DERVESH - parte 4

36 4 14
                                    

Larla era già alla prima curva del tunnel quando Akbar salì su Urdu e un click gli si amplificò tra le natiche nefasto; ma prima che il suo cervello registrasse quel rumore, concentrato dalla fretta dell'inseguimento, e dall'adrenalina tra le sinapsi.
Prima che ogni senso potesse in un qualche modo definire quel semplice click in qualcosa che avesse un senso.
Prima che il suono stesso arrivasse alle orecchie a punta, e che il senso del tatto gli dicesse di essere sopra un minuscolo quadratino di bronzo.
Prima che gli occhi color ruggine, capissero che qualcosa li avesse appena ingannati tramite un incantesimo.
Prima che l'aria si riempisse di zolfo e paura e che bocca e lingua e naso ne decodificassero l'aroma.
Prima di tutto ciò.
Prima anche del pensiero di partire.
Akbar si sistemò meglio sulla sella: un impercettibile movimento verso l'alto per essere comodo e scattante.
Un mezzo millimetro di gioco tra sedere e pulsante.
Un mezzo millimetro per la deflagrazione...
Urdu e Akbar bruciarono vivi in una esplosione magica che sconquassò tutte le pareti vicine distruggendole e frantumando il soffitto.
Il tunnel dietro di loro fu distrutto dal subitaneo e conseguente innesco dei sigilli dello sfregiato, che per chissà quale motivo, e da chi, erano stati congelati.
Gli scoppi, e i tonfi e le detonazioni che seguirono si amplificarono in onde d'urto sempre più grandi e distruttive.
L'esplosione sembrava viva, come se un terremoto si trasformasse in una onda, sebbene di terra sotterranea, e si spostasse come uno tsunami di roccia che tutto devasta e colpisce.
L'ultima parte della spuma di breccia e pietra, fluida agli occhi, come una valanga marrone, colpì Larla: la forza del colpo spezzò i legacci nello sforzo di trattenerla e le sua ossa nello sforzo di non deformarsi.
Con le gambe rotte e direzionate verso due diversi punti cardinali, la maga fu scaraventata a decine e decine di piedi di distanza; Ashston non fu così fortunato: il dagrobas fu come mangiato vivo dalla terra, scarnificato, dilaniato come da migliaia di formiche, che erano solo minuscoli detriti appuntiti e affilati.
Altri detriti mancarono l'obscura per un puro caso: il braccio spuntava con un angolo strano dalla sabbia che la ricopriva, spezzato, pietre e sabbia grossolana l'avevano ricoperta e soffocata, il volto nascosto nel fiume ininterrotto di terra era pieno di lividi e graffi, e così le sue mani.
Ed infine arrivò da lontano anche il fuoco fuoriuscito dal sigillo, e la lambì ustionandola e bruciandola direttamente dal brecciolino che la circondava e soffocava: i polmoni divennero due mantici di fuoco, la carne sembrava come squagliarsi sotto quel calore incalcolabile, sentiva la pelle tirare e cercare di fuggire dal suo corpo.
Infine arrivò il dolore, dapprima come piccole macchie di luce nel buio, poi come fulmini abbaglianti nella notte, folate di vento di pena che la colpivano una volta in una parte una volta in un'altra, in un crescendo, in una climax sadica e soverchiante, fino allo stremo, fino al limite della sopportazione, fino al limite della sanità mentale.
Finché non divenne insopportabile e al culmine di quello strazio le si appannò la vista e intorno a lei si fece tutto nero, chiuse gli occhi mentre tutto si faceva oscuro, mentre una idea le balenò in testa, prima che il cervello si arrendesse, e le trafisse la mente come un assassino: 'Akbar è morto!', poi la notte la avvolse.
Avevano sottovalutato Boreltìs per l'ultima volta.

***

Lo sfregiato si rialzò togliendosi i detriti di dosso, prese il quadrello e lo sfilò a forza.
'S'è incastrato!'.
Si calò il cappuccio sulla testa, per proteggere la ferita, che si stava rimarginando, e cercò una via d'uscita.
'Maledizione ora si complica tutto!'

***

Una pezza fredda sulla fronte svegliò Larla dolcemente, guardò il suo curatore poi ricadde nell'incoscienza.
"Si salverà?", chiese Agurbi con una vena di esagerata preoccupazione, e con un tono che era a metà tra la venerazione e l'amore.
"La salverò!", rispose l'incappucciato.

Un impacco le venne posizionato sulle ustioni, stranamente non le facevano male; aveva un dolore invece che la faceva cantare come un oboe triste.
Soffriva in una maniera atroce, sentiva tutte le ossa come se fuori posto, e la pelle tirare e bruciarle in ogni punto del corpo, e il volto pungeva e pizzicava.
Ma resisteva, stoica, per mantenersi cosciente.
Due occhi freddi ed azzurri la scrutarono dal fondo d'un cappuccio nero.
"Dove sono?", chiese Larla titubante.
"Alla Torre! Ti sono dovuto venir a prendere Io.", le rispose l'incappucciato enigmatico.
"Boreltìs?"
"Fuggito."
Larla imprecò in silenzio senza emettere un suono. Poi si fece forza e fece la domanda che più temeva, di cui i recessi della sua coscienza già conoscevano la risposta.
"Akbar?"
"Morto.
Anche Ashston."
La maga non sentiva niente.
Niente dolore, niente paura, niente...
Solo vuoto.
Solo desolazione.
Solo solitudine.
E poi rabbia esplosiva e lacrime incontenibili, che scesero sul suo volto scuro come rigagnoli di un fiumiciattolo estivo, che resisteva nonostante la fine imminente.
Infine la consapevolezza della perdita la colpì allo stomaco come una rivelazione.
La testa cominciò a girare, o forse era la stanza, o entrambe.
Le lacrime scendevano ancora come cataratte impazzite, silenziose e senza vergogna: dava acqua ai morti, acqua per vendetta! Poi in testa le balenò una domanda stupida.
"Da quanto tempo sono qui?"
"Più di due mesi."
"Ma non è possibile..."
"Lo è.
T'ho trovata in fin di vita e t'ho riportata alla Torre: sei sopravvissuta per miracolo.
Ho faticato per curare tutte le tue ustioni e per sanare le tue fratture: avevi le gambe messe veramente male!
La carne era squarciata e tagliata, avevi un femore rotto, una rotula girata...
Ma potrai camminare, e forse anche cavalcare ancora, non so dipenderà da te.
Ma stai Tranquilla anche il bambino sta bene!
T'ho dovuto mantenere incosciente per forza, così io ho potuto curare te e tu lui."
Larla lo guardò come se fosse pazzo e per un attimo pensò di essere impazzita lei e che i suoi sensi fossero sottosopra.
"Il che?
Bambino?
Quale bambino?"
"Perdonami. Forse non te ne eri ancora accorta...", le rispose l'incappucciato senza emozione.
"Accorta di cosa?", fece Larla sommersa da tutte quelle rivelazioni.
"Sei incinta capitano, e da qualche mese anche ormai.
Mi spiace che tu l'abbia scoperto così.", ma quelle erano solo parole, il tono era sempre lo stesso, piatto, lugubre, senza inflessione.
"Dovrai stare ferma almeno fino a un mese prima del parto o lo perderai...", continuò l'obscuro senza mostrare segni di alcun tipo di emozione o condivisione.
Larla lo guardava senza capire le sue parole, senza capire le sue frasi per lei insensate.
Lei era rimasta a Morto, lei era rimasta bloccata su quelle due sillabe senza speranza di uscire dal giogo che esse erano. Guardò l'incappucciato e scoppiò in una sequela di frasi senza mai prendere fiato.
"No! Io devo prendere quel bastardo!
E al diavolo tutto, il dolore, il bambino: lui l'ha ucciso capisci?
Se mi imbottisco di redinia ce la posso fare..."
"No quello no!", affermò l'obscuro con la voce salita di una ottava, "È inutile: ormai ha un vantaggio di mesi; se non è morto tra le gallerie è fuggito non lo troveremo mai più inseguendolo!"
"Ma io devo uccidere quel bastardo!", continuò ostinata e tentò di alzarsi, ma le forze non la ressero.
"C'ho messo giorni a togliere le influenze esterne dal tuo corpo, per purificarlo, sei convalescente: potresti perdere il bambino...", la ammonì l'incappucciato senza tono.
"Quel bastardo ha ucciso il mio uomo e mia sorella e mio nipote! Voglio vendetta!"
"Sacrificando così il tuo di figlio?
Il frutto del tuo amore e di Akbar!
Tuo figlio vive: lui vive in lui...", nemmeno una emozione, un sussulto, una partecipazione, solo semplice calcolo.
La consapevolezza di quella scoperta la confuse.
Non ci aveva mai davvero pensato: 'Il figlio d'Akbar', pensò, 'il mio e il suo.
Potrebbe essere anche di Tamivi't, ma sono sicura che è suo.'.
L'obscura s'accarezzò il ventre. Poi guardò l'incappuciato, "Quindi che faccio?", e per la prima volta provò paura, ma non per sé...
"Riposo!
In qualche mese ti ristabilirai, ma niente droghe, o alcool, o redinia o cibi troppo speziati o conditi.
Solo acqua, pane e carne alla brace."
Larla si arrese, 'Per il figlio d'Akbar lo faccio: fa che sia come suo padre...'
Ogni remora contro gli uomini sparita grazie all'amore per uno solo.
"Va bene, aspetterò, ma poi Tu mi aiuterai a trovarlo, e non ci sarà processo per lui, avrà una morte lenta e dolorosa.
Lo colpirò in qualunque angolo buio si sia andato a rintanare."
L'incappucciato annuì solenne.
"Perché mi aiuti?", si scoprì a domandargli Larla sospettosa.
"Diciamo che ho un debito con Akbar che devo saldare..."
"Pensavo lui avesse un debito con te..."
"Anche, ma quello è solo un pagamento. Questa è un'altra cosa..."

