Pasife guardò gli occhi dell'uomo che aspettava la sua fine, fermo e composto nella sua dignità, senza mostrare paura o timore per la morte che stava per coglierlo.
Il Cavaliere della Luna era ormai quasi arrivato dai due, il taurita che si raddrizzava e il gigante a terra: quell'uomo pazzo, nello sfidare quel mostro di cicatrici e muscoli che era il mercenario, avrebbe avuto la fine che la sua incoscienza si era procurata. Poi vide il corno spezzato ancora stretto nella mano, lo scempio che sovrastava il capo dal muso bovino, e rimase sbigottito, si bloccò abbassando le due lame, puntandole ed incuneandole nel legno.
Varg schernì il suo avversario per scacciare la paura della morte, "Cosa aspetti? Fallo! Non avrai altro da me!", e s'ammutolì di botto, Galizza Barr lo aspettava oltre il velo e lui voleva tornare dal suo mentore, nemmeno la rabbia che ribolliva per la sconfitta fece vacillare la sua determinazione, aveva perso c'era poco da commentare ancora o attendere oltre, più della morte era l'agonia dell'attesa che lo innervosiva.
"Quel che tieni in mu-mano...", cominciò il taurita.
"Niente manfrine: fa quel che devi!", spezzò il discorso il gigante.
"Quel che tieni in mu-mano... è mio!", sentenziò Pasife.
"Vienitelo a prendere dalle mie dita morte schiavista... nemmeno lo volevo.", bofonchiò con rabbia urlata l'uomo.
"Mu-mi stai dicendo che hai rotto il mu-mio corno solo per caso?"
"Se non si fosse rotto, lo sarebbe il tuo collo..." e Varg si zittì di nuovo le parole non avevano senso prima di morire, vivere non aveva senso, Garula attendeva, "Smetti di chiacchierare: non si gioca col cibo, non te lo ha detto la vacca di tua mamma?", finì urlando e stringendo il corno fino a sbiancarsi le nocche: "Avanti!"
Pasife si raddrizzò nella sua ragguardevole altezza, ignorando gli epiteti rivolti alla madre che effettivamente era una Vacca, come ogni saggia della tribù; Xediac vagò con lo sguardotra i due tra il sorpreso ed il preoccupato. Nel frattempo la nave si inclinava sempre di più, ma nessuno si mosse.
"Quindi non è stata una cosa voluta? Solo le tue braccia..."
Varg rimase muto le sue parole erano finite, d'allungare il brodo non aveva voglia.
"Oggi hai dim-mostrato di possedere la forza di un toro, non di un uom-mo...", la nave continuò ad inclinarsi pericolosamente mentre Pasife parlava, "nella mu-mia tribù se un toro spezza il corno di un toro in comu-mbattimento questo ne è il suo signore e padrone. Ma, Tu sei um-mano...".
Il gigante guardò sbilenco il tronco del taurita, la nave inclinata che giocava scherzi ai suoi occhi, mentre Pasife si chinò su di lui minaccioso o infuriato. Le pupille nere e le palle degli occhi iniettate di sangue: le mani immense sfilarono la daga dalla gamba dell'uomo che grugnì più per la sorpresa più che per dolore.
Il pugnale volò fuori bordo, "... ad ogni mu-modo, tu hai spezzato con le tue mu-mani un mu-mio corno, questo fa di te un essere incredibile, un Toro: sono io che ti devo la vita! E ora giù da questa bagnarola che affonda", poi si voltò verso Xediac che li guardava indeciso, "Cavaliere mi arrendo sono tuo!"
"Verrai al Tempio come prigioniero?" chiese stupito il mezzelfo, mentre il suo cervello prodigioso pensava al futuro del mercenario, "Troveremo sicuramente qualcosa di adatto per un minotauro, cioè un taurita di cinque piedi!", si corresse dopo l'occhiata di Pasife e continuò piatto, "E ad un uomo gigante!", poi ripresosi dalla situazione surreale appena accaduta, "Avanti ora tutti fuori da questo relitto finché galleggia. Se siete feriti vi cureremo.".Il barbaro li seguì come inbetito, intorpidito dallo stupore e dalla morte appena allontanatasi. Ancora ammantato dalla spirito di Garula che in qualche modo lo aveva protetto, la sua voglia di vita, una volta sulle pietre della banchina, si fece forte e goliardica in lui, quasi estranea al momento appena vissuto, alla fine appena scampata: voleva festeggiare anche se non sapeva ancora cosa volesse festeggiare, "Una birra in questo posto dimenticato dagli dei dove la trovo? La mia gola ha appena espresso il desiderio di bere, di farmi ubriacare come uno straccio su di un bancone... non so perché ma ne ho bisogno!", chiese quasi tetro a Xediac al suo fianco. Pasife lo guardò con un ghigno sulle labbra mentre un uomo del tempio gli si avvicinava con delle manette ridicole per le sue mani, il taurita le rifiutò serio e orgoglioso, "Ho detto che mi Arrendo la mia parola ha un valore!"
Xediac intervenne pronto: Pasife poteva essere una futura importante risorsa, "Lui è mio personale prigioniero. I miei prigionieri non fuggono, sanno che l'alternativa è la Morte!", le maiuscole ben visibili nel discorso tanto che la minaccia aleggiò sul soldato, quasi più che sull'essere cornuto alle sue spalle, poi si rivolse al barbaro, mentre il suo sottoposto s'allontanò impaurito desistendo dai suoi propositi, "Non sono un tipo che Scarlis definirebbe festaiolo, ma se vuoi ti farò accompagnare per le zone della città a scegliere e provare la migliore birra nanica tu possa trovare, o forse è meglio che un mio sottoposto lo faccia per me."
"Se consideriamo cosa ho dovuto bere fino ad adesso, anche la birra fatta da uno gnomo guercio e monco dei pollici sarebbe una prelibatezza.", apprezzò con uno humor nero l'uomo.
"Come vuoi", ignorò la battuta il mezzelfo, "prima arriviamo al magazzino però, ho un affare da sbrigare, poi qualunque locanda o taverna di Scarlis saranno le tue, e anche se non ti potrò accompagnare", decise sul momento il mezzelfo, "un mio uomo sarà con te poi ti riporterà al Tempio. Io devo parlare con una persona e a lungo forse!"
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I MILLE SOGNI
FantasyTre sacerdotesse custodiscono il tempo e lo Osservano: vedono una sgangherata accozzaglia di mercenari e soldati che dovrebbe salvare il Presente. Ma non sono riuscite a capire se questi alla fine riusciranno ad incontrarsi e se la loro missione sar...