Capitolo 3: Camouflage.

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  Ormai il fatto di ieri unpo' tutti lo abbiamo dimenticato, oggi è un altro giorno e tutto va sempre piùmale. A scuola si è formato un gruppetto che parla di me. Non so perché...l'annoscorso nessuno mi odiava fino a questo punto. Tutti mi prendono in giro ora per ilfatto dello starnuto, come se già non mi prendessero in giro per tutto. Ne hoabbastanza di questo bullismo, tutti mi ricordavano come una dolce bambina che dopol'incidente con la barca e la perdita di memoria è diventata una ragazza tosta. Be' oramai la Sara dolce e timida se n'è andata e non credo ritornerà più.

Sara, basta. Non ci pensare ed ignorali.

Entro dalla porta del retro, non ho voglia di fare niente oggi. Credo di essere molto pallida e sento freddo, e il problema è che la temperatura fuori è abbastanza alta e tutti son in manica corta tranne me. La classe come sempre mi accoglie ignorandomi, ricambio con la stessa moneta e mi siedo in un banco unico. Scopro che davanti a me ho il signorino Peyton e dietro ho Sabrina. In pratica li divido io, bello!

A destra ho la finestra dove posso specchiarmi e pensare di buttarmi giù in caso di interrogazioni improvvise.

Invece alla mia sinistra ho il ragazzo antipatico che mi ha scoperto ieri.

Hayes.

" Sara, hai fatto i compiti per oggi?" Mi chiede Sabrina, picchiettandomi la spalla.

" No, come sempre." Rispondo menefreghista.

" Speriamo che nessuno ci chiami alla lavagna per algebra." Prega Sabrina tra sé. Il bruno la guarda come se la conoscesse già da prima. 

Io invece spero soltanto che questa giornata passi in fretta e che io possa andare a fumare una sigaretta al più presto.

D'improvviso qualcuno mi punzecchia il fianco con una penna, io sussulto e guardo malissimo il ragazzo dagli occhi celesti.

" Che vuoi?" sputo con amarezza.

" Niente, mi piace dar fastidio a persone come te." risponde lui con un leggero ghigno di strafottenza. Noto come lo sguardo di Sabrina si sia trasformato. Ora è più cupo e arrabbiato, forse per la faccenda di ieri.

" Come me in che senso?" divento seria più che mai. 

" Be' sai..." ad un certo punto la professoressa di Matematica mi chiama.

" Davis, alla lavagna, così invece di flirtare con il signorino Grier, ti impegni sul serio quest'anno." ma porco diavolo, proprio ora mi doveva chiamare? Rivolgo uno sguardo che scatena la risata di tutti.

" Ehm prof, - la classe continua ridere e Hayes mi guarda ancora con quel ghigno- io non mi sento molto bene oggi. Posso venire la prossima volta?" faccio finta di avere qualcosa alla pancia così che quella vecchia mi lasci in pace.

" Va bene, per oggi salta ma domani se non vieni ti scrivo 2 sul registro e prima che tu lo recuperi ci vorranno molti voti alti." io annuisco ingenuamente e lei distoglie lo sguardo dal mio. Sospiro per la  fatica impiegata nel mentire a quella povera insegnante sull'orlo della pensione.

" Allora sei un'attrice astuta, signorina Davis." sussurra  il ragazzo al mio fianco cercando di marcare le ultime parole con il tono della prof. 

" Si, e allora?" gli rivolgo un sorriso malizioso. Perché dal 'stammi lontano' ora ha tutto questo interesse verso di me? Cos'ho di speciale che lo attrae a rompermi le scatole?

" Niente, mi fa piacere che alla fine non siamo così diversi." afferma lui in seguito, distogliendo lo sguardo.

" Io non sarò mai come te. Razza di deficiente." lui si rigira e posa uno sguardo tremendo su di me. Temo il peggio ma per fortuna la campana suona.

" Se il deficiente sono io guarda un po' questo. " indica i miei capelli, noto di avere qualcosa di appiccicoso. Dio, quanto lo odio. Ha messo una gomma da masticare nei capelli.

" Ti odio tantissimo sai?" mostro un sorriso finto e lui ricambia con il suo solito ghigno da persona prepotente, prendendo con sé la sua cartella dirigendosi verso la porta.

***

" Mamma sono tornata! " scaravento la mia cartella per terra e il giubbotto leggero che indossavo stamattina per poi lanciare anche le scarpe senza sapere dove vanno a finire.

Entro in cucina, curiosa del rumore che i miei genitori fanno sempre; e vedo mia mamma seduta sullo sgabello vicino all'isola di marmo e mio padre con un bicchiere d'acqua in mano. I loro sguardi sono di ghiaccio, sembrano aver litigato ancora un'altra volta.

" Che succede?"  noto che lei sta piangendo e lui è rosso in faccia, perciò mi avvicino a mia madre, che oramai sopporta le incessanti sbronzate di mio padre.

" Non t'intromettere e ritorna nella tua stanza!" mio padre urla contro di me, strattonandomi via da lei. E anche questa volta ci vado di mezzo io, con un bel schiaffo in faccia e una sgridata isterica. 

Mia mamma mi guarda frustrata, pregandomi con lo sguardo di fare la figlia obbediente decido di ascoltarla solo per non peggiorare la situazione salendo in camera mia con le lacrime agli occhi e il respiro affannoso. 

La mia vita fa proprio schifo. 

The Troublemaker.[Hayes Grier]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora