DERVESH - parte 5

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"Il colonnello a capo degli arcieri le fa i suoi auguri di guarigione..."
"Uh-uh."
"Anche il nuovo capitano dei sespoy, come quello del cavalleggeri, hanno mandato un messaggero e le augurano..."
"Uh-uh."
"Il colonnello dei balestrieri e il capitano dell'intera falange oplita, insieme ai suoi due colonnelli; quello di superficie e quello sotterraneo; le hanno invece inviato un biglietto in cui le augurano una pronta guarigione e di tornare presto in battaglia..."
"Uh-uh."
"I suoi uomini mia Signora invece ci tenevano a farle sapere che avrebbero dedicato a lei la morte di ogni bargagnano che uccideranno..."
"Agurbi smettila... non mi interessa: così mi deprimi e basta!
Vuoi renderti utile?
Trovalo... e portalo qui, negli ultimi mesi non ha fatto altro che andare e venire, ormai sono quasi tre settimane che non torna e i miei dolori sono insopportabili: ho bisogno della sua arte, non posso farlo da sola, il bambino ne potrebbe risentire."
Agurbi guardò la sua signora titubante, non si sentiva di lasciarla.
Lei era una sua responsabilità e poi aveva paura che le potesse succedere qualcosa in sua assenza, "Non so mia Signora..."
"Trovalo ho detto!", quel tono non ammetteva repliche, "O manda un sowarn a cercarlo: ho bisogno di lui...", una stilettata al ventre le deformò il viso in una maschera di dolore, quell'impotenza nella voce e quello sguardo di paura che il selliano non aveva mai visto sul suo volto le si disegnarono sul viso, "Vai, Agurbi... ti prego.".
La sua padrona non lo aveva mai pregato, anzi non lo aveva quasi mai trattato da suo pari. Ma era stata una buona padrona dopotutto, meglio servire lei che un altro obscuro:
lei preferiva altro alle torture con cui altri suoi simili si dilettavano.
E poi Agurbi aveva sempre amato la sua padrona: gli veniva spontaneo, gli veniva naturale. Il selliano aveva scorto in lei una potenza di cui era sempre rimasto abbagliato, ma ora... quella debolezza che cercava disperatamente di nascondere; quel dolore nello sguardo che rimaneva impresso sulla sua faccia come un fantasma nascosto: quei sentimenti e quelle sensazioni neglette facevano sorgere in lui una tenerezza e una amorevolezza che pensava d'aver relegato nell'angolo più oscuro del suo cervello
Quell'Amore che non poteva che essere nascosto e che aveva sempre taciuto, sepolto in sé: quell'Amore lo travolse come un tumulto di pensieri, così alla fine amore e paura ebbero la meglio sulle sue resistenze, "Andrò. Ma voi riguardatevi e... e state attenta, e non bevete o mangiate: manderò a chiamare due sowarn, staranno dietro la porta, per il poco tempo che starò via, se avete bisogno d'aiuto, chiedete a loro, così potrò andare dal vicecapitano e riferirgli i vostri ordini su di lui. Altri due sowarn per cercarlo basteranno?"
"Sì Agurbi, ora vai!"
"Ma ha detto sarebbe venuto domani", tentò un'ultima volta, dopotutto l'incappucciato non aveva mai mancato un appuntamento.
"V...", e Larla lanciò un urlo ansante di doloroso rumore, due occhi rossi di stanchezza e strazio si piantarono su Agurbi senza vederlo e l'uomo cedette infine terrorizzato.
Lo schiavo la guardò un'ultima volta mentre la stendeva nuovamente nel letto dopo lo spasmo e senza una parola seguì gli ordini della sua padrona, riluttante.

I minuti e le ore passavano ma il servo non tornava.
Il dolore divenne insopportabile.
Le ossa le facevano un male cane. Le ustioni non le permettevano di muoversi. Ma più di tutto erano le fitte che le mandava il bambino ad essere terribili: tutte le obscure dovevano sopportare quello strazio, soprattutto al primo parto, di solito però alleviavano quei dolori fortissimi con qualche droga, o più spesso con la redinia. Non perché fosse migliore di altri surrogati a lenire il dolore, ma più che altro per tutti gli altri benefici che aveva.
Però in una situazione come quella di Larla, così precaria e pericolosa per il bambino stesso, assumere qualcosa era sconsigliato, come il cercare di curarsi da sola, se non si voleva far del male al nascituro. Era bene affidarsi a persone esperte e fidate che avrebbero curato il corpo della madre, così che l'energia magica di questa avesse protetto il figlio dalle influenze esterne. Privo di quella difese però il bambino sarebbe anche potuto morire: purtroppo gli aborti tra gli obscuri erano frequentissimi, soprattutto tra le puerpere.
Il male che le schiacciava il ventre rese la maga come folle, solo per un autocontrollo smisurato aveva resistito al curarsi, ma le sue urla disperate d'agonia richiamarono i sowarn posti a guardia della sua porta: Agurbi era fuori da troppo tempo.
I due soldati entrarono nelle stanze della sua signora con i tulvar alla mano e i pugnali pronti ad uccidere, credendo che qualcuno avesse tentato di attaccare il loro capitano.
L'incappucciato aveva infatti convinto Larla ad aumentare la sorveglianza verso la sua persona, credendo che i famigliari di Boreltìs, che dopotutto era un nobile, potessero per vie traverse vendicarsi di lei che lo aveva condannato all'esilio, quando un'accusa formale non era stata ancora avanzata.
La maga rise di quelle precauzioni: il mago era colpevole ed ormai lo sapeva tutta Belaist, ma alla fine aveva accettato sotto l'insistenza di Agurbi e più per il bene di suo figlio che per altro.
Uno dei sowarn fu più veloce del suo commilitone a capire la situazione, prese la borraccia che aveva con se e allungò il liquido con l'acqua e ne diede da bere al suo capitano.
Larla bevve il miscuglio avida, il dolore scemò lentamente, mentre la redinia faceva effetto e pian piano passò del tutto, il soldato prese una bottiglia e vi versò tutto il contenuto della sua borraccia, poi riempì un altro bicchiere per il suo capitano.
"Questo le dovrebbe bastare mia Signora."
Larla lo guardò come istupidita da droga e dolore, e mentre beveva e il suo sottoposto osò, "Non dovrebbe rimanerne senza nel suo stato.", l'obscura annuì vaga e gli fece segno d'uscire, poi allungò un altro bicchiere.
In quel momento rientrò Agurbi, "No! No mia Signora!", urlò inorridito il selliano gettandosi su di lei e rovesciando bottiglia e bicchiere a terra, "Non bevete, vi farà male."
Il liquido lattiginoso e color ambra si rovesciò a terra e le sue palline dense si sparsero ovunque nella stanza: il suo odore dolciastro e pungente penetrò l'aria invitante e forte.
L'obscura lo guardò meravigliata mentre superava l'irrealtà che le aveva provocato il dolore e che la droga aveva dissipato, "Agurbi", cominciò sbalordita, "ma sei impazzito?", quasi non c'era traccia di rabbia per tanta impudenza nella sua voce, la stanchezza reclamava il suo pagamento.
L'uomo cominciò a piagniucolare dilaniato da sensi di colpa avversi, "Ero stato così attento! Chi l'ha portata?"
"Un sowarn, m'ha aiutata, ma perché...
è solo un sorso minuscolo..."
Agurbi non rispondeva più a Larla, si strappava i capelli, piangeva e si batteva il petto, si graffiava il viso e tornava a piangere disperato, "Non posso. Non posso.", gridava.
"Ma non puoi cosa?", gridò a suo volta la maga, quasi spaventata da quell'irrazionalità.
"M'era stato ordinato.
Ero stato così attento!", ricominciò a  lagnarsi e a piangere disperato l'uomo.
"Chi t'ha dato l'ordine?", tentò di capire Larla nervosa, "Non devo berne, per il bimbo... ma un sorso non è niente."
"Non posso, non posso...", piangeva il servo senza ritegno.
La maga lo guardò incredula, quello era un sortilegio di vincolo, "Agurbi? Agurbi chi è stato? Chi ti sta facendo questo?"
"Non posso mia signora, Bibi gur, mi dispiace, io non volevo... era per il suo bene."
Poi prima che Larla potesse intervenire in alcun modo, il selliano cominciò a tremare, le convulsioni si espansero per tutto il corpo fino agli arti, una schiuma biancastra gli comparve agli angoli della bocca, poi cadde al suolo: morto.
Larla fissò il cadavere a terra, un altro pezzo della sua vita che se ne andava via senza una ragione logica, una lacrima le corse lungo il viso, più per i ricordi, che per la vita del povero Agurbi, 'Ho un problema, adesso devo solo capire di che tipo è!'

L'incappucciato tornò coperto di sangue non suo.
I sowarn non lo avevano trovato.
Arrivò come stabilito l'indomani.
"Gur Bibi alishamivìr, narìa, gai gonar!", mia signora dobbiamo andar via, subito, è in pericolo.
"Durà?", perché.
"Sono mesi che faccio fuori i sicari che tentano d'arrivare a lei...".
Larla lo guardò esterrefatta: nessun nobile tentava tanto contro un altro nobile!
L'obscuro continuò imperterrito, "Nessuno è sopravvissuto per raccontare che fine hanno fatto, ma il parto è vicino e non mi posso più assentare per difendervi.
Devo stare qui con voi e loro stanno arrivando: dobbiamo andare."
"Siamo al sicuro qui: i sowarn, chi può arrivare a me con loro qui e poi...", tentò la maga logica.
"La Torre non è più sicura mia Signora, è stata dichiarata nemica di Belaist: è una traditrice ora!"
"Io? Chi ha osato? Quale lingua velenosa ha sparso queste menzogne?"
"Il Clero ... qualcuno ha messo in giro la voce che lei ha perso la fede...
Ho sentito il nome di un sowarn, un certo Amyr, ma potrebbe benissimo essere un uomo di paglia."
"L'amico di Tamivi't...
Ma perché?"
"Potrebbe essere una mossa politica, o una rivalsa della famiglia di Boreltìs... o una macchinazione congiunta ben costruita.
Ma una cosa sola è certa: senza l'avvallo del clero non può comandare..."
Ma l'obscura era persa in un altro problema in quel momento, 'Cosa avrà detto Tamivi't ad Amyr, e cosa avrà capito... sarà poi questa la vera motivazione?'
"Capitano", la scosse l'incappucciato, "deve fuggire, e non solo per questa futura farsa d'un processo che le vogliono far subire."
"Fuggire è folle! È qui che sono più forte..."
"Sì potrebbe anche sopravvivere al processo, ma non vogliono farla arrivare al processo viva! Vogliono ucciderla prima..."
"La mia famiglia è potente!"
"Appena prima del processo sarebbe perfetto", continuò imperterrito l'incappucciato, "Ma non vogliono aspettare tanto: ho visto i Segni, gli Assassini di Scarlis sono in Città..."
Larla lo guardò stupita e inorridita, "È impossibile!"
"Sono qui, e se lei è sulla loro Lista..."
"È come se fossi già morta!", concluse la frase l'obscura.
"Esatto: una traditrice uccisa nella Torre e fine dei problemi."
"Maledetti bigotti insulsi, maledetto clero, che sprofondino tutti negli abissi e i mattoni del loro maledetto Minareto gli crollino addosso."
"Non abbiamo tempo per le maledizioni..."
I due fuggirono da Belaist quella notte stessa.

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