LA LIBERTÀ DI UN GUERRIERO - parte 2

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Galìza si allontanò stizzito sguardo fisso in avanti, lasciando un Varg umiliato e dolorante a terra che meditava idee di vendetta, preoccupazione e pace. L'uomo tarchiato e robusto svoltò l'angolo silenzioso, poi salì una rampa di scale, svoltò quindi a destra e salì per un altro piano, i suoi corti capelli grigi sembravano neri nella poca luce.
Camminò pensieroso fino alla fine del corridoio che terminava con una porta, l'aprì ed imboccò la seconda porta sulla destra che si trovò di fronte, entrò con l'espressione dura e ferrea di chi si appresta ad ingaggiare battaglia; vide la sedia davanti alla scrivania, si sedette ed incominciò ad aspettare.

Chi lo aveva chiamato entrò quasi mezz'ora dopo di lui, per accorto calcolo dei tempi, che concerneva svariati motivi per quell'attesa, tra cui la superiorità di chi conduce il gioco.
Il guerriero si girò a guardarlo, schifato e nauseato ma impotente, mentre con felina grazia si aggiustava sulla poltrona di fronte; gli era concesso un grande onore per rimanere seduto davanti ad uno dei suoi signori.

L'atmosfera sembrava rilassata, quasi colloquiale, era solo una facciata ben studiata e recitata però.
"Vedo con piacere che niente è impossibile per lei, la sua azione di prima è stata superba, sublime, degna della sua fama!".
Il volto dell'uomo non accennò nemmeno un sorriso, nemmeno un ghigno a dimostrazione di aver capito, recepito, non lasciò trasparire nessuna emozione, anche se dentro ribolliva di rabbia repressa, mentre calcolava il guadagno del suo aguzzino per la probabile scommessa vinta tramite il ricatto velato.
"Non sapevo fosse un tipo taciturno come il suo enorme amico!"
Un sopracciglio si alzò in quel volto segnato di cicatrici e dal tempo, il suo cervello pensava freneticamente.
"Sono contento che lei non gli abbia rivelato il nostro piano, altrimenti avrei dovuto uccidere quell'uomo senza pietà, nessuno deve sapere!": le parole furono gentili e calme, perfino educate, il tono rilassato e per questo ancora più agghiaccianti.
Galìza finse noncuranza, "Quello è un animo semplice, non avrebbe capito nemmeno se glielo avessi spiegato con estrema calma....", il suo tono quasi lo tradì, sembravano le parole uscite dalla bocca di un uomo, di un padre, preoccupato.
Le sopracciglia del mago, mentre incamerava l'informazione, si aguzzarono all'insù una verso l'altra: donando al suo possessore un cipiglio duro ed indagatore, segno di una mente furba e calcolatrice, "Sono contento, ho ancora molte idee sul destino di quell'abominio, sarebbe potuto tornare utile in futuro, nessuno è indispensabile ovviamente!, ma mi sarebbe dispiaciuto perdere un tale esemplare!", terminò l'obscuro senza inflessioni.
L'uomo guardò la pelle nera e lucente, i capelli dello stesso colore, lunghi fino alla vita e pettinati in una complicata capigliatura che possedeva trecce ampie e folte e strani nodi; quei serici capelli d'ossidiana aggiravano quasi senza sfiorarlo, ma evidenziandolo, il viso lungo e sottile, scarno, come quello di un cavallo pensò il "Magnifico Schiavo", come lo chiamavano invece gli obscuri. Garula guardò le vesti ricche, gli anelli alle dita sottili e affusolate, le piccole scarpe di velluto nero, e quell'opulenza ostentata e rimarcata in modo anche raffinato, ma che risultava pacchiana e fuoriposto in quel luogo: il tutto gli innescò un conato di vomito e ribrezzo che bloccò in gola; poi guardò con astio e rancore e odio il bastone corvino, lungo quanto alto era il suo possessore e la rabbia si impadronì di nuovo di lui, gli donò nuovamente forza, vigore, determinazione, sicurezza.

***

Il barbaro si rialzò con stizza; quel guerriero risultava sempre più forte di lui, più bravo, tecnicamente superiore, sempre padrone della situazione, tanto che alla fine non poteva aver fatto a meno di sopprimere l'orgoglio e chiedergli di allenarsi insieme.
Eppure quell'uomo così eccezionale, particolare, aveva appena commesso uno sbaglio madornale, forse l'errore peggiore e più grande che avesse mai compiuto, forse l'unico da quando lo conosceva e sarebbe stato forse anche l'ultimo.
Del suo passato sapeva quasi nulla, solo che prima era un uomo libero e che quei maledetti obscuri lo avevano catturato distruggendo le vite di tutti i suoi compagni e rubandogli quasi anche la sua: infine gli presero invece la Libertà.

I MILLE SOGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora