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NOAH

Scappare.

Era l'unica parola che la sua mente riusciva a formulare quando era costretto a passare del tempo con un qualsiasi membro della famiglia Hall. Anche in quel momento, seduto nell'ufficio di suo padre davanti alla sua gigantesca scrivania, voleva solo fuggire.

Robert era la persona che più odiava nell'intero universo.

Dopo suo fratello e sua madre, ovviamente, che si preoccupava solo di fare attenzione a usare la forchetta giusta per il dessert e non sgualcire l'abito di Valentino. Non si era mai sentito parte della loro realtà e, sebbene l'eredità lasciatagli dal nonno potesse assicurargli almeno tre vite vissute nell'agio, continuava a lavorare part-time e spendeva solo per fare regali agli amici, come una confezione di penne a china per Zack o l'edizione introvabile di uno dei libri preferiti di Thomas.

Trattenne il respiro.
Faceva troppo male pensare a Thomas.
Lanciò uno sguardo al panorama fuori dalle grandi vetrate per provare a distrarsi. Era buio e il Tamigi appariva come una striscia di acque scure in perenne tumulto, sulle quali navigava lento un battello. Nel riflesso delle finestre vide suo padre osservarlo con disapprovazione mentre era impegnato in una telefonata. Incrociò volutamente il suo sguardo e gli sorrise, facendo attenzione a mostrargli il piercing sulla lingua.

Accanto allo schermo del computer c'era una fotografia di Maura Hall. Aveva gli occhi vacui, persi nel vuoto, i capelli sciolti sulle spalle e i lineamenti del viso sciupati, come se nella frazione di secondo in cui era stato scattato il ritratto fosse invecchiata di dieci anni. Era sempre stata volontariamente cieca e infelice nella sua intoccabile bolla di sapone. Viveva la sua bugia e portare una fastidiosa e pesante maschera era il prezzo da pagare per stare al passo con il mondo del quale gli Hall facevano parte, quello fatto di vestiti costosi, sorrisi artefatti, complotti e raccomandazioni. Quello dal quale Noah si era chiamato fuori tanto tempo prima, quando era un bambino vittima dell'odio gratuito di una madre che non si preoccupava di nascondergli quanto amasse il figlio maggiore e quanto invece disprezzasse lui. Aveva sofferto per la sua mancanza di affetto, aveva cercato in tutti i modi di guadagnarsi il suo amore, una sua carezza, un sorriso o anche solo un cenno gentile, ma quello che non aveva fatto era stato cambiare. Il giorno in cui aveva capito di poter vivere senza il benestare dei suoi genitori si era conquistato la sua preziosa libertà.

***

Marzo 2000

«Ciao mamma! Mi mancherai!»

Maura strinse i pugni, guardando la governante che metteva il grande zaino sulle spalle del bambino esile dai folti capelli biondi scompigliati che la salutava, scuotendo con forza la mano sporca di pennarelli colorati.

Aveva la pelle così bianca e pallida con occhiaie troppo blu, troppo profonde che gli facevano risaltare ancora di più gli occhi turchesi. Il calzino gli era sceso intorno alla caviglia. Una parte della camicia della divisa era fuori dalla cinta dei bermuda blu. La giacca con lo stemma era stropicciata già di prima mattina.

Un disastro.

«Mi vedi, mamma?»

Certo che lo vedeva.

Lo vedeva sempre.

«Torno presto, mamma! Mi aspetterai?»

Lentamente si voltò verso Greg che comparve al suo fianco, perfetto, e senza staccare gli occhi di dosso da Noah si chinò a baciare il figlio maggiore sulla guancia, facendo attenzione che l'altro capisse l'indifferenza nei suoi confronti.

Capì.

La delusione spense il viso di Noah, i suoi occhi sembrarono allagarsi di lacrime e batté le palpebre più volte, ma non si perse d'animo. Mosse due passi verso le scale, accennando a salire i primi scalini.

You Make Me Ache I Crave YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora