15.

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JACKSON

Spalancò gli occhi.

Dove sono?!

Tremante si mise a sedere sul letto, guardandosi intorno.

Calmati. Respira. Era solo un incubo. Sei a casa tua. Londra. Soho. 102.

La sua mente cercava disperatamente di riemergere dall'incubo: erano le otto e mezza del mattino, significava che aveva dormito solo un paio d'ore.

Sollevò le mani, guardandosele alla luce del giorno che proveniva dalle finestre: pulite. Non c'era traccia di sangue.

Dove sei Thomas?

Perché non sei qui?

Perché non ricordo...?

Si passò una mano sul viso sudato, cercando di riepilogare mentalmente gli avvenimenti delle ultime ventiquattro ore.

Il mattino precedente si erano svegliati a casa sua, a Shoreditch. Avevano parlato, avevano ballato, avevano fatto l'amore e avevano fatto programmi. Jackson lo aveva accompagnato alla metropolitana ed era tornato alla 102 a sviluppare altre foto, perdendo la cognizione del tempo fino a quando Reed non si era presentato la sera al suo loft con un sorriso, una confezione di cerotti della Marvel, due cartoni di pizza e una confezione di birre urlando: «Sorpresa!»

Gli aveva medicato nuovamente il taglio sullo zigomo, avevano cenato e avevano visto alcune puntate di Gogglebox alla televisione, ridendo fino alle lacrime. Poi avevano fatto l'amore sul suo letto, come la prima volta.

Sfiorò le lenzuola.

L'avevano fatto senza vergogna, senza freni e senza imbarazzo.

Si erano posseduti.

Conquistati.

Sentiva ancora i loro respiri rotti gettati tra il collo e la spalla, i morsi sulle labbra, le mani che si respingevano, le bocche che si cercavano, i gemiti, gli occhi lucidi ed i sorrisi inghiottiti.

«Noi ci amiamo. Ci amiamo» mormorò con un sospiro, ricordando il bacio di Thomas nel salutarlo quel mattino, prima di andare al lavoro.

Okay. Va tutto bene.

Tentò di scendere dal letto, ma le pareti della stanza giravano come si trovasse dentro una trottola: un dolore improvviso lo investì, costringendolo a correre in bagno con una mano davanti alla bocca.

Si buttò in ginocchio sulle mattonelle bianche, fredde e si aggrappò alla tavoletta, tossendo forte oltre il bordo del gabinetto.

Sei disgustoso.

Sapeva che l'ondata di astinenza sarebbe arrivata.

Si guardò allo specchio e distolse immediatamente lo sguardo: sentiva il bisogno di cedere alla routine della sua polvere di stelle.

Doveva uscire di casa.

Si lavò velocemente, indossò la tuta e non appena messo piede fuori, iniziò a correre. Corse senza mai rallentare il ritmo, falcando marciapiedi e strade. Corse fino ai cancelli di Regent's Park. Corse attraverso il parco, attraverso i giardini ancora ricoperti di brina e per i viali semi deserti, sentendo il cuore che gli rimbalzava in petto.

Aumentò il ritmo.

Corse fino allo zoo, sbucò sulla strada percorrendo il ponte The Broad Walk affacciato sul canale: si stupì di trovare ancora galleggiante la barca rossa che ospitava il ristorante cinese Feng Shang Princess.

Sembrava sul punto di inabissarsi nel canale. Ma la verità era che era Jackson a stare affondando.

Percorse il piccolo tratto della Prince Albert Road che lo separava dai cancelli di Primrose Hill.

You Make Me Ache I Crave YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora