5 Dicembre. Thailandia.
JACKSON
Com'era vivere senza paura e senza dolore?
Com'era riuscire a respirare senza doversi contorcere sul pavimento alla ricerca di ossigeno?
Non ricordava.
A stento distingueva il giorno dalla notte, la luce dal buio e il proprio riflesso nello specchio.
Era un'ombra. Solo un'ombra.
Quanto tempo era passato da quando aveva lasciato Londra? Sei giorni. Quello non poteva dimenticarlo. Ogni ora trascorsa lontano dall'amore della sua vita lasciava una cicatrice su di lui e lì, in Thailandia, aveva scoperto che esisteva un abisso più profondo e più buio di quello della droga. L'abisso dell'astinenza che divorava ogni pensiero razionale, ogni istinto, ogni cosa.
«Devi mangiare, Jackson.»
Sollevò le palpebre e dovette sbatterle per riuscire a vedere attraverso il velo di lacrime e sudore il volto scuro di X. «No.»
«Mangia qualcosa e poi usciamo a fare una passeggiata. È una splendida giornata oggi», ripeté, spingendo verso di lui il vassoio.
Una splendida giornata, certo, ma a lui non importava.
Guardò oltre la porta finestra del bungalow, scorgendo la spiaggia privata bagnata dal mare del Golfo di Siam. «Questo posto è un inferno travestito da paradiso e lo odio», gemette, premendosi le mani sulle orecchie.
Il suo inferno si chiamava Hope Rehab Center.
Arrivando in macchina da Bangkok, sembrava di raggiungere un esclusivo resort di lusso immerso nella fitta vegetazione, affacciato su una spiaggia di sabbia finissima e bianca. Il personale vestiva lunghe tuniche in morbida seta grezza e si muoveva per le sale adorne di candele profumate e orchidee. Apparentemente un paradiso, ma di speranza tra quelle pareti non c'era traccia.
«Jackson?»
Scosso da violenti tremori, si rannicchiò tra il letto e l'armadio.
Voleva nascondersi e trasformarsi in un'ombra per non sentire il sangue scorrergli nelle vene, denso e doloroso. Da quando era iniziato il processo di disintossicazione, era come se dentro di lui ci fosse qualcosa di vivo che lo divorava, pezzo dopo pezzo.
I primi due giorni erano stati facili da sopportare.
Leggermente intontito dal fuso orario, dal viaggio e dalla nostalgia ossessiva per Thomas, l'astinenza era stata solo un fastidio sordo di sottofondo, plasmato dalla noia e dalla solitudine.
Abigail e Sophia erano ripartite immediatamente per Tokyo portando con loro Sammy, e lui era stato esiliato dal mondo al quale apparteneva.
Niente cellulare.
Niente computer.
Nemmeno la sua macchina fotografica.
Tediato dalla monotonia, aveva partecipato a un paio d'incontri di gruppo, sentendosi un perfetto idiota seduto in cerchio con altri pazienti ad ascoltare i monologhi della psicologa. Sapeva che sarebbe arrivata la fase critica, ma per qualche insano motivo l'apparente silenzio dell'astinenza e il ritardo nel manifestarsi dei primi sintomi lo avevano convinto che sarebbe andata diversamente.
Si sbagliava.
All'alba del terzo giorno erano iniziate le crisi fisiche. Si era svegliato nel bel mezzo della notte con il respiro affannato, come se avesse corso per ore, completamente sudato, i capelli grondanti e gli abiti appiccicati addosso. Al primo sorso d'acqua aveva vomitato oltre il bordo del letto e, quando era riuscito a raggiungere il bagno, ci era rimasto per ore, finché X lo aveva trovato in preda a violenti spasmi.
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You Make Me Ache I Crave You
RomanceQuesta è la storia di Thomas Reed il giornalista che vive di sogni e di Jackson James Turner, il fotografo che nei sogni non ci crede più. Questa è la storia di Zack Miller, l'artista che non ha paura dei suoi demoni rossi, e di Logan Evans, quello...