LARLA - parte 3

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Larla portò i suoi cavalieri sempre più indietro nei cunicoli, lontano dalla trappola della falange nemica, lontani dalla mischia, lontani dal clangore delle armi, lontani dal rombo degli scudi: il loro umore era nero, loro non fuggivano, loro non scappavano, non erano loro ad essere inseguiti di solito ma gli inseguitori ed anche se quella non era una fuga, ma un ricollocamento strategico, quel modo di combattere non era il loro e non gli piaceva.

Avrebbero seguito il loro capo fino alla morte, ma quell'abyr, quello stile di combattimento non era il loro e non lo sarebbe mai stato forse.

Le regole non scritte del sottosuolo non nascono a caso.
I Sowarn avevano fatto loro la più dura e difficile da rispettare: mai indietreggiare.
C'è un motivo logico dietro a questa barbarie: il nemico che affronti ora è probabilmente meno forte di quello che ti attende in un'altra caverna, quello che ti attende per divorarti, dilaniarti, smembrarti...
Basta una semplice imboscata e un intero reparto si volatilizza, oppure se sei i Sowarn resisti anche a quel nuovo pericolo, finché chi ti fronteggiava prima non ti raggiunge e ti distrugge e ti fa in mille pezzi assieme a chi hai trovato nella caverna in cui sei scappato.
Nel sottosuolo ci vuole disciplina e rigore.
Larla non era una stupida però: conosceva i rischi, ma i rischi vanno ponderati, vanno vagliati, vanno pesati.
Periti per periti, a questo punto la distruzione era una opzione: salvare capra e cavoli oppure distruggere lupi e barca non c'era altra alternativa.

I Sowarn fuggirono lasciando i bargagnani ululanti e impotenti: raggiungere i dagrobas era utopico. Ma i guerrieri di Bargagn sentivano la vittoria vicina. I signori della guerra volevano quella vittoria volevano quella carne, volevano quel potere.
Le spoglie obscure valgono mille cadaveri di chiunque altro in quel sottoterra spietato: possibile o meno, anche a costo di arrivare fino ai limiti del crepaccio di Belaist, li avrebbero inseguiti raggiunti e vinti!
Larla contava su quel tarlo mentale: la vittoria.
A tre quarti del tragitto, per la caverna che avevano attraversato prima di incontrare i loro nemici, metà degli scudieri ad un suo ordine si appiedarono e continuarono a ripiegare in formazione di difesa come se fossero una retroguardia: non sarebbero stati raggiunti in quel modo.
Appena nell'antro il resto degli scudieri smontò e si fiondò verso le entrate: i cunicoli afferenti quella gigantesca caverna, quella che avevano segnato come possibile punto avanzato per i non vedenti, come chiamavano i soldati senza il dono della visione totale. Li aveva istruiti a quello lungo tutto il percorso, ne andava della sopravvivenza di tutti.
Ora un attacco alle spalle era scongiurato, anzi era impossibile!
Così anche i cavalieri entrarono, schiumanti di collera e sudore, fradici di rabbia e nervosismo represso, pronto a scattare, nella caverna che poteva essere la loro tomba o lo specchio della loro vittoria: il vantaggio adesso però era loro e Larla non glielo avrebbe fatto perdere!

Urla e grida si mischiavano al rumore di centinaia di stivali chiodati che si muovevano. Un boato eruppe tra le prime file quando gli obscuri girarono le loro cavalcature ritornando da dove erano venuti.
Lo spettacolo degli obscuri che se la davano a gambe levate, fu come una molla piccolissima che mette in moto un marchingegno gigantesco: i bargagnani non credevano ai loro occhi, i sowarn non indietreggiavano mai, o morivano combattendo o, purtroppo per loro, la maggior parte delle volte vincevano, anche se con un solo uomo, quindi vederli in quella che ai loro occhi sembrava una disfatta, una sconfitta, una fuga per la vita, fece sì che i bargagnani si slanciassero all'inseguimento, restii agli ordini dei superiori che li volevano, compatti e uniti.
La battaglia non è un gioco, la battaglia e la guerra è istinto e violenza.
I primi metri furono un inferno, non si può credere di poter rincorrere dei dragobas nel sottosuolo impacciati, soverchiati come erano dal peso di lancia e scudo, il quale da solo pesava almeno quindici chili.
Il risultato di quella smania di vendetta contro i belaistiani era ovvia e tragica: daghe, asce, francescane e coltellacci alle mani sostituirono lance e scudi, che giacevano a terra in una fila lunga disordinata e sparpagliata, come la fila di truppe che si assottigliava e si allungava lungo i cunicoli.

La stupidità si paga sempre a caro prezzo, e in un mondo violento e duro e gretto come il sottosuolo, spesso quel dazio era la vita stessa.

I sowarn si posizionarono velocemente in ogni punto della volta e delle pareti, le balestre a più frecce cariche e pronte a colpire, gli ordini degli ufficiali organizzati da Larla fioccavano veloci e precisi da una parte all'altra della caverna per massimizzare il tiro incrociato, i minuti scorrevano veloci mentre i bargagnani avanzavano verso di loro.
Larla ordinò il silenzio mentre lanciava l'incantesimo d'invisibilità che nascondeva tutti i suoi uomini alla vista: avrebbero attaccato solo quando lei l'avrebbe ordinato e cioè quando tutto il grosso della falange fosse entrata nella caverna, quando gli scudieri appiedati li avessero direzionati nel centro dell'antro proprio nel punto desiderato: sapevano che quello era la loro missione nel momento in cui il loro capitano li aveva appiedati.
Allora, quando i barbari di Bargagn sarebbero stati lì dove l'obscura li voleva, e solo allora i loro compagni sarebbero tornati visibili e avrebbero colpito.

All'urlo perentorio, "Teerish", centinaia di quadrelli volarono da tutte le direzioni, ognuno colpendo senza pietà e uccidendo quanti più uomini si potesse immaginare, il panico dilagò come le prime fiamme di un incendio, la confusione fu totale, le urla di dolore si mischiarono ai lamenti dei morenti e alle grida di spavento dei sopravvissuti e dei feriti.
La retroguardia con gli ufficiali bargagnani entrò nella caverna ritrovandosi davanti lo spettacolo della carneficina, ma non fecero in tempo a fuggire, un piccolo gruppo di sowarn a cui era stato assegnato quella specifica mansione, si calò dalle pareti e li trucidò prima che potessero reagire in alcun modo, tulvar e pugnali si imbrattarono di sangue e viscere fino alle else, come monito a chi si sarebbe scontrato di nuovo con i loro possessori, che la pena del loro ardire sarebbe stata una morte dolorosa e senza gloria.
Li uccisero tutti, fino all'ultimo, con ferocia e senza pietà, riscuotendo il dazio a loro dovuto per ogni compagno morto.
Larla allora ordinò il computo dei nemici uccisi e dei compagni caduti per Belaist ed i suoi soldati si accinsero anche quell'ingrato compito.

"Ve ne è uno ancora vivo mia signora, ha le piastrine del comando.", gridò un soldato.
"Uccidilo", sibilò lei, ma la voce del bargagnano fu più veloce del suo comando, anche se debole come un sussurro.
"Ci osserva. Ci guarda morire come mosche al macello e ci studia. Vedo i suoi occhi che ci scrutano ed una nebbia che si dirada dalla sua bocca! Il dio supremo ci punisce... Perché?", urlava il comandante della falange.
"Di cosa parla?" gridò Larla.

"Non lo so mia signora ha parlato nella sua lingua incomprensibile", gli rispose il soldato chino sul nemico morente, poi uno stiletto gigantesco dalla forma strana e affusolata, dalle sembianze d'una gigantesca penna di gufo di 'ossidite' si abbatté sul petto dello sfortunato zittendolo per sempre e così come era comparso, all'improvviso il pugnale scomparve di nuovo smaterializzandosi nel nulla e dissolvendosi alla vista.
"Oggi gli dei erano con noi, speriamo che sia sempre così!", sentenziò il soldato ancora al capezzale del suo nemico.
Larla se avesse potuto lo avrebbe incenerito col solo sguardo, "Siamo noi a creare il nostro destino Tavimi't, gli dei ci guardano dai loro scranni e basta. Noi viviamo! Ora smettila di sputare sentenze inutili, e stupide, e finisci il tuo lavoro. Quello era il generale nemico, probabilmente quella che abbiamo visto era la sua magia del suicidio, ogni capo bargagnano ne ha una, per potersi uccidere se catturati o morenti in modo da non rivelare alcuna informazione ai suoi carcerieri o torturatori.
Dovreste studiare meglio le abitudini dei vostri nemici, come la loro lingua, oggi un po' di conoscenze della psicologia bargagnana ci hanno salvato dalla vostra inettitudine.".

Larla non rivelò però cosa aveva detto il generale e che lei aveva capito e non rivelò nemmeno che quello che avevano visto non era un tipico suicidio magico bargagnano. Non poteva se voleva che i suoi uomini non iniziassero ad aver paura di cose che non potevano controllare: l'ignoto ed il soprannaturale a volte si nascondono nelle cose più inaspettate e si manifestano e colpiscono all'improvviso, non ci si poteva far niente pensava e poi un dio dalla propria parte fa sempre comodo, almeno finché ti fa vincere, almeno finché ti fa sopravvivere, si diceva.

Il combattimento era finito, era vinto, il sangue dei vinti si mischiava alla terra e i dagrobas lo leccavano avidi: era il loro premio.
Larla accarezzava il collo peloso di Ashston che suggeva il terreno, mentre i suoi uomini gridavano il suo nome con rispetto e gioia: erano vivi, erano vivi e forti, erano vivi forti e vittoriosi, immortali nella mente e nello spirito.

I MILLE SOGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora