LA LIBERTÀ DI UN GUERRIERO - parte 3

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Il primo giorno all'Arena andò direttamente dal gladiatore con più vittorie e lo sfidò. Così davanti a tutti gli altri schiavi ebbe la sconfitta più cocente di tutta la sua vita ed anche la più eclatante! L'uomo alzò gli occhi, lo guardò come si guarda un insetto , un folle, e poi gli disse, "Qui si combatte solo fino alla morte, nell'Arena, ma se credi...": la fine della frase non la sentì mai, Galìza fu veloce come una freccia. In piedi gli arrivava a malapena all'altezza del petto, ma il suo calcio gli arrivo comunque sul mento, facendolo atterrare di testa su di una rastrelliera e lasciandolo lì svenuto.
Da quel giorno lo odiò come si odia chi ti è superiore, lo evitava se poteva e non sopportava vederlo combattere: era superbo nel corpo a corpo, a dir poco geniale contro arcieri e maghi, istrionico con la folla, lo invidiava, lo ammirava addirittura senza nemmeno ammetterlo. Cercava di emularlo anche e seppur vinceva, (ed imparava a combattere anche solo guardandolo) non raggiungeva nemmeno un millesimo dei suoi risultati. Garula era attento, elegante, addirittura aggraziato tanto quanto era brutale: la folla lo amava, lo idolatrava. I suoi combattimenti erano tutto il contrario: forza bruta, colpi duri e con un sano lavoro di lama, morte dell'avversario ed un fiatone che ti spaccava i polmoni. Nessun fronzolo, nessun applauso, qualche scommessa particolare sul suo conto in quanto fenomeno stranissimo con i suoi sei piedi di muscoli, ma niente di più. Insomma per i Padroni dell'Arena non era stato proprio un affare con tutti i soldi che era costato, eppure il suo combattimento da Esterno, (per dimostrare il suo valore e la sua forza, ed il suo prezzo, era stato entusiasmante), per un attimo la folla era stata con lui. Solo dopo ebbe i veri problemi invece, nell'Arena c'erano molte regole non scritte, tutte mortali, e lui era stato sul punto di dimostrare la peggiore, "Se non piaci, non Vivi!".

Fu allora che chiese aiuto a Galìza, gli altri schiavi già scommettevano su quando sarebbe morto, fra di loro, quando pensavano che non li sentisse; andò dal guerriero senza umiliarsi, semplicemente ammise la sua inferiorità, solamente ammettendo che aveva bisogno di aiuto, (la prima volta che chiedeva aiuto oltretutto). Garula non lo schernì, non lo scacciò, lo guardò con un cipiglio strano e lo attaccò, le lezioni cominciarono in quello stesso momento. Gli insegnamenti non erano mai semplici o stupidi, ma pesanti, spossanti, erano Vita: gli altri schiavi presero a chiamarli "I Due", perché erano sempre insieme e si massacravano a vicenda instancabilmente, quando qualcuno combatteva con loro in allenamento non voleva più tornare il giorno dopo, erano una specie d'élite, macchine per uccidere!
Sotto il mantello di Garula, negli anni dei continui combattimenti ed addestramenti, si era trasformato, migliorato, aveva realmente imparato a combattere, a giudicare i suoi avversari, ad interessare ed incuriosire, esaltare gli spettatori.
Quell'uomo gli aveva dato stile, gli aveva insegnato i trucchi del mestiere, gli aveva insegnato la resistenza e l'esplosività, gli aveva spiegato quando si doveva calmare nel turbinio delle lame e quando rilasciare la furia della sua forza, della sua ira, gli aveva insegnato il valore dell'onore, dell'orgoglio, il piacere di una vita che non era vita.
"Per un Guerriero conta solo la sua arma: se l'hai ancora in mano quando muori, allora non sei morto invano, ma da Uomo Libero!", e Varg beveva quelle parole, quei pensieri, quella filosofia di vita, Galìza plasmava il suo carattere come se fosse un padre, quel padre che in pratica non aveva mai avuto.

Cosa pensasse l'uomo di lui non lo aveva mai chiesto, rispetto onore, cose così radicate ormai nel suo pensiero e modo di fare che domande del genere divenivano impensabili, secondarie, assurde.

Quel combattente magnifico era divenuto il suo mentore, colui che gli aveva spiegato cosa volesse dire essere un Guerriero, un Uomo, anche se non si sentiva di essere appieno ancora nessuno dei due. Così senza nemmeno accorgersene, tra un livido, un taglio, un occhio nero ed un osso rotto si era affezionato e, senza nemmeno che lo capisse, la schiavitù non gli pesava più, aveva trovato la sua dimensione e non era più Solo! Non avrebbe mai rovinato quello stato di cose con stupide domande.

I MILLE SOGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora