Capitolo 40. Momenti difficili.

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<<Claudia ha ragione...è colpa mia...solo colpa mia...sono un coglione!>> sussurrai con una mano tra i capelli e le lacrime che scorrevano lungo le guance.

<<No, non dire così. Non è colpa tua.>> rispose lei, avvicinandosi.

Mi alzai in piedi staccando tutti gli aghi e macchinari attaccati a me e mi chiusi in bagno.

Perchè non ho lasciato perdere Jacopo!?
Perchè non ho smesso di litigare!?
Perchè non ho frenato!?

Continuavo a ripetermi queste frasi nella mente con lo sguardo rivolto verso il basso, davanti allo specchio, non avendo il coraggio di guardare il mio volto. Che persona di merda. Senza pensarci due volte tirai un pugno al vetro mandandolo in frantumi e procurandomi un taglio enorme sulle nocche.

<<Giovanni, cos'era quel rumore!?...esci ti prego!>> mi implorò la mia ragazza, preoccupata.

Sentii la sua voce da dietro la porta. Bussava violentenente alla porta ma non la ascoltai e restai immobile, a fissare la mano sanguinante. Quella ferita era il minimo, meritavo di peggio. In quel momento sentii una voce maschile nella stanza. Era il ragazzo del letto accanto.

<<Signorina, cosa succede?>> chiese, svegliato dal rumore dei suoi pugni sulla porta.

<<I-il mio fidanzato è chiuso li dentro e non vuole uscire...>> rispose con voce tremante.

Per evitare di creare altri guai uscii dal bagno tenendo la mano sanguinante nell'altra. Solo ora avevo iniziato a sentire il dolore.

<<Oddio Giovanni, cosa ti sei fatto?>> domandò subito Nicole, prendendo la mia mano.

Prima che potessi rispondere mi tascino in bagno e la mise sotto l'acqua congelata.
L'altro ragazzo era poggiato al muro e mi fissava con sguardo comprensivo. Aveva gli occhi di chi ne ha passate tante e ha iniziato a soffrire molto prima. Avevo un automatico rispetto nei suoi confronti.
Nicole tolse delicatamente alcune schegge di vetro dalla mano e la avvolse nella carta igenica.

<<Vado a cercare un dottore per medicartela...non fare cazzate, perfavore.>> aggiunse sospirando, stringendomi in un abbraccio.

Mi sedetti sul mio letto, sospirando e fissando la "fasciatura".

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