***

Lo sfregiato tornò dalla sua padrona che officiava: lei lo vide arrivare e gli fece un piccolo cenno per farsi attendere nelle sue stanze.
"Risolto mia signora. Nessuno sospetta, il colpevole è fuggito ed il gendarmiere è morto, le riserve sono state sostituite come aveva ordinato, nessuna delle madri morirà più per..."
"Cosa ti turba?", chiese intuitiva l'obscura.
"Mia Signora, c'è un piccolo problema..."
"Quale?", tuonò la vecchia risentita.
"Una donna incinta non ne assume e..."
"Com'è possibile?"
"È convalescente mia Signora, quello che si definisce il suo medico gli ha vietato tutto..."
"Vorresti vedere la Profezia avverarsi?"
"Mai!"
"Vuoi che Belaist sia distrutta per un piccolissimo tuo errore da..."
"No! Giuro che se sapessi cosa fare, ma è sorvegliata, i sowarn..."
"Silenzio mentecatto!"
"Io..."
"Basta! Hai pagato il tuo debito per i tuoi vecchi errori.
Ora penseremo a quelli nuovi e alla donna, così che tu non manderai la diavolo di nuovo ogni cosa... chi è lei?"
"Il capitano dei sowarn, una nobile ..."
"L'altra Cromis?"
"Sì, il capitano Cromis Fennigan Larla Realzir!"
"Se il figlio non morirà in qualche modo, lei morirà con lui.
Hai una settimana di tempo per risolvere il problema da solo, poi interverremo noi e decideremo se vivrai o meno...
Ora fuori di qui: per ora hai salvato la tua insulsa, inutile e lurida vita!
Vattene prima che ci ripensi."
Lo sfregiato si inchinò ed uscì senza mai staccare i suoi occhi dalla figura imponente, magnetica.

I MILLE SOGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora