po' di speranza.
Una dozzina di minuti dopo esco dalla stanza e mi sistemo accanto alla mamma di Michele, per provare ad essere cortese.
"Si è svegliato?" Chide con gli occhi stanchi ma la voce piena di forza.
"No ho fatto attenzione" sorrido "lei come sta, anche se posso immaginare" la vedo quasi stupita da quel gesto di solidarietà.

"Insomma, ho dovuto mollare tutto per venire qui e non è ovviamente per una gita di piacere. È colpa nostra se c'è stato l'incidente, non abbiamo cambiato la vecchia macchina malandata a Michele e ora ne paghiamo le conseguenze"
"Non è colpa di nessuno purtroppo, anche se sarebbe più facile prendersela con una persona. Sicuramente la colpa non è dei suoi genitori" sorride appena e mi appoggia la mano sul braccio.
"Grazie, parlami un po' di te e Michele invece, come vi siete conosciuti? Sai io e lui non parliamo molto, quindi non saprei riconoscerti"

"È stato il mio tutor per un periodo e ci siamo avvicinati davvero molto, abbiamo litigato poco fa, ma era per una sciocchezza e ora mi pento di non aver provato a ragionare" annuisce.
"Purtroppo è una persona molto permalosa, ma se ci tiene non si fa problemi a scusarsi, vedrai che si sistemerà tutto" un medico si avvicina e chiede di parlare con la signora, io quindi la saluto e mi allontano.
Nel corridoio incrocio suo papà al telefono e lo saluto con un cenno che lui ricambia.

Esco e faccio un profondo respiro, provo a sentirmi meno pesante, senza riuscirci.

Feelings||Michele Bravi (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora