Tokyo.
JACKSON
Aprì gli occhi di scatto.
Cosa lo aveva svegliato?
Inspirò a fondo, mettendo a fuoco il soffitto bianco immacolato sopra di lui. Troppo in alto.
Non amava i grandi spazi. Poco intimi, freddi. Lunghe pareti spoglie. Soffitti lontani metri dai pavimenti. Corridoi infiniti. Vetro, troppo vetro. Muri di vetro come in quell'attico dove si esaltava l'esposizione totale della propria vita al mondo che si muoveva centinaia di metri sotto i suoi piedi.
Si sentiva un pesce rosso in un acquario.
Stiracchiò le lunghe gambe intorno alle quali erano attorcigliate le lenzuola: faceva freddo, si era dimenticato di regolare la temperatura.
Udì un movimento alla sua sinistra.
Un respiro pesante e roco.
Un debole russare.
Ecco cosa lo aveva svegliato: la sensazione di non essere solo... non era abituato a condividere il letto. Si passò le mani sul viso e si tirò stancamente a sedere: era ancora notte fonda, fuori dalla parete di vetro la tenebra vestiva Tokyo e la città combatteva le ombre con le sue centinaia di luci pulsanti. Lanciò un'occhiata veloce alla figura che dormiva profondamente al suo fianco, i muscoli scolpiti rilassati, i capelli biondo platino non legati come al solito ma sparpagliati sul cuscino e a coprire metà del volto dai lineamenti decisi.
Provò a deglutire, ma aveva la gola arida.
Scivolò giù dall'enorme futon, non senza un gemito: la schiena non smetteva di dargli fastidio e i numerosi viaggi avventurosi degli ultimi mesi non avevano aiutato. Strisciando i piedi contro il pavimento attraversò la camera, rischiando di inciampare in un paio di jeans abbandonati accanto alla porta.
C'era odore d'incenso in corridoio.
Era tutta colpa di Abigail: Non bastava che passasse le giornate a tediarlo ricordandogli appuntamenti e organizzandogli ogni minuto con attenzione maniacale, sembrava anche volerlo avvelenare con la sua ossessione per quei bastoncini puzzolenti.
«Sembra di stare in chiesa, Abby.»
«Quest'odore è rilassante. Aiuta a mantenere un equilibrio tra...»
«Risparmiami queste cazzate. Secondo alcuni popoli orientali il fumo dell'incenso guida le anime dei defunti nell'aldilà. È questo che stai cercando di fare?! Vuoi ammazzarmi?»
«Se volessi ucciderti, ti avvelenerei il kamameshi» gli aveva risposto.
Gli piaceva Abigail. Parecchio.
Veloce ed efficiente nel suo lavoro, era stata una spalla sulla quale contare sempre, anche nei momenti peggiori dopo l'uscita dal periodo di disintossicazione.
In tutti quei mesi, lei non era mai tornata in Inghilterra.
«Il mio posto è qui con te» gli diceva sempre. No, non era lì con lui, ma gliene era grato perché senza di lei non ce l'avrebbe mai fatta a sopravvivere fuori dall'Hope Rehab Center.
Entrò nell'enorme salone arredato in stile essenziale, con grandi divani crema sfumata nei marroni caldi delle pareti e del pavimento; la luce della città che entrava timida dalle vetrate panoramiche metteva in risalto pregiati pezzi d'antichità della tradizione giapponese che davano vita all'anonimato dell'appartamento.
Sammy sollevò il muso dalla poltrona sulla quale era accoccolato: era cresciuto tanto, la testa era massiccia, gli occhi neri enormi, le zampe grandi quanto il suo pugno. Era agile e scattante con muscoli corposi e tonici: lo portava a correre con sé nel grande parco Shinjuku Goyen, il suo preferito, quello che durante il massimo splendore dell'Hanami – il periodo di fioritura dei ciliegi – era riuscito a commuoverlo.
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You Make Me Ache I Crave You
RomanceQuesta è la storia di Thomas Reed il giornalista che vive di sogni e di Jackson James Turner, il fotografo che nei sogni non ci crede più. Questa è la storia di Zack Miller, l'artista che non ha paura dei suoi demoni rossi, e di Logan Evans, quello...