Giorno 7: Ariadne
Toc. Toc. Toc.
Mugugnai qualcosa di incomprensibile e mi rigiarai nel letto. Voglia di alzarmi pari a zero.
Toc. Toc. Toc.
Sbadigliai e alzai il cuscino, infilandoci la testa sotto.
Toc. Toc. Toc.
Mi lamentai e mi tolsi le coperte di dosso, mettendomi a pancia in su, tenendo sempre gli occhi chiusi.
Per svariati minuti non sentii più nulla e, quindi, arrivai alla conclusione che chiunque avesse bussato se ne fosse andato, lasciandomi finalmente dormire in santa pace. Sbagliato. La porta cigolò e il rumore della serratura che veniva aperta sostituì l'insistente bussare. Non vidi la porta aprirsi né John entrare ma quando sentii il letto abbassarsi e una mano posarsi sulla mia pancia seppi con certezza che era lui. Anche perché eravamo gli unici a vivere lì. Mi lasciai andare sotto il suo tocco e mi sporsi di più verso la sua mano. Lui ridacchiò e avvicinò la bocca al mio orecchio. Il suo respiro mi fece rabbrividire e trattenere il fiato. "So che sei sveglia, piccola monella." Ridacchiai e mi girai, dandogli le spalle, ma, allo stesso tempo, avvicinandomi sempre di più a lui. La mia schiena toccó il suo petto e mi ci accocolai contro. La sua mano massaggiava ancora la mia pancia. Era strano sentire questo tocco, così intimo, ma, soprattutto, era strano che fosse lui a farlo. Lui che aveva rifiutato categoricamente il bambino. Sospirai...proprio non lo capivo. Meglio così, non volevo litigare ma godermi questi momenti a pieno. "Non vorrei disturbarti ma se non ti alzi faremo tardi a lavoro." Sbuffai, dandogli ragione e, contemporaneamente, inprecandogli addosso mentalmente. Purtroppo quella era la crudele verità. Aprii finalmente gli occhi e mi guardai intorno, accertandomi di non star sognando. Mi girai verso John, ritrovandomi a pochi millimetri di distanza dal suo viso...dalla sua bocca. Socchiusi gli occhi e strinsi i denti, per combattere quell'istinto traditore che mi faceva venir voglia di baciare e riassaporare quelle labbra. Alzai gli occhi e lo guardai. Lui ricambiò lo sguardo per poi abbassarlo, puntandolo sulle mie labbra. Le morsi e lui girò subito il viso, stringendomi il fianco dove si trovava la sua mano. Chiusi gli occhi e posai la testa sul suo petto, ispirandone l'odore. Lui mi lasciò un bacio sulla testa proprio quando il campanello suonò. Chi poteva mai essere a quell'ora? Sbuffai. L'unico lato positivo era che almeno ci saremmo alzati. Mi scostai da John e lo lasciai scendere dal letto, contro voglia. Si stiracchiò e il campanello suonò di nuovo. Sbuffai, una qualunque persona che suonava il campanello di qualcuno alle otto di mattina doveva avere, oltre a un gran coraggio, anche la pazienza di aspettare che gli venissero ad aprire. John uscì dalla mia camera e io mi alzai, stiracchiandomi come aveva fatto lui in precedenza. Mi massaggiai gli occhi e andai davanti allo specchio, giusto per vedere come ero conciata. Avevo i capelli tutti un pò arruffati, per il sonno, e i pantaloncini posizionati tutti storti. Ridacchiai di me stessa. Mi sistemai come meglio potevo i capelli e rimisi i pantaloncini dritti. Mi infilai gli occhiali, presi dal comodino, e uscii dalla camera silenziosamente, per non disturbare John e la persona con cui stava parlando. Li sentivo confabulare a bassa voce, così mi fermai prima di rendermi visibile, prima di entrare nel salotto. Tesi l'orecchio e rimasi ad ascoltare ciò che si dicevano. Risi di me stessa, stavo origliando. "Allora ci vieni, John?" "Non lo so James...non posso lasciarla sola." Mmm...quindi stava parlando con James. "Ma cosa te ne frega di lei? Devi solo ospitarla mica farle da babysitter e poi, se ti farà sentire più sicuro, puoi sempre chiedere a Eleonor di farle da balia. Mi ha detto che lei le sta molto simpatica." Quelle parole per me furono come un pizzicotto che mi svegliava da un sogno troppo bello per essere vero. Io non ero altro che un dovere per lui. Ma, quello che attendevo con ansia, era la risposta di John. "James...non parlare così di lei, per favore. Ormai non la vedo più così." Mi portai una mano alla bocca e spalancai gli occhi. Sorrisi e appoggiai la testa contro il muro. "Ti sei bevuto il cervello, John? Ti rovinerai la vita in questo modo. Loro ora non ti servono, hai ventidue anni John. Esci con me e i ragazzi sta sera. Ci sarà anche Rose, così almeno potrete parlare e risistemare il gruppo. Pensaci." Strinsi i denti. Questo James non mi piaceva proprio. Voleva mettermelo contro. Trattenni un lieve singhiozzo. Tutti mi odiavano. Mi appoggiai al muro e ci scivolai contro, finendo per sedermi a terra. Mi toccai il ventre e sentii il suo cuore, sentii il suo piccolo cuoricino battere. "James basta! Sei il mio migliore amico ma non tollero che tu ti intrometta nella mia vita privata!" La sua risposta mi faceva felice, tanto che sembrava che una miriade di farfalle si fosse messa a volteggiare nel mio stomaco. Ma non sorrisi. Chiesi a me stessa se era stato giusto essere entrata nella sua vita così improvvisamente, mettendolo, così, contro i suoi amici più cari. "Ma come parli, John? Dov'è finito il mio amico? Quello che pensava solo a spassarsela, notte dopo notte? Pensaci John...pensaci." Sentii la porta aprirsi. "Ti passiamo a prendere alle nove in punto...ti conviene venire, sai. Noi siamo i tuoi veri amici...lei è solo una donna." Sentii la porta chiudersi. Mi portai le gambe al mento e mi ci appoggiai sopra. Sospirai. Non volevo pentirmi di ciò che avevo fatto. Sentii John, da dietro la parete, sospirare. Alzai il viso e trattenni il respiro. Sentii un colpo forte abbattersi contro il muro e in quel preciso momento seppi che aveva appena tirato un pugno contro il muro. Mi alzai da terra ed entrai in sala. Appena sentii il rumore dei miei passi si girò verso di me, portando le braccia, precedentemente poggiate contro il muro, lungo i suoi fianchi. Lo guardai negli occhi e mi incamminai verso di lui. Lui stava lì in piedi: con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo smarrito, perso. Andai verso di lui e lo abbracciai di slancio. Gli circondai la vita con le braccia e mi strinsi a lui, così forte da lasciarlo senza fiato. Dovetti aspettare qualche secondo prima di sentire le sue braccia circondarmi e stringermi almeno la metà di quanto avevo fatto io. Appoggiai la testa sul suo petto e mi ci sfregai contro, per cercare calore. "Non devi litigare con loro per colpa mia." Lui sospirò e mi strinse più forte. "Hai sentito tutto vero?" Annuii silenziosamente. Lui mi accarezzó i capelli, come si faceva con una bambina piccola. "Non ne vale la pena." Sussurrai, più a me stessa che a lui. Lui scosse la testa e avvicinò la bocca al mio orecchio. Il che era molto difficile per lui vista la notevole differenza dal'altezza. "Se si parla di te ne varrà sempre la pena." A quelle parole le mie guance si tinsero di rosso e il mio cuore mancò un battito. Però la ragione ebbe la meglio sul cuore. "Non voglio, però, che tu perda le tue amicizie per colpa mia. Io sono solo una cosa passeggera invece loro rimarranno per sempre al tuo fianco." Lui stette qualche minuto in silenzio, prima di rispondere. Io non avrei mai voluto essere solo una cosa passeggera ma stava tutto nelle sue mani, era lui che doveva decidere. "Loro capiranno. Qualunque cosa io deciderò di fare, se sono veri amici, lo accetteranno." Rimasi perplessa a quelle parole. Dubitavo si riferisse solo a quella sera. Sorrisi...nonostante non mi potesse vedere. Era veramente molto testardo e cocciuto. Mi staccai da lui e lo guardai negli occhi. "Devi fare ciò che è meglio per te." Lui mi accarezzó la guancia. "Ma soprattutto devo fare ciò che voglio." Scossi la testa e sorrisi. "Vado a prepararmi, se no arriveremo entrambi in ritardo a lavoro." Lui annuì e mi lasció andare. Ritornai in camera mia e aprii gli armadi. Tirai fuori un completino intimo, i miei pantaloncini di jeans, una canotta marrone in similpelle e le mie Vans porpora. Perfetto. Uscii dalla mia camera e mi diressi in bagno. Poggiai le cose sul water e andai in camera di John. Lo vidi appoggiato all'armadio, a torso nudo e intento a scegliere cosa mettere. Mi avvicinai a lui, silenziosamente, e gli lasciai un bacio sulla schiena nuda. Lui si bloccò a si giró verso di me. Mi guardò e si piegò a lasciarmi un bacio sulla spalla. Pensai che chiunque fosse suo amico era una persona fortunata. James, sua sorella, Eleonor....Eleonor! Mi ero completamente dimenticata che dovevamo vederci ieri alle cinque. Anche se...adesso che ci pensavo lei ieri non si era neanche presentata. Avrei dovuto chiarire. Mi sarei fatta dare il suo numero da John. Gli sorrisi e tornai in bagno. Mi lavai e mi vestii velocemente, senza perdere tempo. Stamattina non me la sentivo di mangiare quindi avrei volentieri saltato la colazione. Misi quello che dovevo a lavare e uscii dal bagno. Vidi John che mi aspettava fuori dal bagno e gli cedetti il mio posto. Ma, prima che potesse andare a prepararsi, mi feci dare il numero di cellulare di Eleonor. Preparai la mia borsa e andai a sedermi sul divano in salotto. Accesi il cellulare e in fretta scrissi un messaggio a Eleonor, salvandomi il suo numero.A Eleonor, 8:50
Ciao, sono Aridne, John è stato così gentile da darmi il tuo numero. Volevo solo scusarmi per ieri pomeriggio. Mi sono completamente dimenticata dell'appuntamento. Spero che ci potremmo comunque vedere un altro giorno. Buona giornata.Inviai il messaggio e aspettai la sua risposta con ansia. Picchiettai le unghie sul cellulare fino a quando non sentii la vibrazione che segnava l'arrivo di un messaggio. Sbloccai il cellulare e lo lessi subito.
Ciao Ariadne, sono contenta che John ti abbia dato il mio numero, così ci potremo tenere in contatto. Non ti preoccupare per ieri, io ero passata circa alle cinque e venti ma voi non eravate in casa. Sicuramente potremmo vederci un altro giorno. Buona giornata a te.
-Eleanor, 8:55Sorrisi e spensi il cellulare. Ora mi sentivo in pace. Mia alzai dal divano a mi diressi verso il bagno. Controllai l'orario: nove in punto. Caspiterina. Era davvero tardi. Bussai alla porta del bagno, doveva sapere che era davvero tardi. "John sono già le nove...rischiamo di arrivare in ritardo se non ti sbrighi!" Detto questo mi scostai dalla porta a sentii la serratuta scattare e la porta aprirsi. Dal bagno uscì un John con la patta dei pantaloni aperta e i calzini bianchi bene a vista. Risi e lui mi fulminó con gli occhi, correndo in camera sua. In quei secondi decisi che lo avrei aspettato davanti alla porta d'entrata. Mi appoggiai alla penisola esattamente nel momento in cui lui comparve in cucina. Risi. Lui si posizionò davanti a me, guardandomi negli occhi. "Be? Non eravamo mica in ritardo?" Io gli feci una linguaccia e aprii la porta di casa. Uscimmo e lui chiuse la porta a chiave. Scendemmo le scale e uscimmo dall'edificio. John mi raggiunse e camminammo uno di fianco all'altro verso la macchina. Mi avvicinai e lo spinsi, dandogli una leggera spallata. Lui mi guardó e mi sorrise, malefico. Mi si avvicinò e mi spinse. Io spalancai la bocca e, con entrambe le mani, lo spinsi e poi scappai. "La metti così eh, piccola monella? Adesso ti vengo a prendere!" Io risi e scappai da lui, che si era messo a correre. Arrivai il più veloce alla macchina e, una volta raggiunta, mi ci appiatii contro. Lo guardai venire verso di me e io tirai un urletto spaventato. "Casa! Casa!" Lui scoppiò a ridere, aprì l'auto e si diresse dalla parte del guidatore. Aprimmo contemporaneamente le portiere e, sempre contemporaneamente, scoppiammo a ridere. Entrammo in macchina e John mise in moto l'auto. Si giró verso di me e mi sorrise. "Non sei troppo grande per giocare ancora a 'Ce l'hai'?" Io scossi vigorosamente la testa e gli soffiai un bacio. In fondo avevo solo diciannove anni.
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Noi e il frutto del nostro amore
ChickLitJohn, bello e simpatico, gentile e sicuro di sè, ragazzo che tutte vorrebberò ma, per lui, deve essere, rigorosamente, solo per una notte. Ariadne, bella e timida, buona e insicura di sè, ragazza che tutti vorrebberò, rigorosamente, per sempre. Una...