IL MONASTERO DEL SOLE - parte 2

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Le tre cime più alte della Solstickan, come tre fiammiferi appuntiti eruttarono una dopo l'altra, come il meccanismo di un orologio che si sveglia da un lungo sonno. Le loro teste rotonde si riempirono di magma che si riversò fuori come lava e fuochi pirotecnici: i lapilli e i gas acidi furono così liberi di combattere i venti e le nevi delle vette.
Una nube grigia si ispessì tra i picchi a spese di quella battaglia inutile. Così vapor acqueo, la neve scongelatasi nelle frazioni di secondo che avevano seguito le eruzioni, e i vari fenomeni piroplastici che si susseguivano nutrirono quella guerra senza costrutto, tra gli elementi.
Quelle tre sommità perniciose, sembravano un fantastico e meraviglioso quadro costruito dalla tavolozza di una mente romantica e malvagia.
Dremis guardò i monti lontani con gli occhi che le brillavano d'ammirazione, "Guarda Ais, non sono meravigliosi?".
Randallt non rispose subito, si torse le dita tra loro per qualche secondo, gli occhi puntati nella stessa direzione della donna. Alcune immagini notturne lo tormentavano come una premonizione: l'elsa in avorio di una spada, un orco morto ai suoi piedi, il volto di Dremis tatuato sulla sua schiena. Non sapeva perché ma era l'ultima a terrorizzarlo. Nervoso rimbrottò la sua amante, "Non chiamarmi così! Sai che non mi piace. Io sono Randallt, non Ais: solo il Maestro mi chiama così!".
"Ed Io!
A me piace, è come se quel nome brillasse in te..."
"È solo un diminutivo, penso venga dalla sua lingua, Aisso, o qualcosa del genere, dovrebbe essere pupillo o allievo..."
Dremis lo guardò imbronciata, "A me piace!".
Randallt sbuffò un sorriso, tanto non l'avrebbe mai convinta, "Hai ragione sono bellissime. Sai si racconta che sotto quei tre vulcani, che si fingono montagne, si celi un gigantesco nodo magico  e che gli stregoni di Eradar salgano fin lì per accumularne il potere..."
"Ais, con la frequenza con cui quei tre picchi eruttano morirebbero prima di arrivare anche solo a vederli  i crateri!"
"Lo so, ma è una bella leggenda: ci lascia credere che la magia è la causa di tutto, e che quella minaccia sia solo una forza benigna che si vuol far raccogliere!"
"Siamo noi ad usare le nostre forze..."
"Starai attenta stanotte?", cambiò discorso l'uomo.
"Ais..."
"Da quando il maestro è partito si sono fatti più arditi, lo sai, non mi piace saperti sul torrione di sentinella..."
"Hai paura di perdermi?", lo canzonò Dremis.
Randallt aveva lo sguardo buio di un disperato, "Ne ho il terrore..."
La donna gli accarezzò una guancia zittendolo.
Le labbra si fusero insieme e i due si baciarono con la tenerezza dell'amore, "Non farò di certo l'eroina se questo è quello che pensi."

***

Urla, tantissime urla, solo urla continue e patetiche risuonavano nella mente di Eynur, che spezzò il contatto.
'Sogna un incubo. Povero diavolo.'
Il chierico guardò il suo pupillo steso sul giaciglio.
Sembrava che dormisse, ma i suoi occhi si muovevano a ritmo frenetico, come in preda ad una isteria senza posa.
'Lo devo svegliare? O devo lasciare che si svegli solo... e gli farà bene trovarmi qui al suo risveglio?'
Titubante Eyunur riprese a meditare e lentamente si insinuò, nuovamente, nella mente irrequieta dell'uomo che aveva vicino.
Nuvole nere occupavano la scena. Il sogno aveva cambiato ancora soggetto da quando era uscito. Gli spalti delle mura erano gremiti di soldati.
Dremis era tra loro, come ogni sentinella. Secondo Randallt era meravigliosa: la falce di luna, che sbucava tra i cumulo-nembi grevi di pioggia, la colpivano e la facevo luccicare, grazie a tutto quel metallo, e cuoio, che aveva addosso, come fosse una apparizione di sogno, e Randallt non poteva credere a quanto fosse fortunato ad averla accanto.
La luna venne oscurata di nuovo e cominciò a scendere la pioggia, come fossero le gocce dell'inferno. La terra si mischiò all'acqua e il fango si fece strada da una parte e dell'altra del muro. Sembravano due pantani di sabbie mobili. Ma i difensori avevano da tempo capito che trappola potesse essere per le difese e per l'attacco quella terra bagnata. Dentro le mura passerelle in legno correvano intorno a queste e tra queste come palafitte sghembe. Al di fuori la terra sembrava un gorgogliare bollente per la forza battente che si riversava sul terreno, ma non ovunque. A tratti si notavano zone dove si poteva camminare, sentieri, punti rialzati in pietra e sdrucciolevoli, ma praticabili. Chi aveva disegnato le mura aveva pensato anche ai particolari: quei sentieri esterni portavano direttamente nei punti più forti, i torrioni di guardia. Se non si voleva finire affogati nelle sabbie mobili, si era costretti a percorrerli e a finire sotto il tiro incrociato dei difensori.
'Se non piovesse sempre così tanto sulla Solstickan sarebbe tutto inutile!', pensò Randallt, ma il pensiero non lo rassicurava: era nervoso e impaurito ogni volta che Dremis era sugli spalti, più di quando ci andava lui col Maestro; ma ora che lui era partito gli era proibito.
Fremeva, maledizione fremeva, come una debuttante al primo ballo, e il nervosismo era tale che avrebbe riso, se non si fosse sentito stupido nel farlo.
Le nuvole esplosero fuori il loro contenuto e l'acqua arrivò dal cielo più intensa di prima e loro arrivarono.
Come fantasmi nella pioggia si muovevano lungo i sentieri innaturali che circondavano la cinta muraria e iniziò un nuovo attacco, come un assedio sincopato.
un fulmine si abbatté nella terra di nessuno che illuminò a giorno la notte, abbagliando anche la luna coperta.
Eradar era giunta, come sempre, puntuale come una tempesta.
La battaglia era iniziata come ogni volta, sugli spalti cinquecento druidi assediavano i torrioni e si battevano contro un centinaio di monaci-guerrieri e sentinelle.

I MILLE SOGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora