7 Dicembre
ZACK
Sfilò un mestolo dal vaso alla sua destra, accanto al piano cottura, e lo usò per smuovere le verdure che si sfrigolavano nella grande padella Wok.
Un profumo intenso di pomodori, peperoni e patate gli fece brontolare lo stomaco: non aveva pranzato quel giorno, solo qualche caffè e un cappuccino nel pomeriggio tra un cliente e l'altro.
Si allungò a leggere il messaggio di Noah che lampeggiò sullo schermo dell'iPhone.
'Lavoro stanotte per coprire un collega, quindi non torno per cena. Resti tu con lui?'
Certo che sarebbe rimasto con lui.
Erano passati dieci giorni dall'incidente di Thomas. Otto giorni dalla partenza di Jackson. Il tempo passava, ma le cose non sembravano migliorare.
Abbassò l'intensità della fiamma, coprì la Wok con il coperchio e uscì dalla cucina, percorrendo il corridoio buio. Non avrebbe dovuto lasciarsi convincere ad accompagnare Thomas a Heathrow. Era stato un errore, avrebbe dovuto ascoltare l'istinto, ma il suo migliore amico era sempre stato bravo con le parole e aveva sperato che almeno uno di loro ce la facesse a salvare la propria relazione.
Che idiota!
Era stato straziante raccogliere i pezzi di Thomas dal pavimento dell'aeroporto. Non era rimasto molto di lui e, per un attimo, mentre lo stringeva a sé, si era reso conto dell'inutilità del proprio gesto. Era stato come provare a impedire a una zolletta di zucchero di sciogliersi nell'acqua calda. Uno sforzo inutile.
Minuto dopo minuto, Thomas si era spento come una lucciola che muore alla fine dell'estate. Noah e Zack non avevano potuto fare altro che restare a guardare consapevoli che non esisteva modo di salvarlo.
«Portatemi a casa», era stata l'unica cosa che Tommy aveva detto e loro non avevano protestato.
Avevano sopportato in silenzio la rabbia di sua madre che li chiamava idioti, ma alla fine aveva firmato la dimissione anticipata, sollevando l'ospedale da ogni responsabilità. Aveva insistito per portarlo con sé a Manchester ma era a Londra che Thomas voleva stare e lì era rimasto, nella stanza dietro la porta davanti alla quale Zack si fermò. Gli faceva male varcare quella soglia, tra le quattro pareti c'era solo dolore, ed era schiacciante, demolente, insopportabile.
Espirò.
Non bussò.
Abbassò la maniglia ed entrò: il buio era spaccato da pochi, fievoli tagli di luce che entravano dalle fessure delle persiane socchiuse. Silenzio. Faceva insopportabilmente caldo lì dentro. Thomas aveva alzato al massimo la potenza di dispersione dei due caloriferi sotto le finestre perché non riusciva a scaldarsi. Non più.
Lui che era sempre stato così caldo, improvvisamente era freddo, congelato.
La neve era entrata dentro di lui. I medici lo avevano salvato dall'ipotermia, ma per l'inverno che imperversava nella sua anima non c'era nessuna primavera, non esisteva prospettiva d'estate. Si era trasformato in una statua di ghiaccio.
Forse per sempre.
Sospirò nel vedere la figura raggomitolata sotto il piumino bianco, il viso affondato in quel maledetto cappotto nero. Il cappotto di Turner...
«Thomas?»
Nessuna risposta, ma sapeva che non stava dormendo. Era sveglio.
Si avvicinò al letto: il grande volume di fotografia sul Giappone era abbandonato sulle coperte. Deglutì, ricacciando un nodo in gola: «Noah non torna per cena. Gli hanno dato il turno di notte ed io ho cucinato pollo e verdure per un reggimento. Ti va di farmi compagnia?»
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You Make Me Ache I Crave You
RomanceQuesta è la storia di Thomas Reed il giornalista che vive di sogni e di Jackson James Turner, il fotografo che nei sogni non ci crede più. Questa è la storia di Zack Miller, l'artista che non ha paura dei suoi demoni rossi, e di Logan Evans, quello...