Eynur fuoriuscì dai sogni di Randallt e si sedette a terra, a bordi del pagliericcio unto e sporco che il suo pupillo aveva elevato allo stato di letto. L'odore del sangue rappreso impregnava la paglia e i muri, il sudore misto ad adrenalina e lacrime trasudava dalla pelle e dalle palpebre dell'uomo che russava accanto a lui, i cui occhi si muovevano ritmici e sfrenati, tanto che sembravano posseduti da un'altra entità.
Il chierico sussurrava incredulo, "Il Sole non risponde mai alle preghiere. Io lo so...
E ora siamo in un mare di guai.
Che pasticcio."
Un bussare incerto e impaurito divenne eco all'interno della celletta.
'Cosa vorrà ora quell'inetto?
Ha paura, lo sento!'
Un pensiero si fece strada nei ragionamenti delll'uomo ormai in piedi: 'Mi nasconde qualcosa! Ma cosa?'
Eynur uscì silenzioso e fece segno a Wernem di seguirlo.
"Dove andiamo maestro?"
"Dove vuoi portarmi?"
La domanda lasciò il monaco interdetto, 'E se sa e vuole... non è possibile', "La seguo: io non guido."
Eynur tralasciò l'affermazione come si fa con una mosca fastidiosa che ti rimbalza intorno.
"Portami nel tuo studio Wernem, devo parlarti in privato."
L'uomo si bloccò per un attimo, una semplice esitazione, che si tramutò in un passo falso, che fece cedere un ginocchio, il chierico lo prese per un braccio, "Non cadere amico, non abbiamo finito ancora...".
Wermen lo guardò cadaverico. Si ricompose, si lisciò veste e paramenti e con un gesto fece strada al suo signore, che lo osservava da dietro monitorando i movimenti della sua nuca come un orologio rotto.
I due si sedettero sulle poltrone di fronte a un tavolino con sopra una bottiglia di cristallo al cui interno del vemir di contrabbando; Wermen versò due bicchieri distratto, alcune gocce scure sporcarono il legno chiaro macchiandolo, il monaco non fece nemmeno caso a quelle che gli scendevano lungo la mano per quanto tremava, 'Cosa sa? Cosa ha capito?'. Porse al suo signore uno dei bicchieri e aspettò ansioso in silenzio.
Eynur prese il cristallo dalle sue mani e lo soppesò. "Ci diamo allo sfarzo e al contrabbando a quanto pare caro mio."
"Maestro è stato un regalo..."
"Non mentirmi Wernem, lo sai che non amo i bugiardi."
Un ma rimase incastrato, come unica sillaba tra le labbra del monaco, che si zittì. Non era saggio mentire.
"Vediamo di capire Wermen. C'è qualcosa che mi nascondi.
Anzi, ci sono tante cose che mi nascondi..."
Il monaco cominciò a giurare e spergiurare, sudore caldo di paura e freddo di terrore gli inondavano il cranio pelato e il volto rasato.
"Facciamo così Wernem io parlo e tu ascolti!"
L'uomo fece sì con la testa deglutendo sonoramente, 'Siamo d'accapo...'. Il rumore delle sue mani che raspavano sul cristallo del bicchiere era fastidioso. Scolò il vermin per darsi coraggio come fosse del pessimo gin o grog. Uno scempio per quel liquore meraviglioso.
'Larla l'avrebbe apprezzato!', si ritrovò a sorridere tra sé lo spettro dell'incappucciato. Eynur scacciò quel pensiero-ombra senza badarci.
"Allora vediamo di fare chiarezza."
Un sì maestro seguì a ruota la frase uscendo dalla bocca del monaco, che la sputò secca e senza voglia.
"Calmo, Wernem, non voglio ucciderti...
Voglio capire."
Il monaco annuì di nuovo tremando, gli occhi che luccicavano umidi di terrorizzate lacrime.
"Ti lascio il controllo per qualche anno, perché il nostro dio, il Dio Sole porti luce nelle tenebre e tu come riduci questo posto?"
"Maestro ogni sua richiesta è stata rispettata..."
Il volto di Eynur rimase impassibile, la barba non tremolò nemmeno, la parola silenzio volò tranquilla e lenta e monocorde alla volta della staffa e dell'incudine all'interno dell'orecchio del suo sottoposto: l'ordine parlo solo io le seguì in rapida successione.
Un minuscolo rivolo di sangue scivolò fuori dall'orecchio destro del monaco, quello sinistro rimbombava lugubre come una campana a morto.
Il chierico attese che il suo interlocutore riacquistasse le facoltà uditive poi continuò come prima: "Io parlo tu ascolti: ci siamo capiti ora?"
Wernem non si mosse. Non accennò nemmeno un assenso. Muto e disperato pregava in un dio in cui in quel momento non credeva.
"Vediamo se ho capito bene: hai trasformato il mio monastero in un covo di contrabbandieri per caso?"
'Il mio padrone è subdolo. Ha fatto una domanda, ma non vuole una risposta. Vuole una scusa.'
Eynur però non attese il responso alla sua interrogazione e continuò come se nulla fosse.
"E questo splendido liquore che mi hai appena versato ne è l'esempio. Del liquore obscuro sulla Solstickan, sorprendente, Wernem, davvero..."
Il monaco distolse lo sguardo e poi lo riposò su quegli occhi azzurro ghiaccio, 'Non sa niente. Non sa niente. Ragiona e deduce. Ma un pensiero può essere imbrigliato e posto su una altro binario!' si faceva forza il povero monaco.
"Deve essere stato difficile intessere la ragnatela per far sì che del vermin arrivasse qui."
Wernem chiuse un occhio.
"Direi che l'orda deve aver dato una grande mano, Piuma Rossa non deve essere stato facile da convincere."
Il monaco cominciò a pregare con ancora più fervore.
"Ma forse per il venti, anzi no il trenta percento di ogni merce deve aver ceduto alla fine..."
Wernem si passò una mano sulla gola per aiutare la paura a scomparire.
"Non sono un bigotto Wernem, e nemmeno uno stupido."
Il monaco si rilassò impercettibilmente, ma la mano rimase al suo posto.
"Sapevo anche prima dei tuoi piccoli traffici per avere i tuoi piccoli agi. Sapevo che ti facevano sentire sicuro e importante."
L'uomo annuì senza volere.
"Ma non li ho annichiliti per un solo motivo: ti avrebbero tenuto occupato mentre Randallt si allenava, studiava e mi attendeva."
La mano salì sulla bocca, i palmi sudati si poggiarono su labbra secche inumidendole in maniera rivoltante.
"Ma ti sei fatto avido vero amico mio? Avrai pensato dove passa uno passa dieci, dove passa dieci passa cento. Dove guadagno io, guadagna il convento, io sono il convento..."
Il monaco fece per rispondere da sotto la gabbia delle sue dita, ma una occhiata di Eynur lo dissuase e le sillabe gli morirono in bocca.
"Quindi hai aumentato quella piccola ragnatela ingarbugliata che avevi, hai chiesto aiuto a Piuma Rossa e lo hai convinto. Dopotutto il patto che ha stretto con me non parlava di merci giusto? Solo di scorrerie verso il convento. Il buon orco avrà visto una opportunità e tu gliela avrai mostrata meravigliosa e invitante come carne succulenta..."
"No...", cominciò stentato Wernem.
"Shhh", lo ammonì Eynur con calma, "Parlo solo Io. Non ho ancora finito."
Il terrore si leggeva su ogni ruga che andava increspandosi sulla fronte del monaco.
"Vedi qui il tuo piano ha fatto cilecca. Un piccolo traffico passa inosservato, uno più grande si mostra solo.
Ai druidi non piacciono i traffici loschi, né alcool , né cristalli..."
Il monaco faceva no con la testa di riflesso.
"I druidi si infastidiscono quando i loro confini vengono violati senza consenso... e hanno attaccato."
Le dita di Wernem divennero pallide sul bicchiere che ancora stringeva, mentre l'altra mano coprì anche gli occhi.
"Ci hanno messo poco a capire che non ero più al monastero non è vero? E così a farsi più audaci. A cercare di distruggerci sempre più di frequente...
E tu non hai collegato le due cose!"
Wernem tremava tutto.
"E poi Dremis è morta!
La frittata era fatta.
Dovevi risolvere il tuo piccolo problema..."
Il monaco si portò anche l'altra mano al volto lasciando cadere il bicchiere vuoto, poche gocce si riversarono sul tappeto di spezia intrecciata.
"E quindi ti sei dovuto muovere in fretta.
Hai dissuaso Randallt e contemporaneamente convinto i suoi amici.
Eri sicuro che lui potesse fermare i druidi, ma non potevi ordinarglielo, ti era proibito. Confidavi che una volta tra i druidi succedesse quel che è successo all'orda vero?"
"Ma io non so cosa è successo all'orda!", urlò per la prima volta l'uomo, terrorizzato.
"So che non lo sai: ma confidavi in qualcosa di simile. Chi dopotutto se non il prediletto di Eynur può fermare i druidi pensavi... o almeno dissuaderli dal colpire ancora!"
"Maestro..."
"Wernem: te lo ripeto una ultima volta", lo prevenne Eynur, "non interrompermi!"
Il monaco fece no con la testa, e annuì confuso.
"Le cose non sono andate come speravi però. L'orda scomparsa che non ti protegge più le spalle, Randallt che si fustiga. Eri disperato immagino...
Sono tornato giusto in tempo!"
Wernem cominciò a piangere.
"Piangi e fai bene vecchio stolto. La vita monastica, mi domando perché l'hai scelta."
Il monaco singhiozzò una ennesima volta, ma rimase in silenzio.
'C'è altro che non mi dice!', sentenziò Eynur, "Ora parlami di quel che non ti ho detto..."
"Maestro pietà è la verità, lo ammetto, ma non nascondo altro, lo giuro sul So..."
"Non fare giuramenti che non puoi mantenere Wernem. Parla, Non avrai un'altra occasione..."
Il monaco si accasciò sul bracciolo della poltrona, senza notare la dolcezza della stoffa. Muto piangeva e testardo non parlava.
"Sai che lo scoprirò comunque vero?"
Wernem sparò in successione una sequela di frasi disperate e terrorizzate.
"Non da me maestro, non da me.
Questa non è colpa mia lo giuro.
Andate dal vostro discepolo e chiedete.
Non è colpa mia giuro..."
Infine tacque attendendo il verdetto del suo signore.
"Spogliati Wernem, rimani nudo e attendi qui che Randallt si svegli, così che io possa parlarci. Dopo te ne andrai da qui come avresti dovuto vivere: senza niente, senza agi, senza possesso, con niente addosso e nient'altro ad aiutarti!", e così dicendo Eynur uscì dallo studio chiudendoselo alle spalle, e sprangandolo con la magia, 'Non scapperà, senza che io lo voglia'.
Wernem prese la bottiglia di vermin e cominciò a scolasela direttamente dal collo, il liquore che gli scendeva in due rivoli bruni ai lati delle labbra, mentre gli occhi lasciavano cadere calde lacrime di terrore e disperazione.
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I MILLE SOGNI
FantasyTre sacerdotesse custodiscono il tempo e lo Osservano: vedono una sgangherata accozzaglia di mercenari e soldati che dovrebbe salvare il Presente. Ma non sono riuscite a capire se questi alla fine riusciranno ad incontrarsi e se la loro missione sar...