10.

79.3K 3K 56K
                                    

THOMAS

Jackson non era in casa.

Doveva immaginarlo, era sabato sera.

Aveva guidato fino a Soho, fino al suo loft. Sperava disperatamente di trovarlo al suo appartamento ed era rimasto attaccato al citofono, suonando insistentemente, ma le finestre erano tutte buie oltre le grandi vetrate.

Sbuffò nel frenare al semaforo rosso per colpa di un imbecille che tentennò indeciso al segnale giallo. Il traffico era infernale. Si accese una sigaretta, certo che il suo migliore amico lo avrebbe perdonato. Alla radio passarono una canzone di James Bay, e nell'ascoltarne le parole gli parve che l'asfalto si aprisse sotto i pneumatici per inghiottirlo.

«...And as soon as I can hold you once again I won't let go of you, I swear... But I've made up my mind We can't leave us behind anymore...»

Mentre procedeva, districandosi tra i serpentoni di automobili e luci in movimento, il peso di quella verità lo frantumava.

«...Your hands are cold, Your lips are turning blue, you're shaking...»

Anche le mani di Jackson erano fredde.

«...We'll have to hurt for now But next time there's no doubt... 'Cause I can't go without you anymore...»

Spense la radio con un gesto deciso. Non era quello il momento per canzoni dai testi riflessivi e dolorosamente veri.

Quando finalmente arrivò a destinazione, svoltò nel vicolo vicino al The Whisper dove avevano parcheggiato la prima volta. Una ressa sostava davanti al locale, attendendo di poter entrare: ci avrebbe messo ore, ma non poteva aspettare un solo secondo. Sventolò alla guardia accanto all'ingresso il pass della Hall Publishers United e quello gli fece cenno di entrare, sganciando il cordone bordeaux.

Il calore intenso del riscaldamento e del sovraffollamento gli fece lacrimare gli occhi: dentro c'era odore di alcool e un vago, pungente tanfo di sudore. Doveva trovarlo. La musica altissima gli rimbombava nel petto, mozzandogli il respiro: un giovane sul palco mixava alla console la melodia incalzante di violini suonati magistralmente da due ragazze dai lunghi capelli rossi.

Facendosi largo tra la folla di clienti controllò ogni tavolo e ogni privè, ignorando gli sguardi infastiditi di chi si sentì violato dalla sua intrusione.

Non sembrava esserci traccia di Jackson.

Si passò le mani tra i capelli, in preda ad un attacco di panico. Doveva fare qualcosa. Doveva trovarlo. Stai calmo. Pensa. Scorse Aiden Sparks intento a servire cocktails, destreggiandosi in una giungla di braccia che sventolavano scontrini verso di lui. Urlò, cercando di attirare la sua attenzione, ma non lo udì o forse lo ignorò. Thomas aggirò il bancone e fregandosene delle regole, scavalcò agilmente lo sportello basculante.

Perrie si voltò di scatto. «Ehi! Sei impazzito? Non puoi stare qui dietro! Vattene prima che il mio capo ti ved...»

Aiden li raggiunse con fare minaccioso, scansando la ragazza: «Sei lo stronzetto che si è ubriacato gratis con la mia vodka.»

«Sono anche lo stronzo grazie al quale la fila fuori dal tuo locale è infinita.»

Le vene sul collo di Aiden si gonfiarono: «Sparisci dalla mia vista o giuro che ti spacco una bottiglia in testa. La mia gentilezza e la mia sopportazione hanno una scadenza, e le ho consumate entrambe la sera dell'articolo. Non aspettarti altro da me.»

«Sto cercando Jackson James Turner» disse tutto d'un fiato.

Il viso dell'altro s'indurì: «Perché lo cerchi? Che cosa vuoi da lui?»

You Make Me Ache I Crave YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora