28. Separati

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Andrès aveva non era riuscito a dormire bene quella notte; era molto agitato per quello che era successo la sera prima.
Quando scese in salone per fare colazione, lui era lì. Il suo sguardo lo terrorizzó, ma doveva essere forte, "ormai sono un uomo" pensó.
-buongiorno- disse il bambino, cercando di guardarlo in faccia.
Salvador non gli rispose, si limitó solo a seguirlo con lo sguardo.
Fe entró in quel momento;
-in un attimo ti porto il latte e i biscotti, piccolino- Andrès le sorrise.
-che razza di modo è di trattare i tuoi signori?- disse Salvador.
Fe non sapeva cosa dire.
-ah, ma certo, hai ragione, lui non è il signore della casa, anzi, penso che dovrebbe venire con te in cucina a fare colazione, è quello il posto dei domestici- concluse.
Francisca, che aveva sentito tutto dalle scale, si precipitó in salone per difendere Andrès.
-lui non si muove di qui!- gridó. -quello che deve andarsene sei tu!- sapeva cosa sarebbe successo dopo, dopo vent'anni passati accanto a lui sapeva bene come reagiva quando lei gli rispondeva, ma sorprendentemente non fece nulla, si alzó da tavola e disse:
-dopo colazione verrai con me in paese, voglio che tutti sappiano che sono tornato-.

-non voglio andare a scuola- la supplicó Andrès.
-perchè no?- gli chiese Francisca, anche se conosceva già la risposta.
-tesoro non succederà niente- lo rincuoró.
-tu fai il bravo, vai a scuola e quando tornerai faremo merenda insieme e giocheremo, come al solito- concluse la Montenegro.
-ma io voglio giocare anche con Raimundo- disse il piccolo.
Francisca non sapeva cosa rispondergli, ma riuscì a convincerlo che sarebbe potuto andare da lui dopo aver fatto i compiti.

Raimundo stava girando il cucchiaino nel caffè da almeno mezz'ora e solo l'arrivo di don Anselmo lo fece smettere.
-so cos'è successo ieri alla Villa- gli disse -Fe è venuta a parlarmi questa mattina- don Anselmo era molto dispiaciuto e, soprattutto, era preoccupato per il suo amico, temeva che avrebbe potuto commettere una sciocchezza.
-non sono al sicuro- disse infine Raimundo.
-devo portarli via da lui- concluse.
-Raimundo, non puoi fare niente! Lui è suo marito e ha tutto il diritto di stare lì e averla al suo fianco- anche se a malincuore, il prete doveva fargli aprire gli occhi: doveva stare lontano da lei e dalla Villa, per il bene di tutti.

Il mormorio della piazza li incuriosì. Quando uscirono, si ritrovarono Francisca e Salvador davanti agli occhi, che camminavano lentamente verso di loro, a braccetto.
-buongiorno padre Anselmo- lo salutó Salvador.
-è un piacere rivedervi- si sforzó di sembrare cortese, ma i tre lo conoscevano bene e sapevano che era solo una pagliacciata per mascherare la sua vera natura.
-grazie, vorrei poter dire lo stesso ma, non sono abituato a mentire- rispose il parroco.
Salvador se la prese e non poco, ma doveva restare calmo, o il suo piano non avrebbe funzionato.
-Raimundo, che sorpresa trovarti qui- disse.
Francisca lo guardó a lungo, come se volesse chiedergli di mantenere la calma e non abboccare alle provocazioni di Salvador.
-è casa mia, è difficile che non sia qui- rispose Ulloa.
-pensavo che la Villa fosse casa tua, ma vedo che hai capito qual è il tuo posto- continuó Salvador.
Raimundo si limitó a fulminarlo con lo sguardo e tornó dentro alla locanda, non voleva rischiare di commettere una sciocchezza.

Francisca e Salvador tornarono alla Villa e, dopo aver pranzato, Francisca decise di andare in giardino a leggere un libro; non sopportava la presenza di suo marito e quanto meno tempo passava con lui, tanto meglio.
Sentì il cancello aprirsi e giró lo sguardo per vedere chi fosse entrato.
Appena lo vide scattó in piedi.
-che cosa ci fai qui?-.

Non dimenticarmi - Francisca&RaimundoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora