17.

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THOMAS

Si passò con esasperazione una mano tra i capelli, sforzandosi di mantenere la calma. «È uno sbaglio enorme. Se non facciamo niente tu e io siamo complici di questa cazzata, Noah.»

«Finiscila di camminare avanti e indietro, Thomas», lo rimproverò Noah mentre tamponava il volto di Zack con un asciugamano inumidito e con delle garze. «Rischi di farci impazzire! Mettiti seduto!»

«Non ci riesco! Lui dovrebbe andare in ospedale!»

«Ho detto niente pronto soccorso», gemette Zack dal divano dove era seduto. «Coinvolgeremmo la polizia e io non voglio parlarci.»

«È una stronzata.»
«È una mia stronzata. Una mia decisione.»
«Quelli meritano di finire dietro le sbarre! Cristo santo, non vedi come ti hanno ridotto?»
«Più che vederlo lo sento...»
«Non è divertente», commentò Noah. «Chi erano quei tre che ti hanno aggredito?»
«Non ne ho idea. Russi...» sbottò, fermandosi per riprendere ossigeno.

Thomas sentì le tempie pulsargli. «Volevano derubarti?»
«No. Non volevano derubarmi.»
«E allora cosa volevano da te?!»
«Da me niente, Thomas», disse severo. «Cercavano te.»

Le gambe gli cedettero e lentamente si sedette sul bracciolo della poltrona. «C-cosa?»

Zack si toccò il tatuaggio del cuore nero sul polso, poi indicò il suo. «Ti stavano cercando, ma non avevano idea del tuo aspetto. Sapevano solo che Thomas Reed vive qui... e ha un tatuaggio come questo.»

Il battere incessante del cuore gli riecheggiava nelle orecchie annullando qualsiasi altro suono, persino la voce del suo amico. Provò a mettere insieme i pezzi di un puzzle che non riusciva a prendere forma. «Ti hanno scambiato per me.»

«Già.»
«Perché hai lasciato che lo credessero?»
«Mi offende che tu me lo chieda.» Fece cenno a Noah di fermarsi quando gli sfiorò un'escoriazione sulla tempia sinistra.
«Dovevi dire loro la verità invece di farti ridurre in questo stato. Non per me.»
«Se non per te o per Hall per chi dovrei farlo? Siete la mia famiglia, cosa ti aspettavi che gli dicessi? Che il vero Thomas era di sopra a riscaldare una vaschetta di lasagne per cena?»

Si portò una mano alla fronte, cercando di controllare il respiro. Non ci riusciva. «Non avresti dovuto farlo, non avresti dovuto rischiare la vita per me.»

«Avresti fatto lo stesso, Thomas.»

La forza di quell'affermazione gli strappò via il cuore: si circondò il corpo con le braccia, stringendosi forte mentre Noah aiutava Zack a spogliarsi dagli indumenti fradici. Era ricoperto di ferite ed ematomi, alcuni più estesi di altri. Uno all'altezza dei reni aveva i chiari segni di una suola di scarpe. Nel vedere Zack soffocare un urlo nel pugno, Thomas si alzò in piedi, ma rimase immobile: voleva rendersi utile ma non sapeva come fare ad avvicinarsi senza perdere la ragione. Aveva troppa paura per quello che sarebbe potuto succedere, per il rischio sfiorato di perdere Zack e per l'insopportabile prospettiva di dover vivere una vita nell'eco della sua assenza.

«Che cosa vogliono quelle persone da te?» domandò Noah a Thomas.

«Non ne ho idea.» Scosse la testa. «Non li conosco...»
«Uno di loro si chiama Dorian e ha una cicatrice sul labbro, una lacrima nera tatuata sullo zigomo e una Madonna avvolta nelle fiamme sul braccio. Non ti dice niente?» intervenne Zack.

«Niente.»
«Allora forse dovresti chiedere al tuo ragazzo.»

Thomas sbatté ripetutamente le palpebre e fece un passo avanti. «JJ?»

«A quanto pare ha dei conti in sospeso con quei tre spacciatori.»

«Come sai che sono spacciatori?»
«La lacrima sul viso è il segno distintivo di un gruppo di Seven Sisters. Il mio capo ha cacciato un tizio che voleva farsela tatuare qualche mese fa.» Gli rivolse un'occhiata velenosa. «Perché il tuo ragazzo ha a che fare con loro?»

You Make Me Ache I Crave YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora