LA LIBERTÀ DI UN GUERRIERO - parte 4

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Varg sperava di non sentire la folla esultare. Quello avrebbe materializzato le sue paure più profonde, paure che non si permetteva nemmeno di pensare. Fino a quel momento gli spettatori si erano limitati a sospirare rumorosamente ed agli insulti e alle bestemmie; qualcuno isolato e subito soffocato addirittura aveva urlato il nome del suo amico: inspiegabilmente.
Da cinque minuti poi dagli spalti gremiti non arrivava un suono, e non si sentiva altro che lo spirare del vento, forte sulla sabbia dell'Arena, che turbinava vorticosa e rendeva impossibile capire se il combattimento si protraesse o meno; oltretutto, con la gente ammutolita, non sapeva nemmeno cosa immaginare: se disperare o sperare.
Un'altra guardia, diversa da quelle che lo avevano scortato di sotto, che erano prontamente risalite appena lui si era accasciato ai lati del condotto, gli si avvicinò portandogli la sua ascia. L'aveva infatti dimenticata nella sua rastrelliera per la preoccupazione; così mentre gliela porgeva e lui la guardava come istupidito, il soldato gli intimò di alzarsi, "Dimmi almeno se il combattimento è finito!", quasi lo supplicò.
"Non lo so!"
"Dimmi chi ha vinto." ringhiò, quasi perdendo i lumi della ragione.
"Non so nemmeno questo, mi è stato ordinato solo di farti entrare, non so altro.", gli rispose il soldato abituato, al contrario degli altri due che solitamente rimanevano sugli spalti, a trattare con i gladiatori prima degli scontri, tanto che gli bofonchiò un mi spiace a mezzabocca.
Varg raccolse la sua arma dalle mani dell'uomo, e si rialzò scuro in volto per avviarsi all'esterno. Si incamminò spaesato per la leggera ma tortuosa salita che portava al cancello. Farlo combattere in quel modo, subito dopo un amico, senza nemmeno saperne il destino, era una crudeltà, seppur rara anche per l'Arena, degna di essa.
Il cancello che era sollevato molto in alto, anche per la sua considerevole altezza, fu attraversato come in trance; in automatico, senza realmente pensarci, ma solo per un'abitudine ormai radicata, si fermò appena oltrepassata la soglia.
Le grate di ferro del gigantesco marchingegno si abbassarono lentamente, scandendo i secondi, fino al morire del movimento a terra.
Distratto dai suoi pensieri fece una di quelle cose sbagliate e folli, una di quelle azioni insensate che si fanno in momenti di vera disperazione o cieca rabbia, si mosse nell'istante stesso in cui sentì il cancello fermarsi col suo clang e si portò al centro dell'Arena: allo scoperto.

Lì, nel mezzo della sua visuale, lo spettacolo della morte s'incarnò agghiacciante, in tutta la sua terribile forza e lo sconvolse: un corpo giaceva inerme nella polvere, immobile e scomposto come l'ultimo colpo lo aveva lasciato, i capelli, sparsi nella sabbia e nel sangue, che baluginavano biondi alla luce delle torce.

Accanto all'elfo ormai morto, ferito, senza scudo, con l'ascia spezzata a metà, la mezza faccia senz'occhio ghiacciata, forse congelata dall'ultimo tentativo del mago di salvarsi la vita, vi era un Galìza che stentava a tenersi in piedi, mortalmente stanco; il suo millesimo scontro era arrivato ed il suo incubo era ora realtà, il suo avversario era Varg: "I Due" erano ancora insieme e nel modo peggiore.

***

Per il barbaro quella fu la cosiddetta ultima pinta che ti fa ubriacare, sconvolto, impaurito e distrutto nell'animo per quel che avrebbe dovuto fare, la sua parte umana si rifugiò nell'incoscienza, per non dover decidere e la Rabbia incontenibile, senza un destinatario, gli scoppiò nelle vene, come il fulmine che squarcia l'albero.
Senza inibizioni o logica, senza una consapevolezza, si lanciò all'attacco del suo mentore, del suo maestro, dell'unico affetto che si era creato nella sua vita, e quel che è peggio senza nemmeno rendersene conto. Se avesse vinto, come era probabile, quel solo atto lo avrebbe destinato, senza margine di possibiità, ad un futuro di follia.
Gli spalti esultarono per quell'attacco incredibile: chi non conosceva i loro proverbiali allenamenti? C'era addirittura chi pagava solo per vederli insieme provare le tecniche. L'Arena era sempre stata molto attenta ai suoi introiti. Molte scommesse erano state fatte, sul millesimo contendente, fino a quel giorno, e molte davano Varg come destinato e molte altre lo davano come vincente: probabilmente qualcuno aveva appena vinto una cospicua fortuna, o la stava per vincere; sempre che non vincessero quei pochi che consideravano Garula lo spietato assassino che era...

I MILLE SOGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora