AKBAR - parte 3

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Agurbi era un selliano, ma anche lo schiavo personale di Larla; era uno dei discendenti degli uomini che avevano deciso di trasferirsi nel sottosuolo e che nel passaggio di migliaia di generazione erano divenuti a causa di quella scelta quasi del tutto albini.
L'uomo passò un altro pezzo della panoplia alla sua signora.
C'era un tempo in cui non era solo quello il suo solo compito.
La sua padrona l'aveva preso con sé non per farne un infimo servitore...
Per i canoni umani il selliano era ancora prestante, un uomo adulto fatto e finito, forse aveva quaranta o quarantacinque anni, ma dal punto di vista d'un obscuro era un vecchio decrepito, buono solo ad allacciare un'armatura.
Quando il primo velo di bianco aveva colorato i suoi capelli dal letto fu buttato nello sgabuzzino ad attendere gli ordini: dieci anni di quella vita dura avevano rovinato la sua salute, tanto che gli anni come amante di Larla non mostravano più segni sul suo corpo.

L'obscura lo teneva ancora solo per i ricordi e l'affetto.
Agurbi era stato l'ultimo regalo di sua sorella, non se la sentiva di toglierselo dai piedi: aveva poi intenzione d'usarlo per la riproduzione, come stallone da monta, così da ricavarne una buona progenie per i campi o per il letto.

Quel quadretto tutt'altro che idilliaco fu interrotto da un bussare frettoloso alla porta.
L'obscura non si girò: quando Agurbi era presente quello era uno dei suoi compiti, l'uomo si staccò dalla padrona e zoppicando si avvicinò all'uscio; quell'handicap era colpa della schiavitù, un vecchio servo con i tendini della gamba recisi non avrebbe avuto modo di fuggire, sempre che ne fosse esistito uno.
Comunque il selliano non fece in tempo a raggiungere la maniglia.
Akbar entrò nell'ufficio del capitano dei sowarn con uno sguardo che virò subito verso il divertito: non avendo avvertito del suo arrivo non si aspettava di trovarsi Larla mezza nuda e mezza vestita; dal canto suo l'obscura lo ignorò, in tanti l'avevano vista nuda ed uno in più non le faceva proprio differenza.
"Chi sei, cosa vuoi? Non m'interessa fuori di qui!"
"Lei è il capitano Cromis Fennigan Larla Realzir giusto?"
"Sì ma veloce, ho una sessione d'allenamento sul campo..."
"Capitano io sono il gendarmiere Ifiki Akbar ed indago sulla morte di sua sorella, quindi..."
"Non mi sembra lei stia facendo un buon lavoro allora!
Agurbi stringi quella cinghia.", l'uomo si chinò ubbidiente.
"Capitano le mie indagini, in quanto su una nobile, nonché capitano dei sespoy vengono prima d'una qualunque esercitazione."
Larla non amava essere contraddetta, oltretutto nessuno aveva il diritto di trovare il bastardo, che le aveva tolto il piacere di insultare la sorella senza sentirsi in colpa, prima di lei.
"Vediamo non-mago: io ti ghiaccio qui e subito e parliamo dopo, io ho dei compiti da svolgere!", doveva capire cosa dire a quell'investigatore da quattro soldi per avere informazioni da lui e non il contrario: non voleva qualcuno che arrestasse colui che invece avrebbe chiesto pietà e perdono e avrebbe pianto e agognato la morte e che sanguinante l'avrebbe pregata di ucciderlo. Quella preda era la sua!

Akbar rimase impassibile, con i nobili e i militari ne aveva già viste di tutti i colori possibili, ormai niente lo sorprendeva.
Un appunto mentale infilò Larla tra i possibili sospettati, per quel comportamento ambiguo.
Un altro appunto mentale la segnò come probabile sospettata, per il prossimo cadavere senza nome trovato a Belaist, semmai quella non fosse stata la presumibile commedia che non sembrava e l'obscura pensasse davvero di farsi giustizia da sola.
"Capitano Cromis Fennigan Larla Realzir si vesta e si accomodi, se mi attaccherà questo sarà considerato come un attacco a Belaist stessa e sarà giustiziata per questa piccola infrazione, non si possono intralciare le indagini, io interrogo chi voglio, quando voglio, ora avanti cominciamo.", mentì l'obscuro che non aveva ricevuto nessun mandato ufficiale ad indagare, ma che lo faceva solo di sua iniziativa; Larla comunque non poteva saperlo, lo guardò glaciale e livida di rabbia, ma voleva sapere qualcosa dell'assassino di sua sorella; ma non lo avrebbe preso la giustizia poi, lo avrebbe fatto a pezzi lei con le sue stesse mani.

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